La settimana appena trascorsa si è chiusa complessivamente positiva per l’azionario, nonostante sulla stampa sia stata data molto enfasi per il posizionamento record dei Fondi Hedge su aspettative al ribasso. L’indice Globale MSCI World chiude ad +1.30% a significare che tutte le aree geografiche si sono mosse più o meno positivamente. Tra i migliori rimangono ancora Europa e Giappone con +1,90% e un 2,00%, rispetto a Wall Street.
Per quanto riguarda i dati macroeconomici usciti in settimana, sulla scia del rallentamento del mercato del lavoro americano anche il dato delle vendite al dettaglio americano, un dato molto sensibile, rimane sotto le attese con un -1,0% rispetto ad un -0,5% previsto dagli analisti. Forte invece il dato sulla produzione industriale dell’area euro con un + 1,5% rispetto ad un 1,0% precedente.
Ma allora perché questo ottimismo sul mercato? I più lo fanno dipendere dal dato dell’inflazione a stelle e strisce in moderazione +5,0% rispetto al 5,1% . L’inflazione Usa si attesta a marzo al 5% un livello che non si vedeva da due anni. Un dato però da leggere in chiaro scuro visto che le componenti core, ossia quelle che escludono energia e alimentari, salgono rispettivamente dal 5,5% al 5,6%. Segno che le pressioni sui prezzi non si sono del tutto allentate e che quindi ci si possa aspettare ancora un rialzo dei tassi da parte della Fed entro l’anno; si dà già per certo che che ci sia una stretta di 25 punti base dall’attuale livello del 4,75%-5% al prossimo vertice della Fed del 2 e 3 maggio. Questa prospettiva si è ulteriormente rafforzata dalle notizie provenienti dal mercato delle materie prime con l’andamento del petrolio che continua a salire e che sembra orientato a stabilizzarsi intorno agli 85 dollari al barile a lungo, frutto di politiche di riduzione di offerta da parte dell’Opec+ e di ripristino delle scorte da parte dell’America.
Le incognite, quindi, non mancano su dove il mercato si posizionerà tra equity e bond. Quello che si può fare in primis è non contrappore in modo distinto le due asset class ma avere punti di vista diversi. In secondo luogo trovare conferme nell’andamento delle notizie proveniente dall’economie reale. Siamo infatti alla vigilia della stagione delle trimestrali americane anzi ci sono già state le prime uscite tra le tre Big del settore bancario americano, J.P Morgan, Blackrock e Citigroup. Tutte hanno sorpreso battendo le attese, dimostrando che le grandi aziende quotate riescono spesso a gestire dinamiche negative, come è stata a marzo la crisi bancaria Usa. A proposito sembra che questa sia stata accantonata per ora dalla Fed che “tira dritto” per il momento, come a dire “se ci saranno degli effetti sul credito li prenderemo in considerazione eventualmente più avanti”.
Diamo allora un po’ di numeri! L’S&P 500 (+0,80%) consolida la conquista dei, 4.100 punti, continuando quello zig-zag che è in corso dal giugno dello scorso anno, con l’ampissimo range ancora valido tra 3.600 e 4.200 punti. Temporalmente in mezzo troviamo i minimi di ottobre (sintesi, tra scenari di tassi in salita e timori recessivi) mentre negli ultimi 4 mesi l’indice americano è riuscito ad assorbire prima il rinnovo ed il persistere dei propositi restrittivi delle banche centrale e poi il temporale legato alle banche regionali americane e alla caduta di Credit Suisse in Europa: tutto sommato una dimostrazione di discreta forza residua sulle gambe degli indici. È rimasto un po’ più sulle sue il Nasdaq 100 ( +0,10%) alle prese con quota 13.000 ma che a parte una svogliatezza pre e post pasquale, mantiene immutata la sua buona tonicità di breve, confermando i propositi di rivincita espressi già ad inizio anno dopo un 2022 particolarmente negativo. In termini fattoriali e settoriali, infatti, il Value ritrova spinta grazie ai contributi di Industriali, Materiali e Financials.
Mercato Obbligazionario
In tema di obbligazionario, sono tornati a intensificarsi le probabilità, alla luce delle nuova lettura sui prezzi, di un intervento restrittivo della Fed ad inizio di maggio. Focus rimane quindi quello di riportare l’inflazione entro i livelli decisamente più bassi rispetto a quelli attuali, anche se questo dovesse significare un ulteriore indebolimento delle piccole banche ragionali americane. La Fed dovrà trovare quindi la quadra tra centrare l’obiettivo di un inflazione sotto controllo e preservare il settore bancario nazionale, ricordandosi sempre che sullo sfondo ci sono le elezioni presidenziali del 2024. In Europa invece, dove i dati macro sono più brillanti rispetto agli USA, il percorso dei rialzi pare in ritardo rispetto a quello della Fed: 0,75% ancora di aumento entro settembre 2023, e poi si vedrà.
Anche in ambito bond quindi, le scosse di metà marzo e legate alle banche sembrano in riassorbimento, soprattutto sulle scadenze a breve. Il 2 anni tedesco viaggia nuovamente verso il 3% (era al 3,40% pre Credit Suisse ma era anche precipitato al 2,20%), il 2 anni italiano rivede area 3,40% (massimo precedente al 3,75% e minimi a marzo al 2,.80%): una volatilità notevole per dei titoli così a breve. Sui tassi a lungo c’è molta più moderazione ma ugualmente con un repricing verso l’alto: a 10 anni troviamo infatti il Treasury al 3,51 % ed il Bund al 2,44%, con il risultato di avere Governativi e Corporate Investment grade deboli e invece asset class più rischiose (High Yield, Emergenti) che riescono a recuperare posizioni.
Mercato delle materie prime
In ambito materie prime, segno più marginale del paniere generale ( + 1,5%) grazie ancora al rialzo del prezzo del petrolio, che guadagna un altro 2,3% e accompagnato dal +5% del gas, questo indice è però da monitorare per via della tenuta dei supporti, molto vicini. Positivi, inoltre, tutti i metalli industriali supportati dalla ripresa cinese in corso. L’oro ha avuto come sappiamo forte slancio dal calo del Dollaro, ora ci sono importanti resistenze statiche davanti che potrebbero rispingerlo indietro, il trend rimane positivo.
Mercato delle valute
Sul forex, l’Euro sta tentando il breakout di quota 1,10 se i dati di inflazione avevano dato spinta al cross, sul finale di settimana il trend si è moderato, rimanendo impostato ancora al rialzo. È però sulle cripto dove il contesto macro ha più effetto con Bitcoin oltre 30k ed Ethereum sopra 2k.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it