Dopo i rialzi, le borse consolidano; in calo le materie prime, i tassi restano vicini ai massimi

Settimana di consolidamento per i mercati azionari internazionali, reduci da un rally davvero importante da metà marzo. Morsi dalle tensioni che interessano tanto la geopolitica, tanto le dinamiche macroeconomiche e delle banche centrali, gli indici hanno inanellato una serie quasi record di sedute positive, di fatto rasserenando un sentiment che appena qualche settimana fa volgeva decisamente al pessimismo. Le borse hanno allontanato infatti ipotesi di scenari quasi apocalittici legati al conflitto (un allargamento fuori controllo degli eventi bellici) ma anche relative agli spettri recessivi o stagflazionistici che hanno cominciato ad aleggiare nei desk degli operatori finanziari. Tolti di mezzo quindi quegli eventi che avevano portato a drawdown anche consistenti (specie in Europa), i mercati hanno riportato i valori su quotazioni più di sicurezza, probabilmente sorprendendo per l’ampiezza e la velocità del recupero, anche se in realtà i movimenti a “V’’ negli ultimi anni sono diventati una costante più che un’eccezione. Si diceva, messi da parte cigni neri (o anche grigi), le borse hanno mostrato come l’incursione ribassista sia per ora stata sventata, anche se sullo sfondo non sono per nulla cambiati i temi che possono avere un impatto significativo per i prossimi trimestri.

Sul fronte del conflitto russo-ucraino, infatti, le ultime dinamiche mostrano come i colloqui in corso tra le parti assumano quasi l’essenza di un binario parallelo rispetto alla realtà dei fatti. Nel corso della settimana infatti, le prime concessioni di Kiev sulla possibile neutralità (con l’adesione all’UE ma non alla Nato) hanno ringalluzzito le borse, salvo poi scontrarsi con il pragmatismo russo che non sembra recedere dagli obiettivi strategici. Appare probabile che Mosca si siederà seriamente a trattative effettive quando avrà in mano quanto meno i target politico-militari che sta perseguendo, ossia il controllo (e l’annessione) del Donbass, solidificando quindi la connessione tra l’area Sud (Crimea), l’Est ed il resto della Federazione russa. Da parte ucraina si nega la possibilità di un amputazione territoriale, motivo per cui il conflitto va avanti, se pur con modifiche di strategia militare soprattutto da parte russa.

Le borse azionarie, probabilmente, vedendo quindi un esito definitivo del conflitto nel medio termine, sono tornate ad osservare le due dinamiche più importanti nelle valutazioni, ossia gli utili e le scelte di politica monetaria da parte delle banche centrali. E le stime sugli utili 2022/2023 non vedono, al momento, una chiara indicazione di revisione al ribasso: visione ottimistica o una lettura effettiva di una crisi meno grave di quanto percepito? Le stesse volontà restrittive della Fed sono oggetto di un ‘credito’ che i mercati stanno concedendo, ipotizzando per il momento l’assenza di probabilità recessive.

Gli indici, nelle loro configurazioni tecniche, riflettono un quadro di ‘limbo’ tecnico: l’S&P 500 si trova infatti a metà percorso tra i massimi precedenti e i minimi di marzo. L’ottava si è chiusa poco variata (+0,1%) con le resistenze a quota 4.600 a fare come previsto da muro, al pari dei 15.000 per il Nasdaq (+0,7%) e area 4.000 per l’Eurostoxx 50 (+1,3%). Il Vix resta in area 20, ancora su livelli che consentono all’equity una condizione di relativa calma e consolidamento. Tra i settori, indietreggia l’Energy dopo il brusco calo del prezzo del greggio, mentre Staples e Utilities (difensivi) hanno primeggiato. Tra i tematici, bene ancora energie pulite e healthcare.

 

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

Settimana di pesante ritracciamento per le commodities, con il basket generale che cede oltre il 4% e appesantito soprattutto dal calo record del prezzo del petrolio, tornato in area 100 $ al barile (-13%). Deboli anche i metalli preziosi (oro -1,7% a 1.925 $) e una parte dei metalli industriali e delle materie prime agricole. La minore tensione sul fronte dello scontro bellico e l’intervento USA sulle riserve di greggio le cause dei movimenti in corso per le materie prime energetiche.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

 

Nelle ultime settimana le dinamiche dei tassi hanno visto un repentino aumento dei rendimenti sulla quasi generalità delle aree geografiche. Le discese da inizio dell’anno dell’asset class più direttamente coinvolta dalle dinamiche in corso, ossia i governativi, ha raggiunto percentuali che sfiorano la doppia cifra, in quello che si configura, almeno fino ad ora, come un vero e proprio annus horribilis per il reddito fisso. ‘’Colpa’’ di un riallineamento dei tassi a lungo (ma non solo) verso livelli più coerenti con quanto la Federal Reserve è intenzionata a fare in termini di politica monetaria. Una fase decisamente più restrittiva rispetto al 2021, quando l’inflazione veniva ritenuta una situazione ancora transitoria e sembrava poter rientrare in quanto collegate alle dinamiche post-Covid. Considerazioni che già a fine dicembre sembravano in realtà ‘cozzare’ con la realtà dei fatti e poi esacerbati dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, con il rialzo record delle materie prime. La distanza, infatti, tra gli attuali tassi (0,25%-0,50%) e gli ultimi livelli di inflazione registrati negli USA (7,9%) non ha eguali nella storia e rischiano, visto il contesto geopolitico attuale di potersi mantenere sui record visti nei mesi scorsi o addirittura di vedere anche valori più elevati.

Il mercato quota attualmente l’80% di un aumento dello 0,50% dei tassi già a maggio, con la Fed in vera e propria fase di accelerazione nella propria fase di normalizzazione della politica monetaria. Entro Dicembre 2022 gli aumenti previsti sono pari a 8 (da 0,25) e porterebbero implicitamente i tassi al 2% e oltre. In pratica, quei livelli in cui sostavano a luglio 2019, quando la banca centrale americana iniziò un processo di nuova politica accomodante per affrontare una possibile fase di ‘stanca’ dell’economia USA (e poi conclusasi con i tassi nuovamente a 0 con l’arrivo della pandemia Covid). Se questo basterà a calmierare l’inflazione lo si vedrà solo nei prossimi mesi, con lo sfondo un mondo che con la forte contrapposizione tra blocchi appare più frammentato e meno globalizzato. Scenari quindi che è difficile preventivare e su cui è anche difficile ragionare con i (vecchi?) schemi della globalizzazione finanziaria, in cui hanno regnato le politiche dei tassi a zero, la deflazione tecnologica ed il basso valore delle materie prime.

Anche in Europa abbiamo assistito in questa settimana al rilascio di dati che confermano le attuali tensioni sul fronte dei prezzi: in Spagna il valore relativo a marzo si attesta addirittura al 9,8% mentre in Germania il dato è al +7,3%, in entrambi i casi in netto rialzo rispetto ai mesi precedenti e incorporando quindi le conseguenze del conflitto in Ucraina. Crisi energetica, alimentare e di altri materiali di base che non sono solo dati finanziari ma che ovviamente hanno anche ripercussioni sulla crescita, con in prospettiva significativi rallentamenti.

Sui mercati il tasso decennale americano ha toccato un nuovo valore top, al 2,55% (area tecnica obiettivo), ritracciando però poi sul finale (2,38%). Con il titolo a 2 anni al 2,40% e quello trentennale al 2,43%, si deriva una curva dei rendimenti piatta. Foriera di fasi recessive o no (tema del momento) dipenderà in realtà dagli utili aziendali. Intanto però il mercato del lavoro dà ragione alla Fed, con un aumento degli occupati. Nuovi top anche per il Bund e per i BTP pari scadenza (0,70% e 2,20%), che poi hanno chiuso sotto i massimi. In recupero sia il corporate investment grade che l’High Yield, in una fase più distesa dopo le tensioni di gennaio e febbraio.

 

MERCATO DEI CAMBI E CRYPTOS

Sul fronte valutario, settimana favorevole all’Euro verso la generalità delle altre divise. Il cambio Euro-Dollaro USA si è attestato di poco sopra quota 1,10, rimanendo quindi ancora piuttosto stabile. Da segnalare come il cross Euro-Rublo, attivato in area 170 è tornato a quota 90-95, di fatto annullando tutte le perdite dall’inizio del conflitto.

 

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]




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