Agrusti “Consorzio Ponterosso fa del rispetto ecologico la propria religione”

FVG – Intervenendo al convegno I Consorzi industriali verso la transizione ecologica in corso alla LEF, il Presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti, facendo un parallelo con la distruzione dell’acciaieria Azovstal, ha ricordato come «in Italia abbiamo assistito al bombardamento della seconda più grande acciaieria del Continente, l’Ilva di Taranto, non certo fatto a colpi di cannone ma di carte bollate ad opera di fondamentalisti ambientalisti e di una magistratura militante che più volte si è scontrata con i decreti del Governo che, al contrario voleva tenerla aperta.

Essa forniva tutta l’industria italiana. Esportavamo acciaio di qualità, di cui ora siamo grandi importatori, soprattutto da Mariupol, che non esiste più. E prima che il Governo lo impedisse, abbiamo esportato rottame, una miniera per noi… elementi che fanno riflettere sullo stato del nostro Paese proprio in relazione a quella che il Presidente Fedriga (presente all’incontro e intervenuto prima di Agrusti) definiva sostenibilità a tutto tondo».

Per Agrusti la visione ideologica in Italia è stata più forte che altrove «perché spesso basata su dati ascientifici; è il Paese che prima di altri – ha aggiunto – ha sperimentato la teoria dell’uno vale uno, dove uno scienziato vale come il primo che passa per strada; Confindustria riteneva l’Ilva strategica per lo sviluppo industriale presente e futuro dell’Italia, soprattutto sulla base di uno studio epidemiologico elaborato da Diego Serraino del CRO di Aviano, scienziato di riferimento a livello nazionale che dimostrò in modo inoppugnabile che l’indice delle malattie tumorali nell’area più delicata era identico a quello nazionale. Valevano di più, però, le signore urlanti alla tv che dicevano che quella era la fabbrica della morte… Ed è stata chiusa».

Più vicino a noi l’esempio del Consorzio Industriale Ponterosso «che ha fatto del green la sua religione; nonostante questo, però, per mesi la narrazione dei Comitati è stata che questa era una zona inquinatissima da frequentare non con le mascherine per proteggersi dal Covid, ma con quelle antigas.

Qui, al contrario, la cura dell’ambiente è stata paranoica, abbiamo creato tutte le condizioni perché si potesse produrre in salute e sicurezza perché questo è il nostro obiettivo. Nella consapevolezza che le fabbriche sono fabbriche e le attività umane lasciano sempre una traccia; l’importante è creare un compromesso virtuoso tra la nostra presenza e una difesa sostanziale, ragionevole dell’habitat grazie alle innovazioni che scienza e ricerca applicata ci mettono a disposizione».

La strategia, per il Presidente di Confindustria Alto Adriatico, che ha riferito anche di un recente incontro con il ministro Cingolani da cui è emerso che se in Italia venissero realizzati termovalorizzatori in rapporto alla quantità di rifiuti prodotti si potrebbero produrre 19 miliardi di metri cubi equivalente-gas, è all’evidenza: «Saremo in grado, oggi, anche qui, di dare un esempio sostanziale su come gestire la transizione offrendo gratuitamente energia alle nostre imprese e abbattendo le bollette dei cittadini di questa zona.

Se facessimo qui il fotovoltaico, se facessimo qui cogenerazione, potremmo produrre energia elettrica in grande quantità. Ma dobbiamo tenere in conto che anche qui ci scontreremo col comitatino. Non è un caso che per realizzare la variante di valico sulla A1 ci siano voluti vent’anni. Con annessi e connessi. E poi ci si domanda perché le opere, al di là dell’orografia del Paese, in Italia costino dieci volte di più che farle in Germania e in Francia».

Anche in ragione di ciò Agrusti, rivolgendosi a Fedriga, ha chiesto la realizzazione delle infrastrutture fondamentali «perché – ha concluso – viviamo di risorse scarse e anche quelle del Pnrr, molte delle quali a debito, termineranno. Vanno canalizzate sui tre, quattro assi portanti che ci consentano di guardare al futuro con un moderato ottimismo».




Condividi