FVG – Dalle notizie che arrivano dall’Austria a ridosso dell’attentato di Villaco di sabato scorso, sta emergendo un elemento davvero pericoloso.
Fino a poco tempo fa la radicalizzazione islamica passava per quelle che erano considerate delle moschee critiche.
Sembrerebbe, invece, che ora Internet e qualche social – si è letto di Telegram e Tik Tok – siano diventati piazze libere per predicatori che acquisiscono crescente popolarità e follower. Il E tutto ciò avviene attraverso video e contenuti che vengono diffusi seppur non corrispondenti a quelli che sono i valori occidentali.
Viene spontaneo chiedersi: se queste azioni di radicalizzazione avvengono su piattaforme social a chi va attribuita la responsabilità nel caso queste attività generino azioni delittuose? “Nella Carta di Trieste sull’Intelligenza artificiale – afferma mons. Ettore Malnati, teologo e presidente dello Studium Fidei – abbiamo sollevato il tema della necessità di definire un sistema regolatorio che individui delle responsabilità in caso di decisioni sbagliate e dannose assunte dalla Intelligenza artificiale e dagli algoritmi che determinano le attività online. Una responsabilità che vadano a ricadere sia su progettisti e sviluppatori degli algoritmi, ma anche dai Proprietari e gestori dell’IA o ancora i fornitori di dati”.
“Quanto sta avvenendo su alcune piattaforme online è un grande rischio per le nostre comunità – commenta Andrea Bulgarelli, coordinatore per lo Studium Fidei della Carta di Trieste sull’Intelligenza artificiale – e lo comprendiamo grazie ai media e all’informazione tradizionale, che continuano a testimoniare quanto sia fondamentale il ruolo dei giornalisti in carne ed ossa. Non è dai social che arrivano le notizie vere e verificate, ma dai media”.