“Il Barone di Palagonia”, libro Saglimbeni si presenta il 12

PORDENONE – Si chiama “Il Barone di Palagonia”. E’ un libro, scritto da Giuseppe Saglimbeni, che verrà presentato venerdì 12 aprile, alle 18, nella Sala Missinato del Comune.

La storia si svolge tra il maggio del 1906 e l’antivigilia di Natale del 1938, ambientata in parte nella Sicilia orientale e in parte nei luoghi della Grande Guerra. Francesco Inferrera, il protagonista, non è un medico ma di fatto esercita come tale; è, invece, un barone, il barone di Palagonia, ma del titolo ne fa scarso uso.

All’età di nove anni, subito dopo la morte del padre, mastro muratore, è costretto a lasciare la casa natale per andare a lavorare lontano, come pecoraio, nel feudo dei baroni di Palagonia. La fortuna, le manovre del cugino don Michele, le sue qualità umane, fanno sì che venga scelto come valletto del giovane e malato baronello Giovanni Maria e al tempo stesso come giovanissimo aiutante del medico – veterinario del Feudo. Con Giovanni Maria instaurerà un saldo rapporto di amicizia che andrà al di là della differenza sociale fra i due.

Complici e confidenti passeranno dalla fanciullezza all’adolescenza per poi affacciarsi, insieme, all’età adulta. Gli amori, quello possibile tra il baronello e la contessina Liliana, quello impossibile ma ricambiato tra Francesco e la baronessina Lucia saranno sempre la linea di demarcazione tra i due amici, i cui mondi sono destinati a non incontrarsi mai. Una lettera anonima di un presunto avvicinamento di Francesco alla contessina Liliana mina il rapporto tra i due. Accecato dall’odio e dal rancore, Giovanni Maria fa valere tutta la sua influenza per far passare Francesco come renitente alla leva. La prima parte del libro si conclude con Francesco prelevato forzosamente dai carabinieri per essere condotto al reclutamento delle truppe per il fronte.

C’è la guerra, quella Grande, con i suoi milioni di morti, con le lunghe ed estenuanti giornate di attesa nelle trincee, con gli assalti infruttuosi anche solo per conquistare pochi metri di terra. Francesco segue le sorti della brigata Etna. Dai primi giorni in Carnia, al battesimo di fuoco sull’Altopiano dei sette comuni. Dalla presa di Gorizia alla disfatta di Caporetto. E poi il Piave e la vittoria. Francesco sarà aggregato al gruppo medico e tra alterne vicende da soldato semplice sarà poi caporale, sergente per essere congedato come sottotenente. La seconda parte del libro si chiude con Francesco, appena congedato, dinnanzi alla tomba della madre, che non riuscirà a vedere viva, perché morta di “spagnola”.

La terza parte si svolge tra la domenica delle Palme all’antivigilia di Natale del 1938, non senza ritorni agli anni precedenti, alla vita dopo la guerra, al patto con la sorella maggiore Margherita di rimanere sempre uniti, al titolo di barone ereditato dal baronello Giovanni Maria, morto precocemente consumato dalla tisi e dal rimorso di ciò che aveva fatto a Francesco. E insieme al titolo erediterà anche la villa al mare dei Palagonia, ad Acitrezza, villa che, dopo la morte della moglie Caterina, avvenuta dopo il parto della terza figlia, trasformerà, insieme a due amici e soci, in un grande albergo. E poi, l’incontro casuale con Teresa, tenutaria di un bordello di proprietà di un gerarca fascista che considera la donna stessa, cosa sua.

I loro sguardi che si incrociano a distanza, si seguono e si inseguono. L’inizio di una relazione impossibile, scandalosa, nel mezzo di una disputa tra fazioni opposte all’interno del partito fascista, che a livello locale e a Roma si contendono il potere e che useranno Francesco e Teresa come pedine di un gioco decisamente molto più grande di loro. Le ultime scene del libro sono un susseguirsi frenetico di eventi che porteranno ad uno scontro tra Francesco e il potente gerarca con l’intervento salvifico di un personaggio che inconsapevolmente si immola per i due amanti.

Nel mezzo tre grandi feste da ballo: quella del martedì grasso del 1916 alla villa al mare per l’ingresso in società del baronello Giovanni Maria,; quella a fine 1918, al comando militare di Pordenone per celebrare la vittoria nella guerra; quella per l’insediamento del nuovo prefetto a Siracusa, nel novembre del 1938.
Nel mezzo i “picciotti della mannara”, giovani pecorai al servizio dei baroni; i commilitoni del gruppo medico durante la guerra che rischieranno insieme a lui la vita per salvarne di altre; gli amici del salone da barba di Salvatore Lombardo, sempre pronti ad interessarsi di tutto e di tutti.

Nel mezzo Lillo, morto troppo presto al primo assalto sull’Altopiano che gli lascerà una missione da compiere; la crocerossina Maria Luisa nobildonna capace di autodeterminarsi in un mondo al maschile e con lei il console generale Bordani ex tenente degli arditi; il capitano d’artiglieria prima e poi colonnello dei reali carabinieri Bellavia; le sorelle della moglie e il cognato Rosario Miccichè, maresciallo dell’arma.

Nel mezzo Saverio e la moglie Luisa, baroni di Palagonia, usurpatori di un titolo che non sarà mai loro; don Vincenzo Longhitano uomo di conseguenza con i suoi “picciotti”; l’ispettore federale Stefano d’Onofrio, proprietario del bordello “Le due Rose e i suoi uomini della milizia fascista.

Nel mezzo il dottore Domenico Ferraguto vero e proprio mentore per Francesco; Agatino Lo Giudice a cui Francesco, in guerra, amputerà una gamba e che in seguito sarà suo socio nell’impresa della “Trizza”; Gioacchino Natoli, maggiordomo del castello dei baroni di Palagonia ed in seguito socio di Francesco ed Agatino:

Nel mezzo Melo e Pippo i gemelli figli di Francesco e Caterina, da lui chiamati Dioscuri; Mariuccia la figlia piccola che non conoscerà mai la madre.

Nel mezzo Padre Annibale Maria di Francia, santo degli orfani e dei poveri.
Nel mezzo Mauro e Rosa i miei bisnonni; Peppino e Lucia, Turi e Nedda i miei nonni.




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