Mercati in fibrillazione, Ribassi per indici, materie prime e bond

MERCATO AZIONARIO

Il mercato azionario americano chiude in negativo venerdì scorso nonostante i dati del mercato del lavoro americano superiori alle attese.  L’ S&P 500 e il Nasdaq chiudono rispettivamente a meno 3.2% e a meno 4.0%.

Le velleità rialziste degli indici azionari sono state completamente annullate dopo il simposio di Jackson Hole. Basti pensare che dopo la metà di agosto MSCI World ha perso quasi 8% e le borse americane hanno avuto un rapido declino con un S&P 500 -8% e Nasdaq -10%.

Una riunione che ha notevolmente peggiorato il sentiment del mercato già indebolito dalle notizie in ambito energetico in Europa in un contesto di alta inflazione. L’intervento di Jerome Powell ha quindi definitivamente confermato la stretta monetaria. Non ha invece specificato se i tassi nella prossima riunione possano essere alzati di 75 punti base, come in giugno e luglio. Molto importante sarà ora osservare il dato sull’inflazione americana del 13 settembre per capire la decisione della Fed. Il mercato ora sconta una probabilità del 56% per un aumento dei tassi dello 0,75%.

Sarà quindi in grado la Fed di domare l’inflazione senza per questo danneggiare il ciclo economico e quello degli utili aziendali? La fase recente conferma, infatti, che gli investitori ancora affidamento sulla tenuta degli utili aziendali. Dal punto di vista tecnico probabile in conclusione il re -test per l’S&P 500 su valori di minimo di metà giugno a 3.650 -3.700 punti.

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

Debole il mercato delle materie prime la scorsa settimana. Il rialzo dei tassi reali ha penalizzato l’oro che chiude con un meno 1,5% con quotazioni che viaggiano intorno ai 1.700 dollari l’oncia. Il petrolio invece chiude a 87 $ al barile sospinto al ribasso dai timori di un imminente rallentamento economico. Per lo stesso motivo ritracciano tutte le materie legate all’industria con un meno 8,2% risultato complessivo del paniere in settimana.

 

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

I rendimenti dei titoli obbligazionari sono sotto pressione, il decennale americano per esempio ha varcato la soglia del 3% con una chiusura del 3,20%, mentre lo stesso titolo con scadenza due anni è volato al 3,50%. Non muta la situazione in Europa, il Bund a 10 anni ha superato 1,50% mentre il Btp pari scadenza ha ritoccato il 4%. Nota interessante: dopo le news di Gazprom sul gas di chiudere il Nord Stream 1, i rendimenti sono calati sui timori di un rallentamento economico.

Scende oltre l’azionario quindi tutto il segmento obbligazionario, con passivi che nel 2022 restano da record per questo tipo di strumento. Lo schema rimane sempre lo stesso; si alza l’inflazione e le Banche centrali diventano ancora più aggressive e i rendimenti obbligazionari si incrementano.

Il rafforzamento dell’inflazione anche in Europa per la parte core, non è passata inosservata. È probabile, visto la priorità oggi della Bce di frenare i rialzi dei prezzi, che si rafforzi anche da noi l’idea di un aumento dei tassi di 75 punti base a settembre, decisione che conosceremo a breve perché uscirà giovedì 8 settembre.

MERCATO DELLE VALUTE

L’euro ha cercato di recuperare la parità con il dollaro ma senza riuscirci, anzi oggi ha toccato un minimo storico a 0,98. Mentre per le crypto valute settimana ancora di debolezza sintomo del minor appetito per il rischio degli investitori in questa fase di mercato.

 

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]

 




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