La scomparsa di Armando Cimolai: al funerale il cordoglio di Confindustria

PORDENONE – Una delegazione di Confindustria Alto Adriatico guidata dal Presidente, Michelangelo Agrusti, ha partecipato questo pomeriggio, 5 ottobre, alle esequie del cav. ing. Armando Cimolai, scomparso domenica sera.

Al cordoglio di CAA per la morte dell’imprenditore – di seguito il testo integrale dell’intervento commemorativo di Agrusti pronunciato poco fa – si è unito quello del Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi che ieri lo ha commemorato durante il consiglio di presidenza osservando un minuto di silenzio.

“Ci sono morti lievi come piume e morti che pesano come una montagna”.

Ho cercato, in questi giorni, quella che poteva essere più di altre, una definizione di ciò che è stato Armando Cimolai. E credo che definirlo un gigante, sia la più adatta a raccontarlo.

Un gigante, perché la sua vita ha tutti i tratti dell’impresa eroica.

Dall’officina di fabbro, ad una impresa globale, una delle più grandi al mondo nel suo settore. Rimanendo sé stesso. Un uomo esigente con sé stesso e con gli altri, ma che esprimeva anche una dolcezza timida, con il suo sorriso rassicurante.

Un grande uomo di impresa e nello stesso tempo una persona normale, umile, che ha voluto vivere tra la sua gente.

Ed è nella chiesa del suo paese, non nel duomo di una città, che oggi ha raccolto intorno a sé quelli che lo hanno amato, quelli che gli sono stati sinceramente amici, quelli con cui ha lungamente collaborato, i suoi paesani.

Così, oggi, piangiamo questo gigante, che ha costruito la sua vita sulla roccia dura, e sulla roccia dura ha fatto crescere i suoi figli: Luigi, Roberto e Ivana. Al suo fianco, da quando la vide la prima volta e decise subito che quella sarebbe stata per sempre la sua compagna di una vita, la sua Albina. Insieme nella vita e insieme in questa azienda unica.

In un tempo liquido, dove tutto diventa leggero, valori, relazioni, affetti, Armando ha attraversato i tempi che cambiavano rimanendo sé stesso: innamorato della vita che si era con tenacia costruito, della sua famiglia, del suo lavoro duro e affascinante.

Di quella famiglia, in qualche modo abbiamo fatto parte tutti noi che abbiamo vissuto in questa parte operosa e bellissima del Friuli. Quella storia di donne e di uomini straordinari è stata anche la storia di tanta parte della cultura industriale della nostra terra.

Quando abbiamo visto le straordinarie opere della Cimolai al groundzero e al Vessel di New York, o le grandi opere di Valencia, o gli stadi più importanti del mondo o le stazioni avveniristiche del nostro paese, i ponti più ardimentosi e belli del mondo e tante tante altre cose, ci siamo sentiti orgogliosi che tutto questo nasceva qui, ci riguardava, era il nostro orgoglio pordenonese.

Lì, dove ferro ed arte ci hanno fatto sentire parte di quella grande bellezza che il nostro Paese è capace di proporre al mondo, ma trasformare questo sogno nato nell’officina di fabbro e farlo diventare realtà concreta in ogni angolo del mondo, è costato ingegno, coraggio, disciplina.

Tanto coraggio: la vita d’imprenditori così, è fatta anche di grandi sacrifici, di tante rinunce. È fatta di enormi gioie nel vedere il sogno diventare opere straordinarie. Ma pure di giorni difficili, di notti insonni, di responsabilità enormi, nel mentre la vita propone anche difficoltà e dolori a volte insopportabili. Ma Armando, questo uomo mite e roccioso, ha insegnato a tutti, alla sua famiglia e pure a noi, che il coraggio è una virtù assoluta. Che non bisogna arrendersi mai. Che la vita va affrontata con il passo sicuro e deciso dell’alpino che sale la montagna. Albina, Luigi, Roberto, voi lo sapete: questo è stato l’insegnamento di Armando in tutta la sua vita. Fino alla fine.

E ha deciso, come i grandi, di morire da vivo. Ora vogliamo pensare che quando ha attraversato quel ponte che porta dall’altra parte, un ponte che non aveva fatto lui, ha trovato ad attenderlo la sua amatissima Ivana. Che ha accarezzato i suoi capelli bianchi dicendogli: ora è finalmente il tempo di riposare.

Addio Armando.




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