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venerdì , 27 Dicembre 2024

Borse e bond ancora deboli, rimangono alte le tensioni geopolitiche e finanziarie

MERCATO AZIONARIO

  • Il mosaico del 2022 continua ad essere particolarmente ostile per gli investitori, con la chiusura di un trimestre nato bene ma terminato con la debolezza di tutte le asset class. Se, senza dubbio, l’ultima fase di mercato è tra le più negative dell’anno, si osserva come il grado della ‘’paura’’ sia a livelli elevati ma non ancora estremi. L’indice Vix (la volatilità dell’S&P 500), infatti, durante l’anno ha definito minimi in area 20 (nel 2021 si stazionava nel Bengodi a quota 15) e massimi che per diverse volte si sono attestati verso area 35-40: valori elevati ma più bassi rispetto gli 80/90 del 2008 e del 2020. Due crisi ‘disordinate’ nella loro genesi e sviluppo. L’attuale fase, per quanto difficile, resta, per il momento, nell’alveo delle crisi senza panico estremo, guidata da fattori ancora razionali (aumento dei tassi, politiche restrittive, timori recessivi). Piuttosto, l’attuale situazione vede un livello di tensione che persiste su livelli elevati (simile al periodo 2000-2003), segno di un processo di deleveraging del mercato ancora in corso e richiede tempo. Nelle ultime sedute, qualche spyke verso l’alto c’è stato, in concomitanza con il ritorno sui minimi dello scorso giugno (o poco più in giù) da parte delle borse.  Si è percepita, quindi, anche per il flusso di notizie provenienti da UK da una parte e Russia dall’altro, una tensione che continua a coinvolgere sia le borse che bond. Sullo sfondo ci sono le banche centrali, quasi incuranti del contesto, che continuano a guardare in modo bieco gli investitori, oltre alla guerra tra Russia e Ucraina che contribuisce all’instabilità generale e vede ancora elementi di escalation. L’annessione delle regioni del Donbass allunga inevitabilmente le prospettive del conflitto in corso.
  • In ambito azionario, l’indice MSCI World ha concluso la settimana con un calo dell’2,4%, che si aggiunge alla debacle della scorsa settimana. Settembre è stato un mese ‘horror’ per le borse: S&P e Nasdaq con cali attorno all’9%-10%%, l’Europa con circa un – 6% e peggio di tutti gli emergenti con un -12%. L’effetto è stato particolarmente sentito per l’ormai noto posizionamento ‘hawkish’ da parte delle banche centrali nei confronti dell’inflazione. L’indice guida S&P 500 (-2,9%) già nella scorsa ottava si era pericolosamente avvicinato ai minimi dello scorso giugno (area 3.650) e in quella appena trascorsa il livello è stato sollecitato ulteriormente, con tentativi di rimbalzo poi venuti meno e minimi proprio in chiusura d’ottava. Sono da aggiungere due elementi: il primo è l’ovvietà del segnale ribassista che ne deriva (sono preventivabili altri segni meno nel breve), il secondo è che si arriva a questi minimi con un livello visibile di ipervenduto. Ne deriva che in caso di violazione si potrebbe avere un temporaneo approfondimento ribassista poi seguito da un rimbalzo, anche rilevante sempre all’interno della tendenza correttiva.
  • Condizione sine qua non almeno per un rimbalzo è ovviamente che vi sia almeno una sorta di pausa nella salita dei rendimenti, cosa che già si è vista in alcuni frangenti. Si parla di ‘pausa’ perché come mostrato dai dati macro, l’inflazione nella zona Euro continua a mordere e si attesta a livelli record (siamo al 10% in Europa). Negli USA invece i dati macro continuano a mostrare una discreta forza complessiva dell’economia: o meglio, ci sono elementi in decelerazione ma senza una precisa direzionalità.
  • Tra le altre borse si nota un Nasdaq (-3%) che ha toccato, simmetricamente a S&P 500, i minimi di giugno in area 11.000 punti, livello anch’esso a rischio dopo la chiusura. In anticipo nel movimento invece l’Europa, con l’Eurostoxx 50 già su nuovi minimi e che negli ultimi mesi ha pagato il duro momento per le economie del Vecchio Continente. Tra i settori: totale debacle per le Utilities (-7,7%) che finora aveva retto meglio (ma vivono anch’esse ormai difficoltà legate al caro energia) mentre hanno limitato i danni Materials ed Energy, anche grazie a qualche segno più sulle materie prime. Tra i temi di investimento recupero per Miners e Biotech ma la generalità del mercato resta molto debole (nessun ‘tema’ è ora positivo da inizio anno).

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

La tensione che sta dominando il mondo obbligazionario è probabilmente l’epicentro da cui si sviluppano poi le dinamiche sulle altre asset class. Lo conferma quanto occorso ai bond inglesi e alle misure che la Bank of England ha dovuto attuare per evitare un effetto contagio dalle conseguenze poco immaginabili. Una vera e propria emergenza causata dal connubio fatale tra una politica fiscale molto aggressiva (con finalità di rilancio dell’economia) e attuata sostanzialmente con (tanto) nuovo debito. Il problema è che questo avviene in un contesto in cui la Banca centrale è in fase di restringimento della base monetaria, come le altre banche centrali. Anche perché l’inflazione gira intorno al 10%, su valori quindi estremamente alti. Il risultato è stato un sostanzialmente corto circuito, con il ritorno dei ‘bond vigilantes’ sul mercato, a segnalare l’insostenibilità finanziaria dell’intervento. Le valvole di sfogo sono stati il cambio (con il crollo della Sterlina) ma anche dei titoli di stato, specie a lunga scadenza, in una situazione che, ad un certo punto, ha visto coinvolti anche i fondi pensione inglesi, a leva sulle esposizioni sui bond La banca centrale è stata quindi costretta, operando de facto un salvataggio, a mettere mano al portafoglio (acquisti di bond a lungo termine), rinunciando alla vendita programma dei titoli di stato, al fine di evitare ‘rischi sostanziali per la stabilità finanziaria del Regno Unito’. Lo si potrebbe interpretare come una sorta di primo stop tecnico ai propositi bellicosi di una banca centrale: va bene la lotta all’inflazione ma senza causare crisi ancora maggiori. Sarà il segno anche per altre banche centrali in termini di ‘limiti’ nel loro raggio d’azione? La settimana è stata caratterizzata ancora da segni meno rilevanti per i mercati obbligazionari, a partire dal segmento governativo, con le parti ‘lunghe’ delle curve a soffrire in modo molto pesante. Basta osservare come da inizio anno la resa dei bond a lunghissimo termine (10+) registri perdite anche superiori all’azionario (-30%, è il caso sia della zona Euro, sia di quella Dollaro USA). Un’ottava negativa per tutte le aree geografiche e senza neanche tanta distinzione tra meriti di credito diversi, a conferma del movimento generalizzato in corso. Anche se, va evidenziato, sul finire d’ottava, dopo gli interventi correttivi della BoE, si è assistito ad una vera e propria inversione dei tassi. Il Bund, scadenza decennale, dopo i massimi in area 2,35% ha perso oltre 25 bps, mentre il BTP italiano, dopo aver sfiorato quasi il 4,90% ha chiuso la settimana a quota 4,50%. Il corso delle quotazioni visto questa settimana ha rappresentato un possibile picco nello stress del mercato obbligazionario, con l’indice della volatilità su valori

MERCATO DELLE VALUTE

Nell’area Dollaro continuano, lato Fed, le prese di posizione di membri del FOMC verso la necessità di politiche restrittive in ambito tassi. James Bullard ha definito l’inflazione ‘un problema serio’ a cui va data risposta appropriata per non far venir meno la credibilità della stessa Fed. I rischi recessivi sono elevati anche se non è lo scenario base. Di certo l’economia dovrà resistere ad una fase di nuovi rialzi dei tassi, in cui essi potranno rimanere elevati ancora per diverso tempo, al fine di sfiancare definitivamente i rigurgiti inflazionistici. Intanto però, a livello globale, i segnali di caduta dell’attività economica sono abbastanza palesi (lo si vede dai movimenti dei noli mondiali, praticamente in caduta libera).

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

In ambito materie prime, settimana contradditoria per l’asset class dopo i ribassi della scorsa ottava. Segni più, in particolare, per l’energia (petrolio +1%) dopo le notizie circa lo stop alle condotte Nord Stream. Segni più anche per alcune materie prime industriali. Per quanto riguarda i cambi, ritorno di forza per l’Euro (0,98) che limita lo strapotere del super Dollaro. Euro in recupero anche verso Yen e altri cross. Rimbalzo anche per le criptovalute, anche se Bitcoin resta sotto quota 20.000 $.

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]

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