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sabato , 23 Novembre 2024

Nvidia non tradisce le borse; Ancora una trimestrale record, borse su nuovi massimi

INTERMARKET

Dopo la settimana appena conclusa non si può certamente dire che manchino i motivi di interesse per seguire i listini azionari, che offrono continuamente spunti e sfaccettature di interesse. Gran parte delle borse, infatti, hanno prima dato l’impressione di avviarsi, se pur con moderazione, verso una fase di ripiegamento, smentito poi con un rapido shift verso l’alto dopo l’uscita dei dati della trimestrale di Nvidia.

L’evento ha assunto una valenza quasi assoluta per l’intero ecosistema dei mercati, con un livello di importanza che solitamente si dà alla decisione di una banca centrale o all’esito di un evento di grande portata per il mondo finanziario e no, tanto che alcuni canali specializzati (come la CNBC) hanno dato il via ad un vero e proprio countdown per le 22 di mercoledì 21.

La trimestrale è uscita (molto) bene, sopra le attese e con la conferma che la domanda dei suoi preziosi chip è ancora molto sostenuta. Questo rafforza non solo il comparto chip ma l’intera filiera della tecnologia e quindi di una significativa fetta degli agglomerati azionari internazionali. Il tema non è solo quello dell’intelligenza artificiale, ma piuttosto quello di un salto tecnologico che va a dipanarsi su tutti i settori economici, aumentando profittabilità e produttività. Se avremo macchine che istruiscono altre macchine, l’effetto pratico ed economico avrà natura esponenziale, non lineare.

Questo “motore’ riverbera i suoi effetti anche in ambito macroeconomico, sostenendo quelle economie, come quella USA, che mostra tenacità nella crescita proprio per la capacità innovativa nel suo tessuto economico. Le borse ne prendono atto, prime tra tutte quelle a stelle e strisce, e vanno ad accumulare rialzi: l’MSCI World sale di un +1,5% (+5,4% ytd) ben supportato da tutte le aree geografiche.

Il contraltare di questi andamenti e considerazioni è l’allontanarsi di prospettive immediate dei tassi da parte delle banche centrali, non incentivate a ruotare il timone della politica monetaria, per ‘assenza di necessità’ ma anche per i possibili movimenti erratici in ambito inflazione. Motivo per cui una certa pressione sui rendimenti continua a palesarsi, se pur con moderazione. L’indice Global Aggregate Bond chiude in leggero positivo (grazie più che altro alla zona Euro) nella performance settimanale e resta negativo da inizio anno (-1,2%). Un dollaro meno forte ridà fiato all’oro (+1,1% a 2.040 $) mentre ritraccia il petrolio dopo i buoni guadagni della scorsa settimana.

MERCATI AZIONARI

La settimana in ambito macroeconomico conferma tutto sommato le ultime dinamiche per le due principali macroaree mondiali.

Nella zona Euro si consolida l’effetto di miglioramento visto recentemente: l’economia non è infatti particolarmente tonica (con l’apporto negativo in particolare di quella tedesca) ma una certa ripresa in ambito servizi riesce a compensare le difficoltà della manifattura. L’inflazione dell’Eurozona, con un po’ di dispersione a dire il vero, rimane nell’intorno del 3% (ma con un dato mensile in calo) lasciando ancora diverse porte aperte per la BCE in ambito tassi.

Negli Stati Uniti le ultime settimane hanno visto una sequenza di dati positivi in diversi ambiti (mercato del lavoro, produttività), da cui i mercati azionari e obbligazionari hanno tratto le dovute conseguenze. Sembra essere stato digerito infatti il dato sopra le stime dell’inflazione della scorsa settimana mentre in quella appena conclusa le richieste di disoccupazione sono uscite sotto le attese.

Nella scorsa settimana Wall Street sembrava aver deciso di prendersi una pausa nel trend rialzista continuo che sta interessando i mercati statunitensi ormai dallo scorso ottobre, inframezzato da pochissimi storni e tutti di lieve entità. Le prese di profitto, con una rotazione settoriale abbozzata, sembravano poter continuare a rafforzarsi, mantenute toniche in alcune sedute anche dall’effetto della pressione del rialzo dei rendimenti sui multipli delle società ad alta crescita.

Tutto questo ha in realtà avuto una vita breve (tra il 12 ed il 21 febbraio, l’S&P ha ritracciato per un paio di punti percentuali, il Nasdaq circa del 4%): tutto è stato ampiamente compensato dall’effetto galvanizzante della trimestrale di Nvidia che ha fatto non solo recuperare il terreno perso ma ha portato gli indici su nuovi massimi assoluti. L’S&P 500 chiude infatti con un rialzo dell’1,7% (5.087 punti) e il Nasdaq 100 dell’1,8% (appena sotto i 18.000 punti), con le borse USA in marcia positiva ad eccezione delle piccole capitalizzazioni.

Nvidia, debole nelle sedute immediatamente precedenti al rilascio dei dati per un comprensibile effetto di prudenza da parte degli operatori, ha ancora una volta battuto le stime di utili e ricavi, con un effetto sorpresa del +16% e +8%, subito incorporato in una salita della propria capitalizzazione. I business sono pienamente a regime e attestano la domanda ancora molto sostenuta per i propri prodotti tech, chip e schede molto più avanti della concorrenza e cruciali per sviluppi di business sempre più trasversali in ambito economico.

Detto del Giappone, che continua ad attrarre flussi come alternativa ‘asiatica’ alla Cina, va comunque dato atto anche all’Europa di essere riuscita non solo di essere ben trainata dagli indici USA ma anche di aver capitalizzato il ritorno di interesse verso comparti più tradizionali, come quello finanziario, per il quale l’high for longer) in ambito tassi rimane un prezioso elemento di supporto agli utili. L’Eurostoxx 50 sale del 2,2% ha più che colmato il gap con gli indici USA, grazie anche ad uno sfavillante FTSE Mib (+3%), sostenuto dal rally di banche e assicurazioni.

Tra gli emergenti, si materializza sempre di più il recupero della Cina (+3,7%) grazie alle misure di supporto che viene dalle autorità nazionali, intervenute a sostegno del proprio mercato finanziario, consentendo agli indici cinesi di riportarsi in parità da inizio anno.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Inizialmente qualche pressione si è vista ancora sui rendimenti obbligazionari a medio lungo termine ma senza slanci eccessivamente dolorosi. Il decennale americano incorpora inevitabilmente le ipotesi di riaccelerazione dell’economia americana e, quindi, anche di permanenza dell’inflazione su livelli non confrontabili con quelli pre-Covid. Il Treasury a 10 anni ha tentato di varcare quota 4,30%

(continuando nel suo uptrend intrapreso da metà gennaio) ma alla fine è indietreggiato: la tendenza rimane verso l’alto ma senza strappi. La pubblicazione dei verbali della Fed relativi all’ultima riunione è stata in qualche modo ‘oscurata’ all’evento della trimestrale di Nvidia, ma ha dato comunque spunti neanche troppo marginali e che il mercato obbligazionario ha valutato con attenzione. La Federal Reserve sostanzialmente invita i mercati a non sperare troppo nell’arrivo imminente di tagli dei tassi, confermando già le dichiarazioni di alcuni membri del FOMC delle scorse settimane.

Vero che siamo, con buona probabilità, su un picco della politica monetaria, ma l’attesa di ulteriori dati sull’inflazione e la non urgenza di intervenire visto lo stato di salute dell’economia, inducono a posticipare le azioni ‘distensive’ sul costo del denaro. Si è quindi ancora in uno stato di valutazione, mese per mese, con una flessibilità temporale che resta il mantra della banca centrale americana e con una certa prudenza verso l’inflazione, ritenuta ancora capace di rovinare i piani (2% come livello sostenibile).

Nell’Eurozona, si è visto un movimento simile, con il Bund tedesco 10y, che prima sfiora il 2,50% e poi si rasserena a quota 2,35%; idem per il BTP 10y che saggia senza successo il livello tecnico del 4%, finora barriera contro le tendenze che sono arrivate da oltreoceano.

I mercati hanno portato ormai a zero le probabilità di un taglio dei tassi nella riunione di marzo che sempre più si avvicina: se ne riparla tra maggio e giugno, dove, probabilmente la Fed avrà già più dati per giungere ad una decisione. Intanto i tagli dei tassi attesi per il 2024 si sono allineati a quello che la banca centrale americana aveva detto, ossia una stima di tre interventi. Si parla di volatilità dell’equity ma le stime di mercato in questo ambito appaiono anche superiori!

In ambito corporate, il buon andamento dell’equity si è trasferito in parte sui bond, riducendo i premi per il rischio di investment grade e high yield, con il secondo che da inizio anno risulta una delle poche asset class obbligazionarie, oltre al monetario puro, ad avere performance positive.

Materie prime

Debolezza per il paniere generale che lascia sul terreno uno 0,9% (quasi come la scorsa settimana), indebolito dal ritracciamento del petrolio, che ancora una volta non sfonda le toste resistenze in area 78-80 e chiude a 77$ (-3,4%).

In calo anche le materie prime agricole (cacao escluso, su massimi storici) mentre l’oro si riposiziona dov’era due settimane fa, ossia in area 2.035 (+1,1%) approfittando del leggero calo del Dollaro USA.

Forex

I dati tutto sommato accettabili in ambito macro per la zona Euro riportano il cross Euro-Dollaro sopra quota 1,08, aiutato anche da un miglior bilanciamento nei flussi tra Vecchio e Nuovo Continente, con gli investitori in cerca di un po’ di rotazione settoriale. La valuta europea forte anche verso Yen e Franco svizzero.

Debolezza nell’ambito delle criprovalute: il Bitcoin ritraccia leggermente dopo i guadagni delle scorse settimane ma rimane sopra in area 51.000$.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it

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