“Non ci arrenderemo”, il grido d’allarme di Camera di commercio e dei sindaci

PORDENONE – L’appello a non arrendersi è stato ribadito con forza
questa sera a Pordenone, in Camera di Commercio, dove il Presidente, Giovanni Pavan, sospinto anche dalle categorie economiche, ha riunito buona parte delle istituzioni pordenonesi (presenti diversi sindaci del territorio provinciale) in vista della imminente approvazione del pacchetto di riordino
delle Camere di Commercio.

Accanto a lui l’avvocato Bruno Malattia, incaricato di esplorare le soluzioni possibili a tutela della salvaguardia dell’Ente. Pavan, già forte di una trentina di adesioni all’appello, rappresentative di un buon 70% di popolazione e imprese, ha detto rivolgendosi ai colleghi che «se siamo qui è perché non ci arrendiamo. E se anche voi, del mondo dell’impresa, della politica, voi portatori e difensori di nobili interessi, se anche voi siete qui, significa che voi pure non volete
arrendervi!».

Secondo Pavan, la Camera di Commercio ha sempre sostenuto una
posizione equilibrata e rispettosa delle Istituzioni. Non abbiamo mai avuto dubbi: camera unica. E nemmeno la Regione ne ha manifestati, affermando subito di voler sostenere questa decisione pur anticipando di non avere pertinenze istituzionali per entrare nel vivo delle fasi accorpative o in qualsiasi altra fase.

«Camera unica regionale – ha aggiunto ancora – è per noi il logico instradamento di una riforma non troppo brillante ma apprezzabile nel presupposto nativo, che era la razionalizzazione di un sistema. In realtà, qui in FVG, un territorio che ha bisogno vitale di forte
rappresentatività, la riforma ha provocato l’esatto contrario: frammentazione».

Una decisione di buonsenso, secondo il Presidente, perché – è la riflessione – se ci si interroga con giustificata inquietudine sul futuro di un’Europa disaggregata, cioè poco meno di trenta stati sovrani e non, come in FVG, quattro territori che insieme fanno meno abitanti di un quartiere di Roma, quali opportunità di rilancio e rappresentanza potrebbe avere un siffatto sistema camerale?

La nostra proposta – ha affondato Pavan – è sempre stata accantonata in via pregiudiziale, aprioristica, respinta con quell’atteggiamento di sufficienza e supponenza padronale. E a nulla è servita la positiva evidenza dei numeri rilanciati dalla ricerca affidata a Ernest & Young.

Dalla quale – ricordo a tutti – si evinceva che solo la Camera unica avrebbe potuto garantire al Friuli Venezia Giulia un percorso coerente con le proprie aspettative.

Secondo Pavan, infine, «dove il buonsenso non è riuscito a incidere ci ha pensato, in zona Cesarini, l’emendamento inserito nella legge di riforma, un anacronistico scudo legislativo in forza del quale le Camere il cui perimetro d’azione coincide anche con aree confinarie sono esenti dall’obbligo di accorpamento».

L’avvocato Bruno Malattia, al cui lavoro collaborano due illustri costituzionalisti tra cui l’ex ministro della Giustizia e Presidente emerito della Consulta, Giovanni Maria Flick, ha spiegato, dopo una premessa di natura storico-legislativa, che «da un punto di
vista teorico, ma anche pratico, se la Regione avesse voluto, avrebbe potuto impugnare il decreto di riordino del sistema camerale perché la norma attuale, diversamente dal passato, prevede sì di sentire il parere delle Regioni stessa, ma poi tanto il ministro dispone da sé». Due, quindi, le soluzioni: una politica, l’altra giuridica.

Per l’avvocato pordenonese, ora, se vuole, la Regione può intervenire tramite la moral suasion, uno scritto indirizzato a Unioncamere che dica che nel progetto in fase di presentazione al ministro (prevista per la prima decade di giugno) il Friuli Venezia Giulia opta per la Camera unica.

Nel momento in cui l’azione della Regione non riuscisse o Unioncamere non accettasse né di fare una unica Camera né a Pordenone di restare autonoma, vi è il ricorso alla giustizia. Dopo l’eventuale emanazione del decreto che farebbe assorbire Pordenone a Udine si potrebbe ricorrere al Tar sostenendo che vi sono due profili di illegittimità costituzionale.

Il primo: se l’ordinamento prevedeva, per l’accorpamento, l’intesa su una serie di materie meno importanti di quelle, addirittura, della soppressione di una Camera di Commercio, il fatto di essere passati al semplice sentire viene a ledere una prerogativa delle Regioni.

Il secondo: abbiamo abolito le Province, ergo non esiste più l’
ambito di corrispondenza con le Camere di Commercio. Va da sé che confine non esiste più, siamo un tutt’uno ragion per cui anche il Pordenonese, tecnicamente potrebbe confinare con la Slovenia o l’Austria. Se la legge nazionale avesse stabilito dei parametri definiti e certi per dire quali sono le circoscrizioni territoriali di confine che hanno situazioni geo-economiche tali da giustificare l’istituzione di una nuova CCIAA si sarebbe anche potuto fare ma in questo
caso come si fa a sottrarre alla Regione medesima la potestà di stabilire come deve essere ordinato il suo territorio?

Sergio Bolzonello, vicepresidente della Giunta regionale, ha rilevato che “Camera di commercio vuol dire categorie economiche e se siamo arrivati a questo è perché non si sono messe d’accordo. E ora, visto che il territorio pordenonese viene penalizzato, in supplenza deve intervenire la politica. Entro il 6 giugno Unioncamere consegnerà l’elenco delle 60 Camere che rimarranno in Italia”.

“Non sappiamo quali saranno, ma fino ad allora, le categorie economiche devono sedersi attorno a un tavolo e cercare di arrivare al risultato della Camera regionale unica o delle 3 Camere (Udine, Pordenone e Trieste-Gorizia che si sono già accorpate). E’ un impegno culturale tutto da giocare. Il Fvg deve continuare ad avere molte voci e quella pordenonese è una altamente rilevante; non può vivere del solo dualismo Trieste-Udine. Se così fosse, assisteremmo alla fine della nostra regione”.

Alessandro Ciriani, sindaco di Pordenone, ha rilevato “la Camera di commercio è l’unico baluardo economico e sociale sul territorio. Mai come in questo caso, dobbiamo portare tutti la stessa maglia e i 27 sindaci che hanno firmato il documento lo stanno a testimoniare. Enti quali la Fiera e l’Interporto potrebbero avere grossi problemi se passa questa impostazione. Udine e Pordenone assieme è una soluzione antistorica”.




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