PORDENONE – Ospitiamo questa riflessione di Mauro Capozzella, ex consigliere regionale e coordinatore provinciale M5S.
“Stili di vita e consumi sostenibili, greenjobs incluso, sono di destra o di sinistra? La questione nasce in America nel 2016 con la “creazione” del consumatore etico. Una figura nuova fino ad allora che via via negli anni ha assunto una sua precisa identificazione. Fino a comprendere tutto quello che attiene alla green economy che si declina e prende corpo con i greenjobs, ossia i lavori verdi, professioni legate alla sostenibilità, al benessere e alla tutela del pianeta.
Lavori del futuro, viene detto, che sono una punta di diamante per la cosiddetta “fuga dei cervelli” che portano all’estero della nostra nazione – oltre 550mila giovani ogni anno – a tutto beneficio di altri Paesi. Compresi gli oltre 1500 all’anno di giovani che lasciano, ad esempio, il Friuli Venezia Giulia. La green economy diventa pertanto un punto irrinunciabile per il contesto dello sviluppo sostenibile in un nuovo concetto di lavori in equilibrio con l’ambiente circostante.
E’ la cosiddetta transizione verde che ha dato vita a riforme e incentivi per la tutela del pianeta. Una strada che prevede nel periodo 2021-2025 un fabbisogno di competenze green fra i 2,2 e i 2,4 miliardi di lavoratori nel mondo di cui il 63 per cento nella pubblica amministrazione secondo dati di Unioncamere. Tra le professioni più richieste, tutte mirate al risparmio energetico, sono numerose: energy manager, mobility manager e manager della sostenibilità.
Figure che dovranno gestire uno sviluppo importante per il nostro paese che stima un valore della economia ambientale da 135 miliardi di euro di 15 anni fa a oltre 289 miliardi con una incidenza sul Pil del 2,1 per cento rispetto all’1,4 per cento di quindici anni fa. Tuttavia se il livello di spesa dell’economia italiana per la protezione dell’ambiente si attesta sui 46,6 miliardi di euro, in Friuli Venezia Giulia assistiamo a un posizionamento ancora lontano da un vero e proprio sviluppo e tendenza progressiva.
Infatti, la nostra regione non compare fra le prime venti province italiane per valore assoluto delle imprese che hanno effettuato eco-investimenti nel periodo 2029-2022 o investimenti nel 2023 su prodotti e tecnologie green (dati Symbola 2024; prima provincia è Milano, ventesima Modena).
Non va meglio nella graduatoria regionale che vede il Friuli Venezia Giulia al 16 posto su 20 regioni per la numerosità di imprese che hanno effettuato eco-investimenti sempre dal 2029 al 2022 (sempre fonte Unioncamere) e siamo solo 13esimi nella graduatoria regionale secondo la numerosità assoluta di contratti relativi al greenjobs la cui attivazione è prevista nel 2023 con 40.670 contratti, prima regione è la Lombardia con 440mila contratti. Un sistema economico funziona anche grazie – abbiamo visto – agli impieghi energetici, quindi.
E il parametro è quello segnato dal consumo totale di energia utilizzata dalle stesse attività economiche e dalla famiglie per attività sia produzione che di consumo. Diventa pertanto indispensabile avviare un piano regionale aggiornato al fabbisogno di energia, favorendo le installazioni di energia green, fotovoltaico in primis. Proprio su questo ultimo punto, recentemente, in regione si sta assistendo a una duplice posizione: da un lato un forte stop da parte di alcuni comitati spalleggiate da forze politiche anche marginali a nuovi campi fotovoltaici che demonizzano anche installazioni di agrivoltaico anche se già ampiamente utilizzati nel mondo e anche in Italia e dall’altra si fa strada – con l’avvallo della stessa Regione – a ipotesi di avvio di studi e realizzazioni di mini-centrali nucleari di nuove generazione su cui dobbiamo fare tutti una seria riflessione propositiva e non di chiusura.
Una forbice che deve trovare un punto di incontro e soluzione che al momento dovrebbe trovare con precedenza la strada delle energie cosiddette rinnovabili, ampiamente sperimentate, ecologiche, sicure, convenienti e del tutto compatibili con l’ambiente anche antropizzato. Il tutto con una attenta valutazione dell’uso dell’energia nucleare (a fissione e a fusione) chiarendo anche se, e in quale orizzonte temporale, possa essere considerata come energia verde.
Il Friuli Venezia Giulia è una regione ad alto consumo energivoro per la sue realtà industriali che devono assicurare lo sviluppo del Pil regionale e che, quindi, devono avere un canale privilegiato per la fornitura di energia elettrica. Questo serve anche come punto di attrattività per nuovi insediamenti produttivi con possibili investimenti che potrebbero trovare in questa regione un motivo di approdo. Gli attuali campi fotovoltaici in progettazione e in via di approvazione devono essere un fiore all’occhiello – accanto ad altre forme di produzione di energia pulita – per l’intero Nordest.
Ostacolare la loro realizzazione porta a una ipotesi di impoverimento energetico a danno di imprese e famiglie. Ecco che, pertanto, laddove sia possibile – come già attuato – il completamento dei parchi fotovoltaici vanno integrati da soluzioni di agrivoltaico, favorendo lo sviluppo di attività agricole che oggi soffrono di sbocchi di mercato e produzione a tutto favore del loro mantenimento e sviluppo.
Il tutto in attesa di nuove soluzioni che, al momento, sono solo studi e oggetto di ricerca (atomo pulito) che vanno sviluppati per una loro attuazione possibile. A livello territoriale in tutto il Nordest la crescita delle attivazioni di greenjobs sono pari al 34,8 per cento, una percentuale che deve crescere se si vuole stare al passo di un futuro che deve dare ulteriore sviluppo al greenjobs e alla fame di energia”.