La scorsa settimana ha offerto uno spaccato piuttosto chiaro delle tensioni che attraversano l’economia globale e i mercati finanziari. Da un lato, i dati macroeconomici hanno mostrato segnali contrastanti, tra un’inflazione in calo in Germania e nell’eurozona che rafforza l’ipotesi di tagli ai tassi da parte della BCE, e dall’altro una serie di debolezze nel comparto manifatturiero, con l’Italia, la Spagna e la Francia che continuano a faticare sul fronte produttivo. In Italia, il tasso di disoccupazione è sceso al livello più basso dal 2007, ma il settore industriale ha mostrato una nuova contrazione a marzo, accompagnata da un rallentamento nei servizi. Anche l’inflazione, pur restando contenuta, ha accelerato al 2%, al di sopra delle attese. A livello europeo, il quadro PMI dell’eurozona segnala una timida ripresa, ma con prospettive ancora incerte. Christine Lagarde ha dichiarato che i dazi imposti dagli Stati Uniti possono rappresentare un’opportunità per l’Europa di rafforzare la propria indipendenza economica, mentre i verbali della BCE riflettono timori legati all’impatto di queste tensioni sul commercio e sull’inflazione. Negli Stati Uniti, nonostante la creazione di 228.000 nuovi posti di lavoro a marzo, il tasso di disoccupazione è salito al 4,2%, e sia il manifatturiero che i servizi mostrano segni di rallentamento. Goldman Sachs ha alzato al 35% la probabilità di una recessione e prevede tre tagli dei tassi da parte della Fed nel corso dell’anno.
Tutte queste dinamiche si sono rafforzate sulle dichiarazioni sui Dazi di Trump. In settimana si sono riflesse con forza sui mercati, che hanno vissuto una settimana altamente negativa, con vendite diffuse su azioni e materie prime. L’azionario globale ha subito una forte ondata di vendite: il Nasdaq ha perso il 9,8%, lo S&P 500 il 9,1% e l’MSCI World l’8,5%. In Europa, l’Eurostoxx 50 ha perso l’8,5% e il Ftse Mib è scivolato del 10,6%, nonostante sia ancora in positivo da inizio anno. La volatilità è esplosa, con il Vix salito a 45,3 punti, più che raddoppiato in una sola settimana. Le obbligazioni governative hanno invece offerto un parziale rifugio: i rendimenti sono scesi sia negli Stati Uniti sia in Europa. Il Treasury americano a 10 anni è calato al 3,99%, mentre il Bund tedesco è sceso al 2,58% e il BTP italiano si è mantenuto stabile al 3,77%. Anche le scadenze brevi hanno visto un movimento simile, a testimonianza di una maggiore cautela degli investitori.
Sul fronte delle materie prime, il calo è stato generalizzato: il petrolio ha ceduto oltre il 10%, chiudendo a 62 dollari al barile, e i metalli industriali hanno perso anch’essi più del 10%. L’oro ha contenuto le perdite (-1,5%), restando comunque il miglior asset da inizio anno con un +15,8%. Anche l’indice delle commodity ha chiuso in rosso, -5,8% settimanale. Sul mercato valutario, l’euro si è rafforzato lievemente sull’USD, mentre il dollaro ha perso l’1%. Bitcoin è rimasto stabile, con un leggero rialzo dello 0,4%, ma è ancora in calo del 10% da inizio anno.
I mercati hanno reagito con forte nervosismo a un mix di incertezze macroeconomiche, attese sui tassi e rischi geopolitici, evidenziando un ritorno alla prudenza da parte degli investitori. Le prossime settimane saranno cruciali per capire se i segnali di rallentamento attuale si tradurranno in una correzione più profonda o in una fase temporanea di volatilità.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario autonomo, www.pazzagliapartners.it