Mercati finanziari in decisa flessione, Coronavirus ancora presente in Usa
MERCATI AZIONARI
Dopo il top sopra quota 3.200 l’S&P 500 ha iniziato uno storno di breve che ha rapidamente portato le quotazioni fino ad area 3.000, interrompendo, di fatto, la salita che si era via via rafforzata nel corso delle ultime settimane.
Lo storno di breve dai top si attesta al 4.80% di S&P 500 e -1.70 % Nasdaq ma per i titoli a piccola capitalizzazione la perdita arriva al 10%, confermando l’estrema volubilità degli investitori che sono tornati a sacrificare nuovamente i comparti ‘value’, il cui momento di gloria è durato quindi piuttosto poco.
Ad innervosire i mercati in primo luogo i dati di infezione da Covid-19 negli USA, con aspetti ancora non pienamente sotto controllo da parte delle autorità (è il caso del Texas e della California) e secondo diverse analisi, una seconda ondata potenzialmente capace di portare alla nuova chiusura di molte aziende. In secondo luogo, il discorso del governatore della Fed, Powell, che è stato privo di nuovi slanci ‘supportivi’ ai mercati e, in realtà, piuttosto franco sulle prospettive economiche. E la Fed è stata piuttosto chiara su questo: i numeri snocciolati da Powell vedono una recovery pre-crisi per il 2022 sia per quanto riguarda il PIL, sia per la disoccupazione.
E’ vero che i mercati finanziari non sono l’economia (basta osservare i nuovi record del Nasdaq fatti registrare nelle ultime sedute), ma è altrettanto da considerare che lo slancio post marzo 2020 alimentato dalle banche centrali si fosse avvicinato con forse troppa foga al top del 2020. Lo storno di breve ha dato quindi sfogo sia ad aspetti di valutazione dei mercati, sia ad atteggiamenti opportunistici di presa di profitto dopo l’uptrend degli ultimi mesi. Un take profit che ha coinvolto in primo luogo gli indici USA ma che rapidamente si è esteso anche a quelli europei. A livello settoriale, come detto, le vendite copiose hanno riguardato in primo luogo i comparti dei viaggi, delle auto, delle banche e dei petroliferi. Più resistenti invece i settori relativi ad aziende Health Care, Utilities e Food &Beverage.
Una nuova avversione quindi ai comparti legati al ciclo, con timori di un ‘risveglio’ dalle speranze accese dagli interventi delle varie FED, BCE e BOJ. Non caso, Donald Trump, che ora, secondo qualche sondaggio, vedrebbe traballare seriamente le possibilità di rielezione, dopo le frasi di Powell, ha subito chiarito il suo pensiero, che ipotizza un secondo semestre 2020 già di recupero e un 2021 di grande crescita. Dopo il tracollo della giornata di giovedì i mercati hanno poi chiuso la settimana con un rimbalzo di natura tecnica, consentendo all’S&P 500 di chiudere sopra area 3.000 e al Nasdaq non troppo distante dal top di quota 10.000.
MATERIE PRIME
In ambito commodities, risalta la forte correlazione con l’equity, visto il contestuale forte declino del prezzo del greggio (-8% in settimana), con i valori in retromarcia dopo i massimi di periodo a quota 40 Dollari. Come per gli indici azionari, sono i timori sulla reale ripresa economica a condizionare in negativo gli operatori. Per lo stesso motivo, invece, l’oro è tornato rapidamente sopra quota 1.700 dopo lo scivolone della scorsa settimana.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Il sentiment da ‘risk off’ visto sull’equity ha portato, in una logica di corretta decorrelazione, ad una risalita dei segmenti obbligazionari classificabili come beni rifugio da parte degli investitori. In questa logica va letto, quindi, la rivalutazione dei titoli di stato dell’area ‘core’ della zona Euro e di quelli internazionali come Stati Uniti, Svizzera e Regno Unito.
Per i titoli di stato americani, oltre ad un atteggiamento molto più prudente da parte degli investitori, va aggiunto anche la view declinata dalla Federal Reserve, schietta nel riportare le previsioni economiche per i prossimi trimestri ma anche decisa nel dire che il supporto all’economia sarà di primaria importanza.
Per questo motivo, in ambito di politica monetaria, sono state rassicurazioni al mercato del mantenimento dei tassi ai livelli attuali (0-0,25%), per alcuni due anni, fino al 2022. Parimenti, il vertice del FOMC ha deciso di continuare il suo programma di acquisto di titoli, in modo da poter accompagnare l’economia sia verso il recupero post-Covid, sia verso la massima occupazione e la stabilità dei prezzi. Sul tema, invece, del controllo della curva dei rendimenti, Powell è stato meno possibilista, lasciando la questione aperta per i prossimi meeting.
L’effetto ‘depressivo’ sulle prospettive di una crescita rapida, come detto, ha riportato in auge non solo i Treasury ma anche altri titoli di stato.
Nella zona Euro l’yield del Bund a 10 anni è tornato a quota -0,45%, ritracciando dall’ultimo movimento di rivalutazione e confermandosi asset ‘safe’ nel panorama finanziario. Poco mosso, invece, rispetto alla scorsa settimana il debito italiano che vive ancora una fase di bassa variabilità, supportato dal buon andamento delle recenti emissioni e, in procinto, probabilmente, di vederne un’altra a breve.
MERCATO VALUTARIO
Per quanto riguarda il mercato forex, il cross Euro-Dollaro USA ha premiato la valuta del Vecchio Continente: il cambio da inizio giugno ha realizzato un uptrend di breve (da 1,10 e 1,14) e consolidando su livelli di top non troppo distanti da quelli visti a metà marzo. La fase di risk-on aveva favorito la valuta europea, con la debolezza contestuale di altre valute rifugio come Franco Svizzero e Yen. In questa ottava queste valute sono tornate ad essere acquistate in una logica difensiva
Dott. Alessandro Pazzaglia Consulente Finanziario Autonomo
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