Questa settimana le Banche Centrali sono state al centro dell’attenzione dei mercati. Buone notizie, infatti, in settimana sul fronte del costo del denaro da entrambe le sponde dell’Atlantico. La Banca Centrale Europea ha ammesso durante la riunione di martedì 5 marzo che potrebbe iniziare ad abbassare i tassi di interesse a giugno a condizione che l’inflazione torni al target del 2% l’anno prossimo. Non sono mancate dichiarazioni simili da parte degli Stati Uniti. Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha affermato che la sua banca centrale si sta avvicinando “al livello di fiducia necessario” per iniziare ad abbassare i tassi. Anche se poi ha ribadito che per ora non c’è nessuna fretta. Il suo discorso rappresenta un nuovo capitolo nella lunga “saga” della lotta all’inflazione iniziata durante la pandemia ed esacerbata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina. Possiamo dire con certezza oggi che l’economia americana ha resistito ai rialzi dei tassi della Fed, conferma la crescita della spesa per consumi e dell’occupazione. Se poi tutto questo fosse accompagnato da moderato aumento salariale ci potrebbe essere un’espansione senza troppi rischi di una ri-accelerazione dell’inflazione. Il termine usato dai più, in settimana è stato “soft landing”, atterraggio morbido. Per finire, è arrivata anche la pubblicazione del Beige Book in cui viene sottolineato un ulteriore elemento rassicurante e cioè che le interruzioni nel Mar Rosso e nel Canale di Panama finora non hanno avuto grande influenza sui livelli dei prezzi delle merci. In conclusione i listini azionari statunitensi sono rimasti in stand-by, mentre l’oro e il Bitcoin hanno esteso la loro corsa vincente, in anticipo rispetto alle dichiarazioni di giovedì di Jerome Powell.
MERCATO AZIONARIO
Mercato azionario prende una pausa in settimana, la salita si ferma, a tal punto che si incomincia a parlare di surriscaldamento. Il record dell’oro suggerisce di prestare un po’ di cautela. Diamo un po’ di numeri; S&P 500 varia in settimana dello 0,2% a 5.124 mentre segna una correzione più decisa il Nasdaq con un -1,5% a 18.018 punti. Meglio invece il vecchio Continente con un Eurostoxx 50 a 4961 punti, ossia un +1,4%, ed anche il nostro indice Ftse Mib chiude in progresso a 33.404 punti con un +1,4%. A livello degli indici azionari principali soffre di più l’indice tecnologico americano, l’indice dei titoli a maggior crescita, conosciuti come “growth”; d’altra parte, l’acquisto di azioni con utili in crescita ha avuto performance superiori ad altri settori , registrando le performance migliori a livello globale nell’andamento dell’ultimo anno e forse una rotazione settoriale potrebbe essere salutare. Conferma per il Best performance settoriale per i Semiconduttori con un andamento annuale che stacca l’indice azionario internazionale di circa il 37%.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Il presidente della Fed Powell ha testimoniato davanti alla Commissione bancaria del Senato giovedì, un giorno dopo aver comunicato agli addetti ai lavori che avrebbe ridotto gli interessi sui depositi – una mossa che sembra aver colto di sorpresa anche i più esperti del settore. Ciò è stato sufficiente per stimolare il più grande rally di due giorni dei titoli del Tesoro dall’inizio di febbraio, mantenendo i rendimenti di riferimento a 10 anni vicino al minimo toccato da un mese. Respinto per ora il Treasury a 10 anni dalla resistenza posta a 4,30%, anche se per ora la tendenza dell’andamento dei tassi rimane ancora rialzista. Mentre per la parte Europea il Bund a 10 anni, dopo aver toccato il rendimento al 2,5%, ritraccia chiudendo in settimana a 2,27%. Infine per quanto riguarda il nostro Btp 10 anni è stata più decisa la discesa verso il rendimento tra 3,5% e 3,6%, mostrando come punto di resistenza e quindi di prezzo il livello di rendimento posto al 4%. Se si conferma nei prossimi mesi questa situazione di equilibrio sui mercati e una tendenza di un’inflazione in discesa, forse ciò porterebbe la Fed a tagliare i tassi di interesse fino a due volte quest’anno, e non tre volte come si paventava all’inizio dell’anno.
MERCATO VALUTARIO E BITCOIN
In settimana, le rassicurazioni generali sulla forza dell’economia statunitense hanno avuto come contro altare, in modo piuttosto singolare, un deciso calo del dollaro, che ha vissuto giovedì il suo giorno peggiore dell’anno. L’indice del dollaro, il dollar index, che misura le performance del dollaro rispetto alle valute degli altri paesi industrializzati, è sorprendentemente sceso al di sotto delle medie mobili a 200 e 50 giorni, in quello che i tecnici di mercato potrebbero descrivere come un chiaro breakout. Cosa potrebbe spiegare esattamente un movimento così marcato? Un fattore potrebbe essere il sopracitato taglio dei tassi futuri attesi; il secondo fattore una costante riduzione dei rischi estremi a livello globale, che viene meno l’investimento nel biglietto verde come “valuta rifugio”. Da sottolineare in settimana la corsa dello yen, salito al massimo da un mese a causa delle accresciute speculazioni secondo cui la BOJ (Banca del Giappone) alzerà i tassi a marzo. L’impennata di Bitcoin al suo massimo storico martedì è senza dubbio una vittoria per gli appassionati di criptovalute. La valuta digitale ha superato il tetto fissato più di due anni fa, per poi subito battere ritirata. Confermato comunque su Bitcoin il suo ciclo di espansione. Facendo un rapido excursus storico: la corsa rialzista che l’ha portato a livelli record nel novembre 2021 è stata alimentata principalmente dall’eccesso di liquidità distribuito per attutire l’impatto della pandemia. Il picco post-pandemia non è durato a lungo, con il crollo degli asset digitali di quasi l’80% nel 2022 quando le banche centrali hanno aumentato i tassi di interesse. E nelle otto settimane trascorse da quando la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti ha approvato gli Exchange Traded Fund, aprendo la strada a BlackRock Inc. e Fidelity Investments per avventurarsi in questo spazio, Bitcoin è cresciuto di circa il 50%. Messi insieme, questi fondi hanno registrato circa 8 miliardi di dollari di afflussi netti, aumentando il sentimento rialzista.
MATERIE PRIME
Il nuovo massimo dell’oro, raggiunto dopo ripetuti fallimenti nel superare i 2.100 dollari negli ultimi quattro anni, sembra un breakout significativo e suggerisce un genuino appetito per gli investimenti visti come beni rifugio. Ci riprova il petrolio a violare quota 80 dollari al barile in settimana ma anche questa volta viene respinto nonostante la debolezza del dollaro negli stessi giorni aveva fatto presagire ad un suo allungo.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it