Wall Street su nuovi massimi; Pfizer e dati Macro galvanizzano le Borse Usa, crollano i tassi.

MERCATI AZIONARI

L’andamento settimanale dei mercati azionari è stato all’insegna di ulteriore positività nel trend di breve, confermando quindi quanto visto nelle precedenti ottave. Il movimento di recupero dai minimi fissati dall’S&P 500 a fine settembre (area 4.300) non si è limitato a recuperare il livello top provvisorio di fine agosto (quota 4.550) ma si è esteso con una improvvisa accelerazione. Nel giro, infatti, di poche sedute il principale indice americano ha messo la ‘bandierina’ ai 4.600 e poi, successivamente, anche all’obiettivo dei 4.700 punti.

Una accelerazione che conferma l’eccellente stato di salute del trend rialzista e un sentiment degli operatori che ha trovato via via sempre più conferme. Diversi i fattori di mercato che hanno concorso a questa impostazione positiva di breve per gli indici USA: dalla stagione delle trimestrali USA uscite con un buon tono degli utili, alla lettura positiva che gli investitori hanno tratto dalla riunione della Federal Reserve, fino alle notizie in macroeconomico e nell’ambito sanitario.

In tema di fondamentali e dati macro, è evidente come il primo driver dell’ultima salita sia stato proprio il repricing necessario per allineare (e chiudere il gap) tra le quotazioni un po’ depresse di fine settembre ai valori degli utili societari, usciti, come detto, in maniera molto solida. In secondo luogo, i dati macro relativi al mercato del lavoro hanno sorpreso in positivo, con un netto aumento dei payrolls di ottobre. In tema invece di politica monetaria, il mercato ha accolto le decisioni in tema di tapering da parte della Fed concentrandosi sulla continuità delle politiche accomodanti in corso, avendo già metabolizzato che il sostegno monetario ‘extra’ sarà minore in futuro. Sul fronte sanitario, invece, nonostante in alcune aree del mondo si stia assistendo a evidenze di recrudescenza nei contagi, sono uscite altre notizie più favorevoli, come l’uscita della pillola anti-Covid prodotta da Pfizer e che può offrire un mezzo in più per il contrasto alla pandemia. L’S&P chiude quindi l’ottava con un progresso di due punti percentuali, ma meglio hanno fatto il Nasdaq 100 (+3,2%) e soprattutto il Russell 2000 con un +6,1%. Quest’ultimo va a recuperare il gap creatosi negli ultimi mesi e dipeso dai timori dell’impatto della variante Delta sulla crescita globale e dalle tensioni che si erano palesate nel mercato immobiliare cinese. Si accodano alle buone performance settimanali anche l’Europa (dove i rialzi si attestano tra il 2%-3%) ed il Giappone (+2,5%). Misto invece il quadro che si è visto sui mercati emergenti, con gli indici cinesi (Hong Kong e Shanghai) che ancora faticano a ritrovare il tono rialzista in un contesto dove invece gli altri mercati hanno continuato a correre.

L’ottava a livello settoriale ha visto un nuovo exploit del comparto auto globale (grazie ai record di Tesla) ma ampiamente positivo è stato tutto il comparto della tecnologia. Il netto calo dei tassi ha favorito lo stile di investimento ‘growth’, oltre ai tematici ad esso collegato (come blockchain e robotica). Il Vix si attesta vicino ai minimi di periodo, area 15, confermando il basso livello di rischio percepito dal mercato.

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

Tra le materie prime, nuova debacle per i metalli industriali (-3% il paniere), indebolito da una minore tensione in ambito inflattivo. Concetto simile per le materie prime energetiche (petrolio -3% a quota 81 $). In buon progresso l’oro (+2% a 1.818 $): i tassi reali scendono infatti nuovamente (-110 bps).

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Settimana di ottimo recupero per i titoli di stato, con una ampia distensione generalizzata a livello geografico in termini di rendimenti. Netti segni più, infatti, sia nella zona Euro sia in quella Dollaro, in una settimana dove il palcoscenico è stato dominato dalla riunione della Federal Reserve, molto attesa per via delle decisioni da prendere in tema di politica monetaria. In realtà, nella fase più recente, era risultato evidente come il mercato avesse già in mente un’idea precisa di quali sarebbero stati interventi e tempistiche da parte del Presidente Powell, di fatto incorporandole nei prezzi tanto delle borse quanto del mercato obbligazionario.

I listini azionari, infatti, avevano eliminato tutte quelle paure percepite nel mese di settembre e legate a ‘strette’ troppo incisive mentre sull’obbligazionario i tassi a medio-lungo avevano già dalla scorsa settimana frenato la loro risalita verso i massimi annuali. Tutto come previsto, quindi, con la Federal Reserve che ha lasciato invariati i tassi di interesse nel range 0%-0,25%, annunciando al contempo l’inizio del tapering: l’acquisto dei titoli di stato scenderà di 15 miliardi al mese su un totale di 120 a partire da novembre. La misura è dettata dalla progressiva uscita dello stato di emergenza da parte degli Stati Uniti, con il superamento anche delle incertezze di natura macroeconomica che avevano caratterizzato la parte centrale dell’anno. Attese, quindi, per un quarto trimestre più tonico rispetto al precedente e che le borse hanno subito colto, con gli indici su nuovi massimi specie dopo i dati sul mercato del lavoro e le news relative a Pfizer.

Restano due temi: l’inflazione e poi cosa dovrà essere fatto dopo la fine del tapering. Sul primo punto Powell ha ripetuto il consueto punto di vista della Fed: valori certamente elevati di inflazione ma di natura transitoria. Sul secondo punto, il presidente della banca centrale americana ha tranquillizzato gli operatori, non ponendo nessuna automaticità tra la fine del tapering (giugno) e l’aumento del costo del denaro. Una Fed, quindi flessibile, nelle dinamiche di azione e che guarda al mercato del lavoro come faro per procedere in realtà a piccoli step progressivi. Punti di vista che hanno riportato giù i tassi, con il decennale USA sceso ben sotto quota 1,50% ma anche il rendimento dei titoli a breve (da 0,55% a 0,40% in poche sedute per le scadenze a 2 anni).

Meno tensione quindi sulla curva americana ma quanto avvenuto nella zona Euro è stato altrettanto significativo: il decennale tedesco da inizio novembre è sceso in verticale fino a riportarsi in area -0,30% mentre quello italiano ha perso ben 30 bps (da 1,20% fin sotto lo 0,90%). Nel Vecchio Continente, Christine Lagarde ha insistito sul fatto che le pressioni inflattive non mettono fretta alla BCE per interrompere gli stimoli monetari, con bassissime probabilità di vedere radicalmente cambiata la politica in corso. Musica per il segmento dei bond governativi della zona Euro.

La discesa dei free risk ha ridato fiato al corporate (Euro ed USA) mentre il tono positivo dell’equity ha ridato sprint anche ai segmenti high yield che nel 2021 comunque rimangono tra le poche asset class obbligazionarie positive.

MERCATO DELLE VALUTE E BITCOIN

In ambito valute, continua a rimanere forte il Dollaro USA, con i valori che avvicinano anche quota 1,15. Nonostante i toni neutri della Fed, il mercato vede comunque il gap economico tra gli USA e l’Europa, premiando il biglietto verde. Ancora generalmente deboli le valute emergenti. Tra le cripto, nuovi record per Ethereum, mentre Bitcoin resta sotto ai propri massimi assoluti.

 

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Autonomo, iscritto all’Albo dei Consulenti Indipendenti delibera 1081 del 18/04/2019 informazioni a [email protected]




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