Crescono i dati legati alla violenza contro le donne

PORDENONE – Nel 2020, durante i primi mesi dell’epidemia da Covid-19 – spiega la direttrice di Voce Donna Pordenone, Laura Bosi – le chiamate al 1522 (numero verde messo a disposizione dal Dipartimento per le Pari Opportunità per sostenere e aiutare le donne vittime di violenza di genere e stalking) sono aumentate del 73% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (dati ISTAT 2020).

L’obbligo di convivenza forzata con il maltrattante, infatti, ha aumentato il rischio di escalation violente e, dunque, le chiamate per un intervento in emergenza.

Anche per quanto riguarda il nostro Centro Antiviolenza abbiamo osservato un primo momento di inquietante silenzio, seguito da telefonate via via sempre maggiori e di seria gravità, per cui si sono rese necessarie accoglienze in strutture alberghiere, per poter garantire la sicurezza ma allo stesso tempo le quarantene, e dunque la tutela delle donne dal contagio della malattia.

Da un’analisi posteriore ai primi mesi di lockdown abbiamo constatato che alcune donne hanno adottato dei comportamenti “preventivi”, con l’obiettivo di non aumentare il rischio dello scatenarsi di episodi di rabbia e aggressività del maltrattante; hanno in altre parole messo a punto delle strategie di sopravvivenza.

La ricerca della Prof.ssa Patrizia Romito sulle violenza contro le donne durante il primo periodo di pandemia nel nostro territorio (di prossima pubblicazione), a cui abbiamo collaborato per la raccolta dati assieme agli altri Centri Antiviolenza del FVG, ha sostanzialmente confermato queste osservazioni.

La difficoltà del nostro Centro, ma che penso possa essere estesa in generale ai Centri Antiviolenza italiani, non è strettamente legata alla pandemia. L’epidemia ha solo messo in luce in modo più evidente quanto la violenza contro le donne sia un fenomeno strutturale e sistemico e come tale vada trattato. È fondamentale che le Istituzioni ne prendano atto: le procedure e i piani sono sicuramente necessari, ma non sufficienti.

È necessario superare la visione emergenziale per favorire un cambiamento sistemico, che sia culturale, sociale e politico. I femminicidi in Italia hanno raggiunto numeri esorbitanti: 19 in 90 giorni. È importante considerarli come la punta della piramide, la cui base è la società patriarcale e i suoi modelli, che devono essere superati.

È già tardi. Nel 2020 il Centro Antiviolenza di Pordenone ha accolto 204 donne, il 28% in meno rispetto all’anno precedente; sono aumentati però i colloqui telefonici (per ovvi motivi, durante il lockdown) e le accoglienze in emergenza.

Nel 2021 le donne che hanno fatto accesso al Centro sono ormai 97, con una specificità: spesso sono storie molto gravi. L’impressione che noi abbiamo è che la pandemia abbia frenato l’emersione di alcune situazioni che si sono pertanto trascinate aggravandosi, arrivando a raggiungere livelli di rischio per la donna a nostro parere preoccupanti.

Che cosa possiamo dire alle donne che si sentono in questa condizione?
“Il messaggio che sentiamo di dare è: “Non sei sola”. Anche nei periodi di zona rossa i Centri Antiviolenza, in quanto servizi essenziali, sono aperti e le operatrici pronte ad ascoltarti e sostenerti. Nessuna decisione verrà presa al tuo posto, ma con te, seguendo i tuoi tempi e le tue scelte.

È possibile richiedere di mantenere l’anonimato e nei colloqui garantiamo riservatezza. Non è necessario subire violenza fisica per rivolgersi al Centro Antiviolenza: se hai il dubbio di trovarti in relazioni prevaricanti puoi chiamare il Centro Antiviolenza allo 0434 21779, o scriverci nelle nostre pagine social, e chiedere un appuntamento”.




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