Gli utili spingono ancora Wall Street; S&P su nuovi massimi, in calo le materie prime

MERCATO AZIONARIO

L’andamento settimanale dei principali indici azionari ha visto un tono positivo per gran parte dell’ottava. L’indice S&P 500 ha continuato la sua tendenza al rialzo, ottenendo proprio in close l’aggancio a quota 4.600 e aumentando quindi il già ottimo saldo mensile di ottobre, dopo un settembre invece turbolento. Il boost delle ultime settimane è certamente frutto di una ulteriore complessiva revisione al rialzo delle stime sugli utili 2021, con i valori attesi dagli analisti su nuovi massimi. Naturale, quindi, che Wall Street abbia ‘adeguato’ le proprie valutazioni riportando in una posizione neutrale anche i multipli di valutazione. La corsa di Wall Street sembra in qualche modo aver ‘digerito’ un contesto generale che ha visto il riproporsi di alcune tematiche già viste durante quest’anno, ossia l’aumento dei tassi di interesse. Certamente, la fase attuale è contraddistinta da un contesto macroeconomico diverso rispetto a febbraio/marzo e maggio/giugno, ossia gli altri due momenti in cui si era avuta una pressione sui rendimenti.

Un contesto macro dove l’inflazione è una presenza stabile e significativa e con una prospettiva di conferma anche per i prossimi trimestri. Il tutto mentre sul lato della crescita, causa variante Delta (ma anche per un naturale calo di momentum nel recupero post Covid), il PIL USA ha mostrato qualche elemento di incertezza, in espansione di appena lo 0,5% nel terzo trimestre dell’anno (sotto le stime degli analisti) e zavorrato anche dalle ripercussioni dei blocchi della produzione per mancanza di materie prime o semilavorati.

Elementi che se a settembre hanno rappresentato un fattore di impatto negativo sui mercati, nelle ultime settimane si è avuto invece un comportamento più tonico delle borse, con gli indici capaci di recuperare i massimi o comunque di avvicinarsi molto. La stagione degli utili è stata complessivamente positiva e tale da compensare i timori di avere un quadro complessivo caratterizzato da bassa crescita e inflazione alta, ossia il ‘quadrante’ peggiore per il comparto azionario. Anche se, tra i big del listino americano, non tutti hanno convinto: bene Alphabet, Microsoft e Tesla mentre Apple e Amazon hanno invece deluso.

Nonostante questo, il Nasdaq 100 è stato l’indice più performante (+3,2%), con valori di nuovo top storico (15.800), grazie ad una gran parte del listino che ha battuto le stime degli analisti. Più cauta l’Europa (+0,9% il Dax, ad esempio) a causa di una composizione settoriale più tradizionale (value). Tra i temi, nuovo ottimo balzo in avanti per alcune nicchie come il Clean Energy, favorito dall’aumento dei costi delle fonti energetiche tradizionali. In leggero aumento il Vix: area 15 si conferma sempre ‘base’ di minimo non violabile al ribasso.

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

In retromarcia l’andamento delle materie prime dopo i guadagni ottenuti nel mese di ottobre. Stornano infatti i metalli industriali (-3%) mentre tengono quelle agricole. Debole anche il petrolio (calo del 1,2% a 83 Dollari a causa dell’aumento delle scorte USA) e in calo anche i preziosi con l’oro (-0,5%) che resta sotto quota 1.800 Dollari l’oncia.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Nell’ambito obbligazionario e della politica monetaria delle banche centrali, il ‘cerchio rosso’ sul calendario è fissato al 3 novembre, quando la Federal Reserve delineerà le proprie mosse per gestire la fase economica e affrontare le dinamiche incombenti di altre variabili macro (inflazione in primis). Il mercato ha da tempo fatto proprio lo scenario dell’annuncio del tapering (la riduzione degli acquisti mensili): il potenziale calendario potrebbe vedere una riduzione pari a 15 miliardi di Dollari al mese, con un azzeramento totale entro giugno 2022.

Questo, naturalmente, con sullo sfondo un’economia che mantenga il trend di crescita, un mercato del lavoro che riesca a centrare gli obiettivi posti e un livello di inflazione in contrazione. L’equilibrio di mercato attuale vede infatti una coesistenza tra la ‘voglia’ di normalizzare della Fed e la crescita di variabili macroeconomiche e fondamentali. Il terzo trimestre debole viene visto come una parentesi, potenzialmente seguito da una ripresa già in quello corrente (anche grazie alla diminuzione dei contagi Covid dal picco di metà settembre) .

Il tutto dovrebbe consentire già nel 2022, dopo la fine del tapering, il primo intervento a livello di tassi di interesse. Certamente uno (come ha fatto intendere la Federal Reserve), ma probabilmente anche due, considerando che il titolo di stato USA a 2 anni ha accelerato fin sopra lo 0,50%. Una Fed quindi posizionata in maniera più prudenziale rispetto al mercato (nella cosiddetta posizione ‘’behind the curve’’): tra gli operatori serpeggia l’idea di un paio di rialzi nella seconda parte del 2022. Un pacchetto (tapering + rialzo tassi) utile ad abbattere ‘il giusto’ le tensioni inflazionistiche (tanto volute negli ultimi anni…) senza compromettere la crescita. Con il ‘worst case’, non prezzato attualmente dal mercato, di una Fed costretta a rincorrere troppo i prezzi e a quel punto azzoppare veramente l’andamento economico.

Sul mercato intanto il decennale americano, dopo il top momentaneo all’1,70%, ha stoppato la sua corsa, riattestandosi su valori inferiori (close a 1,55%). Rifiatano quindi i segmenti dell’obbligazionario governativo: il 2021 resta comunque negativo per tutte le aree geografiche sviluppate e scadenze.

Nella zona Euro le pressioni al rialzo si sono comunque confermate: il Bund decennale ha toccano nuovi massimi nel proprio rendimento (-0,08%) ma il vero rally si è visto nella resa del BTP italiano (top a 1,20%, con un aumento di 20 bps in poche sedute). In ambito corporate investment grade indici in recupero quindi per il segmento USA mentre ritracciano quelli della zona Euro, in conseguenza dei rispettivi movimenti dei free risk. La BCE in settimana non ha modificato la propria view (PEPP almeno fino marzo 2022 senza previsioni di interventi sui tassi), ma il mercato non sembra essere così convinto, ipotizzando invece un comportamento più accodato alla Fed.

Tra gli altri segmenti debole quello inflation (con l’inflazione più giù rispetto ai tassi) mentre recupera terreno l’high yield.

MERCATO DELLE VALUTE

Tra le valute da segnalare il tentativo di recupero dell’Euro rispetto al Dollaro, con i valori che però solo momentaneamente hanno premiato la valuta europea. Il cross infatti in close scende sotto area 1,16. Tra le altre valute, si confermano deboli le valute emergenti (Lira turca in primis). Bitcoin sotto ai massimi ma sempre sopra area 60.000 $.

 

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario, iscritto all’Albo dei consulenti indipendenti. Info ad

www. Pazzagliapartners.it mail : [email protected]




Condividi