Wall Street si prende una pausa; Listini deboli dopo inflazione USA, salgono ancora i rendimenti

Dopo il raggiungimento della vetta dei 5.000 punti per l’S&P 500, c’era attesa per vedere se la tendenza positiva espressa dalle borse nelle ultime settimane avrebbe avuto la meglio su possibili prese di profitto temporanee: si è avuto l’una e l’altra, in una settimana di (moderati) saliscendi dei listini azionari ma che non ha mutato il quadro generale di breve termine.

L’MSCI World chiude infatti la settimana con un risicato progresso dello 0,20% che porta il guadagno da inizio anno nei pressi del 4%. Un risultato che è imputabile in buona parte alle solide performance delle borse USA ma che nella settimana appena conclusa hanno visto invece cambiare (leggermente) i protagonisti.

Le borse USA, infatti, hanno patito più di altre, il rilascio dei dati di inflazione, usciti al di sopra delle stime di mercato, con valori che confermano il consolidamento tra il 3% e 4% annuo. Un consolidamento che in realtà dura dallo scorso giugno, quando il CPI USA si attestò al 3% per poi risalire leggermente (ultimo dato 3,9%, nella versione ‘core’ del dato). Medesime le considerazioni provenienti venerdì dai prezzi alla produzione, anch’essi sopra le attese.

Il mercato un po’ si è scomposto, con qualche discesa infrasettimanale che è stata subito analizzata dagli operatori di mercato per capire se potesse dare il la a movimenti più ampi. In realtà le borse USA, e al traino le altre, hanno poi recuperato rapidamente il micro-storno, restando vicine ai massimi di periodo. Per il momento, prevale ancora il mood positivo verso l’azionario, nonostante il dato sulle vendite non sia stato particolarmente tonico e delle evidenze inflazionistiche che allontanano la svolta nelle politiche monetarie.

Contrastati gli indici obbligazionari (Global Aggregate -0,2%, ytd -1,5%) con qualche balletto anche qui nei rendimenti. La risalita vista nella precedente settimana mostra continuità, sebbene con sfumature diverse nelle varie aree geografiche (più forte certamente negli USA).

I dati di inflazione hanno indebolito leggermente l’oro (poco sopra area 2.000) mentre il petrolio risale la china tornando a farsi vedere in area 79-80$, sulla scia di una situazione mediorientale che non trova ancora una soluzione duratura.

Mercati Azionari

Wall Street si prende una piccola pausa dal ruolo di locomotiva delle borse mondiali e chiude la settimana con un leggero calo per l’S&P 500 (-0,4% a 5.005 punti) e con un calo più marcato per il Nasdaq 100 (-1,5% a 17.700 punti), mentre fanno decisamente meglio altre aree regionali.

La dinamica settimanale ha visto infatti il principale indice USA scendere di circa il 3% dai massimi (per poi recuperare), appesantita dai segni meno soprattutto del comparto tecnologico. L’S&P 500 ha però poi prontamente recuperato terreno e quota 5.000 in appena due sedute, di fatto chiudendo subito lo spazio per il momento per uno storno più significativo, similarmente a quanto visto ad inizio anno. Abbastanza ovvio dire che se la rotazione settoriale vista continuerà l’indice troverà appoggio per contenere un consolidamento anche salutare, con i supporti in area 4.800 come possibile approdo tecnico.

Anche il Nasdaq 100 resta abbastanza vicino ai massimi assoluti, sebbene la settimana non sia stata particolarmente tonica: alcune grandi capitalizzazioni come Microsoft, Alphabet e Apple sono state oggetto di prese di beneficio un po’ per motivazioni specifiche ma anche per la ricerca di altre opportunità da parte degli investitori.

La stagione degli utili volge verso il termine con un risultato, comunque, davvero ottimo: +6,7%, al momento, contro attese iniziali più modeste (+2,2%), un delta che le borse avevano comunque già anticipato scommettendo su un riverbero positivo lato micro dopo che i dati macro avevano già mostrato l’attuale status di buona salute dell’economia USA.

La ricerca di altre opportunità si riscontra nella migliore performance delle medie e piccole capitalizzazioni USA (oggetto di vendite nelle scorse settimane dopo qualche crepa nel segmento delle banche regionali) ma anche nell’andamento degli indici dell’Eurozona (Eurostoxx 50 +1,1%) dove sono tornati flussi su settori un po’ dimenticati negli ultimi mesi. Leader year to date resta il Giappone (+4,3% anche in questa ottava) nonostante i dati macro poco lusinghieri ma accompagnato da uno Yen debole che avvantaggia l’export. Tra gli emergenti, bene ancora India e Corea (+1,2% e +1,1%) mentre la Cina ha visto rimbalzare l’indice di Hong Kong che tenta di risollevarsi dai bassi livelli in cui è sprofondato negli ultimi mesi.

Mercato Obbligazionario

Differenze di un certo tenore si sono viste nell’andamento settimanale degli indici obbligazionari governativi, che divergono in base all’area geografica di appartenenza. Se il dato di inflazione USA ha danneggiato primariamente i Treasury a media-lunga scadenza, nella zona Euro questo è avvenuto solo in parte: un andamento che dipende dai dati macro quindi, con l’area Dollaro più sensibile alle dinamiche di politica monetaria.

Il Treasury americano a 10 anni mantiene infatti una struttura rialzista che ha portato a varcare la soglia del 4,20%, resistenza tecnica rilevante e che slancia verso obiettivi superiori, essendo la struttura tecnicamente ancora rialzista. Un andamento che riflette il venir meno delle ipotesi di rapido taglio dei tassi di interesse da parte della Fed.

L’effetto trascinamento porta comunque anche il Bund tedesco pari scadenza a muoversi verso l’alto, sebbene con intensità minore, con un close del rendimento in area 2,40%. Il BTP italiano, sempre sulla scadenza decennale, si mantiene a debita distante dal trigger point di area 4% (close a 3,88%), godendo ancora di una certa immunità (spread BTP Bund a 148 punti base, ai minimi da quasi un anno).

Modeste le possibilità di un taglio dei tassi a marzo da parte della Fed (12%) mentre il mercato ora si è riposizionato più che altro per maggio e soprattutto giugno. Si è quindi rapidamente passati, in un mese circa, da stime di 6/7 tagli attesi a 3/4, non troppo distanti quindi da ciò che indicava la Fed (3). Una certa volubilità da parte degli operatori, ora più prudenti dopo la visione dei dati macro: resta ovvio che sono dati volatili in grado di cambiare, come visto, rapidamente.

In parallelo, anche per la BCE, ora è verso la parte centrale dell’anno che si concentrato le attese per una svolta della politica monetaria, data per certa solo a giugno, in appaiamento con le decisioni della Federal Reserve.

Tono misto per il corporate, sia investment grade che high yield: in recupero quello della zona Euro, in calo quello dell’area Dollaro, con movimenti quindi lineari al risk-free (spread di credito ancora stabili e su livelli bassi).

Materie prime

Debolezza per il paniere generale che lascia sul terreno uno 0,7%, indebolito dalla pesante caduta del gas (-13%). Poco sopra i 2.000$ l’oro, indebolito dopo i dati di inflazione mentre la positività dei listini cinesi aperti si estende ai basket dei metalli industriali.

Forex

Poco mosso il cross Euro Dollaro: la sequenza di dati macro recenti ha portato i valori in area 1,07-1,08, dove gli operatori convergono nel definire l’attuale rapporto di forza tra area Euro e area Dollaro. Sarà principalmente la politica monetaria a definirne l’evoluzione.

In solido uptrend il Bitcoin (+9% e quotazioni oltre 52.000) ma bene tutto il comparto delle criptovalute. I flussi in entrata nei nuovi veicoli indicizzati negli USA continuano quindi a sostenere i corsi delle quotazioni.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it




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