CRONACHE DALLA POLTRONA – Ogni R.OSA, ha le sue spine (ma non si vedono tanto)
Questo spettacolo che fa meritoriamente parte della rassegna La Scena delle Donne a cura della Compagnia Arti e Mestieri di Pordenone ce lo siamo goduto alla grande in quel delizioso contenitore di eventi che è il Capitol a due passi dalla stazione, atmosfera gradevolissima e location assai suggestiva.
Eccoci al punto: siamo pronti a scatenarci con R.OSA? Sì? Bene, perché la coreografa Silvia Gribaudi e la strabiliante Claudia Marsicano sono qui per farci (tra)ballare sulle nostre convinzioni, e magari anche sulle nostre sedie. Sotto la sapiente scrittura/regia iperpop, minimal-postmoderna e appena un po’ paracula della Gribaudi, nota per le sue sfide al canone estetico, in questo “R. OSA _10 esercizi per nuovi virtuosismi” un’anglofona Marsicano diventa la nostra guidona ginnico-spirituale in questo viaggetto di dieci “esercizi per nuovi virtuosismi” a cavallo tra Jane Fonda, PNL, atti psicomagici e commedia dell’arte telefonata.
E non fatevi ingannare dalle apparenze di quest’aria fresca da Zanni/personal trainer esuberante: questo spettacoluccio (che è in giro dal 2017 e ha vinto praticamente tutti i premi internazionali vincibili!) è più esistenzialista che panza e sostanza.
Claudia Marsicano, con la sua sfacciata fisicità oltre il sovrabbondante, nuda in body azzurro (e poi bikinone nero) è bravissima e a volte sembra pronta a spiccare il volo, trasfigurandosi in una specie di dancing living art carnosa e sudante – più Botero che Bolle, per intenderci.
Poi, quando intona “Jolene” di Dolly Parton sembra quasi una siren-balen-mascherona da commedia dell’arte che gioca con la capacità di stare al tempo della platea già completamente e inebetitamente rapita: prima lentezza, poi velocità, poi di nuovo rallentamento… un po’ come quando cerchi di fare all’ammore in un amplesso sudato e allegro.
E mentre in platea il pubblico seduto e straipnotizzato si prepara a godersi lo spettacolo dalla propria posizione comodosa, la Marsicano (sempre e solo in lingua inglese) spariglia e rompe l’illusione: “Exercise number 3. STAND UP!” E il pubblico, di solito freddino e ottuso, questa volta facilissimamente si trova attivamente catapultato in questa specie di ballo di gruppo o di lezione di PowerZumba® alla palestra sotto casa ( l’effetto casalinga disperata è assicurato.)
La nostra obesa performer non è solo un’artista del movimento, ma anche delle parole: con accentuatissimo accento british gioca con termini come “rombo” e “opuscolo”, e con la stessa eleganza di chi si trova a pronunciare per la prima volta il proprio nome davanti a una platea cinese. Ogni gesto è un invito alla risata, ogni smorfia è un omaggio alle mosse base di un Balanzone o di un Arlecchino con corredo d’ordinanza di ironie sulla pretesa che il corpo debba rispondere a certi standard.
E poi c’è la sua interpretazione di “Toxic” di Britney Spears, sguardi maliziosi e smorfie che lèvati, dive del muto scansatevi!
Alla fine, dopo una cinquantina scarsa di minuti, la platea è rapitissima e vive e lotta con noi. Quando poi British/Claudia si lancia in scivolata artistica su un pavimento reso scorrevole dall’acqua appena versata, tipo lap dancer/calcio storico fiorentino, ci lascia tutti a bocca aperta e scrosciano applausi a scena aperta.
R.OSA è di sicuro un invitone a ribaltare le aspettative, a godere della bellezza di un corpo che si muove fuori dagli schemi, e a lasciarsi travolgere dall’energia di una performer che con ironia, autoironia e una dose generosa di talento fa cadere, uno dopo l’altro, tutti i pregiudizi che credevamo di avere. E costa meno di una lezione di Zumba e si esce non troppo sudati e con il sorriso stampato sul faccione. E scusa se è poco.
Pasqualino Suppa