Borse in saliscendi, sedute contrastate per le borse continua la pressione sui tassi

Mercato azionario: il sentiment a Wall Street

Settimana corta per Wall Street viste le festività legate al 4 luglio ma ugualmente densa di movimenti, con saliscendi che hanno visto le borse riapprezzare il concetto di volatilità, sebbene su livelli ancora moderati rispetto a quanto visto a metà marzo o nel 2022. Un sussulto, comunque, che rientra in una logica normalità e va di pari passo con qualche fisiologica necessità di prendere fiato dopo la netta tendenza positiva di giugno. Il principale indice USA, l’S&P 500, aveva già ‘tentato’ uno storno nella seconda parte del mese ma in maniera molto rapida le quotazioni avevano recuperato, chiudendo in forte progresso l’intero semestre sulle ali soprattutto dei dati macro USA usciti la settimana scorsa, dove PIL e mercato del lavoro avevano mostrato una tonicità significativa, allontanando le ipotesi di una vicina inversione nei progressi economici e nell’occupazione. La chiusura settimanale dell’indice in ritracciamento a quota 4.400 (-1,1%) lascia ancora diverse strade aperte da un punto di vista tecnico: uno storno più corposo sarebbe probabilmente salutare ma il mercato pare riluttante al momento a concedere più spazio per riallineare le quotazioni.

Il catalizzatore della debolezza settimanale è da rinvenire ancora una volta nel posizionamento attuale e prospettico delle banche centrali, in particolare per la Federal Reserve, che ha fatto ben capire che la pausa di giugno è dipesa forse da contingenze temporali ma che ben poco è cambiato nello spirito che pervade l’azione del FOMC. Passato la riunione di giugno, non c’è stata settimana dove qualche esponente della Fed non abbia fatto dichiarazioni in senso continuativo della politica monetaria: un posizionamento che si è fatto particolarmente ostico da digerire nelle ultime sedute della settimana, con gli indici messi ko dal rilascio dei dati sull’occupazione USA ed il boom dei nuovi occupati. Il sentiment sfidante dei mercati è stato messo sotto pressione, con gli investitori a questo punto consapevoli dei rischi a catena che da quel dato possono arrivare, ossia più consumi, più inflazione e quindi tassi più alti. Il movimento, infatti, è stato generalizzato e quindi intermarket, con rialzi dei tassi e temporaneo upside del Dollaro.

Mercato azionario: altre borse e settori

Chi ha pagato più pegno dalla debolezza generalizzata non è però l’indice gemello dell’S&P 500, ossia il tecnologico Nasdaq ma piuttosto l’Europa, che chiude la settimana con un passivo decisamente più pesante (-3,6%). Oltre alle dinamiche settoriali, che hanno visto penalizzati comparti della Old Economy come energetici, materiali di base e ciclici, pesa anche un ribilanciamento nelle scelte di investimento geografiche, con gli USA che, visti i dati economici, tornano ad essere preferiti dagli investitori. Se gli USA possono contare su un comparto servizi molto tonico, in Europa è la manifattura a proporre dei dati piuttosto grigi che confermano la perdita di slancio presente fino a qualche mese fa. Da qui la perdita di forza relativa e ora una performance ytd tornata sotto quella di Wall Street (FTSE Mib escluso). Tornando agli USA, il Nasdaq ritraccia leggermente (-0,9%) ma con le grandi capitalizzazioni ancora in discreta salute. Debole anche il Giappone (-2,4%), anch’esso bisognoso di prendere fiato dopo un primo semestre tonico mentre gli emergenti hanno visto toni misti ma con tendenze confermate: bene l’India e ancora male la Cina (con il sell sulle banche cinesi da parte di Goldman).

Trend dati macro e fondamentali

L’ADP survey di giugno ( Automatic Data Processing stima l’andamento dell’occupazione del settore privato) è stato il dato più importante della settimana, un market mover capace di provocare ripercussioni sia sugli indici azionari che sui tassi. Il valore uscito, quasi 500.000 nuovi occupati in più nel settore privato, è più che doppio rispetto alle attese e lascia l’idea che solo con l’indebolimento del settore servizi si avrà qualche significativo effetto sull’intero mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione USA resta su livelli vicini ai minimi storici, al 3,6% e va anche rimarcato come in questa non sempre vi sia un quadro di indicatori macro tutti coerenti (si veda i non-farm payrolls di venerdì; variazione nel numero dei salariati nel corso dell’ultimo mese, non certo scoppiettanti come i dati di ADP) ma che i tendenziali sono quelli sopra sintetizzati. Mentre è abbastanza univoca l’idea che gli USA possano permettersi una politica monetaria più restrittiva proprio per la minore dipendenza dal settore manifatturiero. Intanto dalla prossima settimana inizierà una nuova stagione di trimestrali, con finanziari e food & beverage a cominciare le danze. Vedremo se come per il primo trimestre ci sarà quell’effetto sorpresa capace di sostenere il corso dei prezzi e quale sarà il mood degli outlook rilasciati per i prossimi trimestri.

Obbligazionario: la posizione delle banche centrali

Le minute della Fed relative alla riunione di metà giugno rivelano come una parte dei membri del FOMC fosse propensa a continuare la serie di rialzi, senza adottare quindi momenti di pausa. Anche Powell, dalla riunione delle banche centrali di Sintra, aveva sostanzialmente confermato come la Fed non avesse dimenticato, purtroppo per gli investitori, il suo mantra principale, ossia quello di riportare l’inflazione, entro un ragionevole lasso di tempo ma non troppo lungo, vicino all’obiettivo del 2%. Certo, il FOMC ravvisa che non c’è l’urgenza di avere un ritmo serrato (leggasi, 0,25% alla volta), in modo da poter calibrare l’intensità e la lunghezza del movimento osservando l’evoluzione dei dati nel tempo. I mercati hanno digerito la cosa con qualche malumore in ambito azionario, mentre in ambito bond è stato più impattante, perché gli investitori si sono spesso illusi di una sorta di bluff della Fed: non è passato poi molto tempo da quando si stimavano tagli dei tassi entro la fine 2023, ipotesi cancellate (almeno al momento) dalle dinamiche macro dell’ultimo mese. Il rialzo per il prossimo mese di luglio è dato presso che per certo (89%) mentre il secondo intervento verso novembre per un 42%. Non sono i due o tre rialzi messi in cantiere dalla Fed ma certamente c’è tempo per trovare una ‘convergenza’ fino ad oggi avvenuta in modo univoco (ossia verso i desiderata della banca centrale). I tagli ci sarebbero sono nel primo trimestre del 2024. Lato BCE le cose sono rimaste più stabili, visto che sono due i rialzi attesi, luglio + settembre/ottobre, con l’inversione della politica monetaria solo a 2024 inoltrato. Una nota anche sulla Bank of England, visto che se ne parla poco: tassi attesi a fine 2023 al 6,25% e siamo al 5%, insomma, c’è chi è messo decisamente peggio.

Materie prime

Piccolo rimbalzo per il paniere di materie prime grazie al buon andamento del comparto energy, anche se limitatamente al greggio (+4,6% a quasi 74$) mentre il gas è caduto di oltre l’8%. Le dinamiche macro aiutano il WTI a recuperare posizioni dopo aver testato la parte bassa del range di variazione in cui è ingabbiato da molti mesi. Positivi anche i metalli preziosi con l’oro in moderato rialzo (+0,3% a 1.925$) e con l’argento più tonico. Positive anche le ‘softs’ mentre i metalli industriali non seguono la tendenza generale e confermano il loro stato di precaria direzionalità, non aiutata certo dalle dinamiche dell’economia cinese.

Valute

In ambito forex, saldo finale positivo per il cambio Euro-Dollaro USA, che chiude a ridosso di quota 1,10 (+0,5%). L’ottava però è stata condizionata da prese di posizione delle banche centrali e dal rilascio dei dati macro: fino a giovedì, il Dollaro ha tratto beneficio di quanto i mercati hanno sentito dai banchieri centrali, prospettando interventi più corposi da parte della Fed, elemento che ha portato il cross in area 1,085. I dati di venerdì sul mercato del lavoro USA (che hanno calmierato anche i tassi) hanno invertito completamente la tendenza facendo chiudere il cambio sui massimi settimanali. Le aspettative sui tassi inglesi aiutano la Sterlina mentre lo Yen dopo la debacle delle settimane scorse mette a segno un piccolo rimbalzo dopo le voci di intervento da parte della Bank of Japan. Intrappolato tra 30.000 e 31.000 il Bitcoin (-0,4%), che attende ancora catalizzatore per proseguire il proprio trend rialzista di inizio anno. Deboli, infine, molte valute emergenti, Rublo, Fiorino ungherese, Real brasiliano e Lira turca.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzaglipartners.it




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