BCE avanti con scudo e rialzi dei tassi; Borse ancora su, ma i dati macro peggiorano.

MERCATO AZIONARIO

La fase di mercato raccoglie i semi del recupero nel finale della precedente ottava e vede fiorire un recupero che migliora almeno in parte il sentiment generale degli investitori. Dopo un primo semestre particolarmente ostico, si è infatti concretizzato un rimbalzo (che molti definiscono di natura tecnica), capace di riportare l’S&P 500 vicino ai 4.000 punti e il Nasdaq 100 in volata verso area 13.000. Si tra comunque di una rivalutazione, dai minimi di metà giugno scorso, che è a doppia cifra per entrambi gli indici americani (+10% per l’S&P 500 e +15% per il Nasdaq 100). Un segnale quindi che i livelli toccati nello scorso mese avevano probabilmente cominciato a incorporare elementi di timore che una fase recessiva fosse quasi imminente per l’economia USA. Il recupero, come detto, permette di portare le performance year to date su valori meno negativi rientrando (almeno per l’S&P 500) con margine entro il limite di quel -20% che ha fatto da spauracchio come avviso di un mercato orso particolarmente ‘ostile’. L’ultimo mese ha mostrato (e mostra ancora), in realtà, dati in chiaroscuro, sia per quanto riguarda i dati macroeconomici (come i PMI USA di venerdì), sia per quelli fondamentali, con valori che evidenziano segnali di inceppamento dell’economia USA.

E’ su questo punto che si ramificano molte letture e commenti da parte di gestori e analisti, con i primi probabilmente già posizionati su view più inclini al pessimismo e i secondi invece che mantengono ancora una visione positiva sul corso degli utili delle aziende USA. Le trimestrali americane, dopo il progresso del primo trimestre (+9,1% yoy secondo Factset, dove però erano solo parzialmente scontati gli elementi di rischio che stanno caratterizzando i mercati), ora stanno evidenziando un nuovo aumento ma decisamente più moderato (+4,2% yoy tenendo conto ovviamente delle società che hanno già rilasciato i dati). Si tratterebbe dell’incremento più modesto dal quarto trimestre 2020 e dove si ravvisa un ruolo estremamente importante per il segmento Energy, il quale ha beneficiato degli alti livelli raggiunti dal greggio negli ultimi mesi. In attesa che si concluda questa tornata di earnings season, giova ricordare che gli analisti si attendono un +10,1% e un +9,2% per il terzo e quadro trimestre, sempre anno su anno. Certo, qualche big bancario recentemente ha deluso, così come qualche tech, ma, sommando i dati, si ottiene (come attesa) un crescita organica per il 2022 significativa, con le borse che invece hanno corretto significativamente negli ultimi mesi: come si conciliano quindi i dati?

Il punto è che per il momento l’effetto downside sugli utili c’è stato in misura moderata, sia per l’apporto di alcuni settori, sia perché evidentemente le aziende sono riuscite, per il momento, a mantenere una buona marginalità. I mercati sono soliti scontare con buon anticipo gli andamenti macro e fondamentali, scommettendo quindi su un indebolimento prospettico e dovendo comunque riparametrarsi nelle valutazioni generali (riportate ormai su livelli di media storica). Resta il dubbio: quanto ci vorrà perché l’inflazione deteriori il potere d’acquisto dei consumatori in maniera così significativa da far calare gli utili? Intanto alcune big hanno iniziato a diminuire o bloccare i piani di assunzione, come misura anticipatoria. Rispetto però al pessimismo di un mese fa, le borse recuperano: l’S&P 500 guadagna nell’ottava quasi il 3% e testa quota 4.000, bene anche il Nasdaq (+3,4%), sebbene la seduta di venerdì non sia stata tonica per i tech a causa dei dati poco felici di Snapchat e Meta. Nonostante la confusione politica e la debacle delle banche, anche l’Italia chiude in positivo (+2,3%). Tra i settori globali segnali di recupero per ciclici e tech, fermi i difensivi. Buoni i risultati per le nicchie tematiche tech, con ampi segni più favoriti anche dal calo dei tassi. Vix ancora in contrazione che resta in area 20-25.

MATERIE PRIME

In ambito materie prime, rimbalzo del paniere generale (+2,7%) con un contesto che resta ancora volatile e con diverse materie prime che sono tornate ai livelli precedenti al conflitto tra Russia e Ucraina. Gli energetici vedono un petrolio debole (95$)<, -3% ma una gas in fortissima ascesa (+18% anche questa settimana). Recuperi anche per le diverse materie prime industriali che danno qualche segnale di possibile bottom. Rimbalzo da quota 1.700 per l’oro (+1,1%).

 

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

La settimana appena conclusa e la prossima erano già segnate negli appunti degli operatori tra gli eventi da monitorare per gli attesi meeting delle banche centrali, con un potenziale importate da soppesare, sia nelle decisioni, sia nei commenti a quello che sta succedendo in ambito macroeconomico e geopolitico. Una logica attesa visto che FED e BCE, le principali banche centrali mondiali, si muovono in contesti di alta inflazione, crisi energetiche e timori per la crescita. Giovedì 21 luglio è stato il turno della BCE (il 26-27 toccherà alla FED) e le decisioni sono state importanti, sebbene non del tutto inattese. Fino a due settimane fa, il mercato riteneva che Francoforte, per la prima volta dopo 11 anni, avrebbe aumentato i tassi per uno 0,25%. Le pressioni provenienti dal Nord Europa e il set dei dati di inflazione dell’Eurozona hanno però convinto il consiglio direttivo a calcare più la mano, propendendo per un rialzo da 50 bps (per tutti i tassi di riferimento, con quello sui depositi che torna allo 0%). Le attese sono per altri aumenti: 0,50% a settembre e poi altri graduali nei mesi successi per arrivare in area 1,50% a metà 2023, misure necessarie per tentare di colmare l’enorme gap tra costo del denaro e livello di inflazione corrente (quello desiderato per tanti anni e mai raggiunto pari a circa il 2%).

Il marcato intervento fa anche pensare che la BCE cerchi di intervenire ora, prima di una possibile fase di rallentamento nel secondo semestre: la crisi energetica incombe per i prossimi mesi e l’inflazione rimarrà comunque alta per diverso tempo, sospinta anche dalla debolezza dell’Euro. Come per gli USA, anche in Europa spira un vento recessivo, con i PMI in declino. L’altro elemento molto atteso era lo strumento per contrastare i fenomeni di ‘disunione’ della zona Euro in tema di rendimenti dei titoli di stato, causato dal diverso passo delle economie e, soprattutto, dai livelli di indebitamento. Il nuovo strumento (TPI) servirà a definire acquisti di titoli di stato qualora si ravvisino rischi per la trasmissione della politica monetaria. Acquisti con flessibilità ‘finanziati’ da quanto in scadenza dal precedente Piano Pandemico, ma condizionati dal rispetto di criteri precisi: nessun squilibrio di bilancio, assenza di deficit eccessivo, debito sostenibile e percorso virtuoso nel Recovery Fund. Nel complesso, qualcosa che può certamente condizionare l’operato di un governo. Ad esempio come l’Italia, che ha vissuto una crisi politica che ha portato alla caduta del premier Draghi. I BTP hanno visto aumentare i rendimenti (decennale dal 3,25% fino al 3,70%, salvo poi scendere vertiginosamente dopo i dati macro usciti).

L’incertezza politica ha portato anche a tensione maggiore sullo spread tra BTP e Bund, in rialzo di 15 punti base, con un close finale vicino ai massimi degli ultimi mesi. Da ricordare poi che nella seconda parte dell’anno si andrà a ridiscutere anche il Patto di Stabilità, finora sospeso a causa della pandemia: non sarà quindi facile per l’Italia far quadrare il nuovo contesto politico con la ridefinizione delle regole europee, anche se secondo Francoforte, al momento, l’Italia non ha bisogno di supporto. I movimenti sui BTP si innestano in una settimana dove Treasury e Bund della parte medio lunga della curva hanno ripreso a scendere: il decennale americano e tedesco ai minimi da un mese (rispettivamente 2,75% e 1,03%). La Federal Reserve si prepara al suo meeting, con i mercati pronti ad ‘accogliere’ un altro aumento di 75 basis point: questo potrebbe quindi portare i tassi USA tra il 2%-2,25%, in un percorso che dovrebbe terminare verso fine 2022/inizio 2023. Da evidenziare con attenzione che il momento di inversione della politica monetaria (da restrittiva ad accomodante) viene sempre più anticipata dalle attese di mercato. Tra le altre asset class obbligazionarie da segnalare inoltre il buon tono per il comparto corporate, sia investment grade che high yield, grazie al calo dei tassi e anche ad una riduzione degli spread di credito. In buon recupero, finalmente, anche i paesi emergenti.

MERCATO DELLE VALUTE E CRYPTOS

Per quanto riguarda i cross valutari: la scelta della BCE di aumentare i tassi di uno 0,50% (rispetto all’opzione più moderata di 0,25%) ha ridato fiato alla valuta europea, capace di tornare in area 1,02 dopo i minimi della precedente ottava. Deboli le valute emergenti come Rublo e Lira turca. In rimbalzo le criptovalute: il Bitcoin rimbalza da area 20.000 (+8%) mettendo a fuoco altri obiettivi tecnici.

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]




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