MERCATO AZIONARIO
- Settimana di borsa di debolezza per i mercati internazionali che iniziano l’anno con il segno meno: l’indice MSCI World scende infatti di oltre l’1,5%, allontanandosi dai massimi assoluti fatti registrare tra la fine del 2021 ed il nuovo anno.
- Il mercato americano è quello che mostra le flessioni più importanti, per tutti gli indici principali: l’indice guida S&P 500 scende dell’-1,8%, ma fanno peggio i titoli tech (Nasdaq -4,4%) e le capitalizzazioni minori (Russell Midcap -2,9%). L’S&P 500, dopo qualche seduta di stazionamento nell’area dei nuovi massimi (quota 4.800) ha corretto nel breve, chiudendo vicino ai minimi d’ottava (4.677). Più marcato il tonfo del Nasdaq che dal top di fine 2021 vede una distanza del 6%, amplificando la negatività presente sui mercati.
- La debolezza dei mercati americani è da ricollegarsi primariamente agli effetti intermarket sia dello strappo al rialzo dei rendimenti sui titoli di stato americani, sia della pubblicazione dei verbali dell’ultimo meeting Fed di dicembre, dove la strategia della banca centrale americana è apparsa molto più restrittiva di quello che si attendeva il mercato. La Fed, infatti, programma interventi sul costo del denaro già nella prima parte del 2022, accelerando quindi sulla normalizzazione della politica monetaria.
- L’effetto sulle borse è stato quindi significativo, in particolare sugli indici maggiormente esposti ai settori ad alta crescita, dove i multipli di valutazione sono più elevati, scontando gli utili futuri su un orizzonte temporale più ampio. Il MSCI World Growth scende infatti di oltre il 4% mentre i titoli Value globali si apprezzano dell’1,3%: tuttavia, per la particolare composizione di molti indici dove molti titoli tech si sono fortemente apprezzati, l’effetto complessivo è stato quello di un indebolimento di molte borse e indici. Tra i settori, forte progresso per l’Energy (+8%) e Banche (+7%), vendite diffuse per Health Care e Tech (tra il -4%/-5%). Tra i tematici: debacle per le nicchie dei tecnologici con pochissime eccezioni.
- Tra le altre borse: più resistente l’Europa (meno esposta sui tech) mentre sugli emergenti il risultato finale è negativo (-0,5%) per effetto delle discese di Russia e Brasile e della stazionarietà dell’Hang Seng cinese, che resta vicino ai minimi.
- Il Vix rivede quota 20 confermando la fase di volatilità che può ancora interessare le borse nelle prossime settimane.
MERCATO DELLE MATERIE PRIME
Positiva l’asset class delle commodities (+2,1%), frutto del rally delle materie prime energetiche. +5% per Brent e WTI Crude Oil, con quest’ultimo tornato vicino agli 80$ a barile dopo il calo congiunturale delle scorte. Deboli i metalli preziosi: l’aumento dei tassi reali deprime l’oro (-1,8%) che torna sotto quota 1.800 $ l’oncia.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
- Per quanto concerne l’asset class obbligazionaria, l’attenzione degli investitori è stata naturalmente focalizzata sulle novità in termini di politica monetaria da parte della Federal Reserve, con una particolare attenzione ai verbali dell’ultimo meeting tenutosi a metà dicembre. L’impostazione della banca centrale americana si è rilevata più restrittiva rispetto alle attese di mercato, sia in termini di misure da attuare, sia per quanto riguarda le tempistiche, anche se la stessa Fed parla di scelte ‘meno accomodanti’ e non di un atteggiamento esplicitamente ‘hawkish’. In ogni caso, tanto è bastato per movimenti intermarket di un certo rilievo, con i mercati che hanno attentamente valutato quanto prospettato per il 2022.
- Dai verbali Fed emerge la previsione di tre rialzi dei tassi nel corso del 2022 (ma i mercati ne temono anche uno in più) ma soprattutto una accelerazione dei prossimi step. A marzo potrebbe infatti concludersi il tapering ed il mercato potrebbe dover digerire anche il primo rialzo tassi: stride ovviamente il cambio di view rispetto a qualche mese fa dove l’aumento del costo del denaro veniva visto solo nella seconda parte dell’anno. L’elemento più di rilievo è anche la volontà di ridurre il bilancio della stessa Fed, che ha raggiunto livelli record durante la pandemia. Un drenaggio che invertirebbe la tendenza di espansione degli ultimi anni. Il tutto per domare gli alti livelli di inflazione registrati negli ultimi mesi (i dati recenti hanno visto valori record sia sui prezzi al consumo che su quelli alla produzione) ma anche per individuare la finestra temporale dove adeguare la politica monetaria ad una realtà economica più stabile, capace di autosostenersi senza i livelli di stimolo precedenti.
- Al pari dell’azionario, anche sull’obbligazionario si è avuto un effetto negativo, con il netto ripiegamento dei titoli governativi a causa del netto aumento dei rendimenti. Il Treasury USA a 10 anni ha ritoccato i massimi del 2021 in area 1,70%-1,75% (+25 bps in una sola settimana), minacciando altri upside. Il trentennale USA invece ha varcato di nuovo area 2%. In Europa, il Bund 10Y ha superato i massimi del 2021, attestandosi appena sotto lo 0% ma il forte upside dei rendimenti ha interessato anche l’area periferica, con il BTP a 10 anni in volata ai top da agosto 2020 (yield all’1,30%).
- Tra gli altri segmenti, in calo anche gli inflation linked, danneggiati anche dalla risalita dei tassi reali (in USA giunti al 0,76%). Calo anche per il corporate IG e per l’High Yield US, che ha sofferto in correlazione all’equity.
MERCATO DELLE VALUTE E CRYPTOS
- Per quanto riguarda l’ambito forex: il cross Euro Dollaro rimane in area 1,13, in una tendenza presso che stabile da diverse settimane dopo il raggiungimento di area 1,12-1,13. Dopo le parole della Fed, soffre tutto l’ambiente cripto: il Bitcoin torna sui minimi del flash crash di dicembre a quota 41.000/42.000.
Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]