L’analisi intermarket ci mette davanti una settimana interessante visti i movimenti nelle diverse asset class, con qualche tocco di novità in alcuni segmenti e soprattutto con gli eventi catalizzatori della riunione della Federal Reserve di mercoledì, i dati macro usciti e le trimestrali delle grandi capitalizzazioni (soprattutto tech) rilasciate nelle ultime sedute. Un Powell cattivo ma non cattivissimo ha in parte forse deluso chi sperava in una ripetizione di quanto avvenuto nella riunione di dicembre e immaginava già una dichiarazione di imminente taglio dei tassi di interesse. No, la Fed si prende tempo per decidere e ripristina la data-dependency che è stato il mantra di tutto il 2023. Forse, questo si può dire, c’è un tono più conciliante e possibilista: il FOMC è compatto nel pensare a tagli nel corso del 2024, ma i tempi non sono fissati e neanche a brevissimo termine, visto il corso ancora tonico dell’economia USA.
Questo non ha però tarpato troppo un po’ le ali a nuovi incrementi verso l’alto dell’azionario MSCI World chiude la settimana con più 1%, S&P 500 chiude con un progresso dello 1,4% mentre il Nasdaq dell’1,3%. Le borse in settimana hanno dovuto fare i conti con le trimestrali USA, altro termometro (forse anche più efficace) della tonicità della crescita economica. Il quadro è qui stato misto: male Alphabet, così così Apple e Microsoft, molto bene invece Meta (da record) e Amazon. Le cose non è così sconvolgente: il mercato si aspetta già molto da queste stocks e battere le attese non sempre è semplice. Non si intravvede però un sentiero degli utili che sia così differente da quello già ‘programmato’ nelle stime. I dati macro in gran spolvero hanno svolto comunque il loro ruolo a sostegno delle borse.
Qualche novità ed elemento in più sul piano obbligazionario: in un primo momento, un Powell più rigido ha fatto pensare a possibili movimenti dei rendimenti verso l’altro, in realtà altri elementi di contorno sono stati capaci di rendere volatile l’andamento settimanale. Infatti, le nuove tensioni sul fronte bancario USA (ma non solo, a quanto pare) si sono ripresentate, in termini di svalutazioni nei bilanci causa crediti deteriorati sull’immobiliare (è il caso di New York Bancorp), facendo scendere i rendimenti con gli investitori in cerca di sicurezza. Il programma di sostegno della Fed è ancora attivo ma evidentemente quello della solidità bancaria rimane un tema da monitorare, per la Fed e per gli investitori, che hanno ragionato su un possibile fly to quality. Il tutto, però, è stato compensato, con un parziale ritorno verso l’alto dei rendimenti, nella giornata di venerdì, quando i dati macro USA hanno di nuovo ripresentato elementi molto forti sul mercato del lavoro (e probabilmente, anche sul fronte inflazione da stipendi in crescita).
Mix di dati per Eurozona e Stati Uniti, che presentano un bilancio positivo per entrambe le aree. Il PIL dell’Eurozona per il 4Q 2023 è uscito sopra le attese (+0,1% vs 0%), magra consolazione visto che la risultanza è di una stagnazione. Stesso discorso per l’Italia, che presenta anche valori di inflazione ancora in moderazione, al pari di tutta l’Eurozona. Si spera che il traino globale della crescita possa riverberarsi anche nel Vecchio Continente. Intanto comunque il downside temuto non c’è e forse è già un risultato accettabile, visto che la geopolitica, si è visto, pesa più di qua che dall’altra parte dell’Oceano. Lato Stati Uniti, invece, tornano a salire i ‘nuovi lavori’ (JOLTS), elemento che certifica uno stato stabile (ma buono) dell’occupazione assieme alle buste paga, uscite molto oltre le attese (e disoccupazione in calo al 3,7%). La recessione tanto temuta non appare così vicina. L’incremento degli stipendi invece pone qualche interrogativo sull’effettivo trend discendente dell’inflazione nei prossimi mesi. Da non sottovalutare il dato della produttività, che rimane a supporto di una tonicità dell’economia USA soprattutto sul fronte degli utili aziendali. Tra le altre aree regionali, ancora positivo il Nikkei (+1,1%) e sempre best performer da inizio anno mentre l’Asia ha tirato ancora con l’India (e la Corea) mentre gli indici cinesi sono ripiombati nel downtrend a cui ci avevano abituati.
Volatile l’oro (close a 2.040, +1%): prima in volo anche oltre quota 2.060 sulla scia dell’aumento del rischio sistemico negli USA per via della situazione bancaria ma poi affondato dopo i dati macro USA che hanno allontanato le possibilità di taglio tassi già dal prossimo meeting di marzo.
Altra settimana di forza per il Dollaro USA, che capitalizza i dati macro usciti, per cui vediamo ora un cross nuovamente in calo (close a 1,079). Anche in questo caso, come per altre asset class, la settimana è stata duplice: prima una salita del cambio per le notizie sulle banche regionali USA e poi il movimento di caduta libera del cross nella giornata di venerdì.
Azionario, quindi, nel complesso ancora positivo (e con saliscendi infrasettimanali), obbligazionario in leggero recupero, ma volatile e sotto i massimi di settimana. Una danza delle quotazioni seguita anche da oro e cambio Euro Dollaro.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it