Le Borse consolidano, Mercati prudenti prima delle banche centrali, anche i tassi poco mossi
Intermarket
Con la seduta di giovedì, l’indice S&P 500 ha toccato il +20% dai minimi dello scorso ottobre e non potevano mancare i titoli dei giornali a sottolineare come questo possa rappresentare una sorta di “via libera” dopo un prolungato periodo di delusioni per gli investitori. Naturalmente, questa è solo materiale di consumo per i titolisti e per i giornalisti finanziari, non avendo alcun valore dal punto di vista tecnico. Il futuro, nel mondo finanziario, resta infatti per definizione non prevedibile, se non per chi profetizza ciclici disastri o, dall’altro lato, immagina crescite infinite delle quotazioni. A parere di scrive, un approccio più pragmatico è quello di osservare i dati di breve, medio e lungo periodo, fondamentali e tecnici, tenendo conto che i mercati quotano correttamente ogni giorno (sulla base di quei dati) e, contemporaneamente, sbagliano ogni giorno, perché cambiano le aspettative e le decisioni degli operatori in un mondo ormai finanziariamente globalizzato. È sufficiente vedere cosa si aspettava il mercato nel 2020 o ad inizio 2022 e di come siano cambiate le percezioni degli investitori. L’attuale fase rialzista dei mercati non è da meno, sorprende i più e appare scarsamente credibile quando si fa una lista di cosa può far deragliare il corso delle borse. Tassi e inflazione ancora alta, pericolo di una discesa gli utili, tensioni tra macro aree regionali, la serie è lunga.
Ma come spesso sottolineato, non è importante ciò che succede ma quanto differisce da quanto atteso e già incorporato nelle aspettative. Così come appare quasi incredibile poter vedere l’indicatore della volatilità crollare sotto quota 14 (c’era a giugno 2021!) e questo è un doppio segnale. Da una parte ci dice che i mercati sono abbastanza tranquilli, dall’altro che ci dobbiamo aspettarci ogni tanto cicliche riprese di volatilità sul breve. E proprio sul breve, le borse consolidano i guadagni delle ultime settimane e restano vicine ai massimi di periodo, avvicinandosi ad un’altra settimana importante, con le riunioni delle banche centrali ormai imminenti. Il mercato si è accomodato quindi in attesa, ritarando leggermente i prezzi dei bond dopo i dati macro usciti e le decisioni a sorpresa sui tassi da parte di Bank of Australia e Bank of Canada, ma rimanendo comunque ancora nel solco dell’ultimo mantra: l’economia va ancora abbastanza bene, quindi, le banche centrali non si affretteranno a tagliare i tassi. Di nuovo, un po’ di ritrovata forza per le materie prime ed il tentativo dell’Euro di recuperare qualche posizione sul Dollaro.
Contesto macro e fondamentali
I dati macro usciti in settimana hanno portato qualche movimento infrasettimanale anche se il quadro generale non sembra mutare particolarmente. I movimenti intermarket hanno evidenziato che la zona Euro è tecnicamente in fase recessiva, dopo un doppio -0,1% nel quarto trimestre 2022 e nel primo dell’anno in corso. La ‘colpa’ è della Germania, in difficoltà nella produzione industriale, con Italia, Spagna e Francia non capaci di compensare il rallentamento tedesco. I dati poco lusinghieri per l’Eurozona fanno il paio anche con un rallentamento sui consumi mentre il mercato del lavoro è migliorato e resta resistente (6,5% a marzo, il miglior dato dalla creazione dell’Euro). Le attese restano di una crescita modesta nel 2023 e 2024 (+0,9% e +1,5%). Negli USA i sussidi di disoccupazione sono saliti più delle attese, in contrasto con i dati degli occupati di venerdì scorso, ma il dato richiede conferme essendo piuttosto volatile. Di fatto, sia per Eurozona che per USA, i dati aziendali appaiono ancora ben supportati.
obbligazionario: banche centrali e tassi
Con i governatori della Fed silenziati nel parlare visto la riunione ormai imminente, è il mercato che cerca di farsi un’idea di quello che potrebbe accadere nella testa di Jerome Powell. Poche ma in essere (30%), secondo il consensus, le possibilità di vedere un aumento dei tassi a giugno: in caso di ˜salto”, comunque, gli investitori mettono in conto che potrebbe accadere nella riunione successiva di luglio, toccando quindi un range del costo del denaro tra 5,25%-5,50%. La retromarcia verrebbe invece azionata solo nell’ultimo scampolo del 2023 anche se diventa sempre più probabile che questo diventi inizio 2024. Nonostante i dati macro, invece, nella zona Euro gli alti livelli di inflazione non permettono alla BCE di mostrarsi possibilista, nemmeno per uno stop & go in stile Fed. Due sono infatti i rialzi attesi entro i prossimi 2/3 meeting, portando quindi il tasso di sconto fino al 4,25% e quello sui depositi al 3,75%. Quello che non fa la politica monetaria evidentemente spetta alla politica fiscale dei vari governi, se possibile.
Al di là queste previsioni, sono forse di più i rendimenti sulla curva a dare qualche elemento di ragionamento in più. I decennali, dopo la discesa della scorsa settimana, sono tornati moderatamente a salire e si è rivista area 3,80% sul 10Y americano. Il trigger point monitorato per il mondo obbligazionario, quello della linea Maginot del 4% sul trentennale USA, resta per il momento illesa, anche se potenzialmente ancora a rischio. In leggera risalita anche il governativo 2Y (area 4,60%) mentre nella zona Euro i dati macro usciti hanno calmierato i propositi emulativi al rialzo, con il decennale tedesco al 2,37% e quello italiano al 4,11% (dopo una sparata al 4,32%). Ne risulta quindi un obbligazionario spento nella tendenza generale, ancora condizionato da forze che per ora non fanno che bilanciarsi reciprocamente (banche centrali e prospettive economiche).
Materie prime e valute
In ambito materie prime, il paniere riesce finalmente a recuperare qualche posizione, con l’indice generale in progresso di circa l’1,60%. Un rimbalzo che è tardato ad arrivare e che aveva visto flettere nelle scorse settimane sia materie prime energetiche che industriali. La mancata ripresa cinese (con la banca centrale locale che è corsa ai ripari con un taglio dei tassi sui depositi a vista) ha colpito in maniera severa il comparto, assieme ad un contesto meno teso sul fronte prezzi dopo il boom dello scorso anno. Bene l’oro (+0,7% a 1.960) che tiene la sua struttura rialzista e l’argento (+2,9%) ma rimbalzi anche per gas e materie prime agricole, dopo il ritorno di percezioni inflazionistiche.
Mercato delle valute e cryptos
Sui cambi il cross Euro Dollaro sta abbozzando una figura di rebound dai minimi in area 1,065 ma ancora in forza acerba, dipenderà molto ovviamente dai toni che utilizzeranno le banche centrali nelle prossime riunioni. Da segnalare il pericoloso deterioramento della Lira turca post elezioni, con un calo dell’11% in una sola settimana (ytd -26%). Bitocin che rimane sempre sotto la resistenza di breve a 30.000 $ chiude in settimana in negativa con una performance del -2,70%.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it