In ogni aspetto della vita online si sta assistendo ad una rivoluzione digitale che consiste nel realizzare reti di connessione sempre più veloci. Difatti si sta passando dai 4G ai 5G delle reti mobili.
La differenza dai 4G ai 5G si basa essenzialmente sul tempo di latenza, ovvero il tempo che passa tra una richiesta di dati da parte di un utente e il ritorno della risposta. In inglese viene definito anche RTT “Round Trip Time”, ovvero, letteralmente, “tempo per compiere un giro”.
Se la latenza è alta, allora ci sarà un ritardo nella comunicazione, se è bassa la comunicazione sarà immediata. Con le reti di quinta generazione il tempo di latenza si porterà ad un ritardo calcolato in un millisecondo, rispetto alla latenza di oggi che si attesta tra i cinque e i venti millesimi di secondo.
Tutto ciò è straordinario e affascinante e permetterà, per esempio, la costruzione di macchinari totalmente automatizzati, il governo della propria casa con la domotica, il monitoraggio di pazienti da remoto in tempo reale o di eseguire operazioni complesse anche da migliaia di chilometri di distanza.
Oggi, una latenza elevata può provocare una lenta trasmissione di dati, diminuzione della produttività industriale, perdita di fatturati, svantaggio competitivo. Ma questa diminuzione dei tempi di latenza in che modo influisce sulla psiche umana? Aspettare è un verbo che entra sempre più in conflitto con il tempo di latenza della tecnologia di quinta Generazione.
Per moltissime persone aspettare è diventato frustrante e il passaggio dalla frustrazione alla rabbia il passo è breve. Azioni come, aspettare, riflettere, meditare, prendere tempo, ponderare, pazientare, rinviare, sembrano appartenere ad un lontano passato. Anche gli individui stanno cercando di adattare la propria esistenza a bassi tempi di latenza.
Quando i tempi di latenza diventano alti scatta la frustrazione per la mancata e immediata gratificazione del desiderio. Il tempo lungo è vissuto come un ostacolo, un impedimento, un’opposizione, che blocca il conseguimento di un risultato.
Conseguentemente, la frustrazione genera rabbia che può manifestarsi in comportamenti aggressivi e, a volte, perfino violenti. Ultimamente, sempre più spesso, i fatti di cronaca riportano di episodi di violenza eseguiti individualmente o in gruppo. E ‘come se si respirasse un’aria di tensione generalizzata. Anche un’osservazione di poco conto fatta a qualcuno può essere motivo di aggressione, perfino mortale. Sembra che nessuno debba essere disturbato dalla relazione col proprio smartphone o da sé stesso.
L’altro è vissuto come un disturbatore, un possibile elemento frustrante verso il quale indirizzare la propria aggressività. Ritengo che al tempo del 5G si debba costruire una nuova cultura della tolleranza, della pazienza, dell’attesa, della capacità di saper tollerare le frustrazioni, perché non sempre la vita va nella direzione che desideriamo e nel tempo sperato.
Antonio Loperfido
Psicologo Clinico e Psicoterapeuta