CRONACHE DALLA POLTRONA – Pn Docs Fest, apertura col botto: Mediha Tvtttb

PORDENONE – Inizia col botto questa ricca e variegata edizione del Pordenone Docs Fest 2024 (fino al 14 aprile!) in una Sala Grande di Cinemazero (e Sala Pasolini in contemporanea!) piene in ogni ordine di poltrone e assediate esternamente dal cantierone per la nuova struttura in vetro-acciaio in costruzione appena appena ingentilita dalla bella mostra open-air sulla recinzione, di scatti di reportage (una carrellata di faccioni di ospiti cinematografari illustri, illustrati e illustrissimi che sono passati per Pordenone) di Elisa Caldana, storica fotografa che segue tutti gli eventi di Cinemazero.

Il direttore del festival Riccardo Costantini, sul palco assieme a una emozionata Silvia Carobbio, una delle giovanissime selezionatrici che coadiuva il dir., nel saluto introduttivo di questa serata di apertura ci tiene (giustamente!) a far presente che c’è un grande lavoro di selezione e di coinvolgimento per riuscire a portare qui ai confini del regno film di grande qualità e spessore, poi al momento di citare e ringraziare tutto lo staff si emoziona pure lui e per un attimo ha la voce rotta (caroo).

Effettivamente da assiduo frequentatore quale sono, di kermesse internazionali, ammalato da febbre cronica da festivals, posso tranquillamente affermare che non è cosa facile convincere autori e distributori internazionali a fare la loro première non a Roma, non a Milano, non a Parigi ma a… Pordenòn! Anche questo è un indubbio indicatore di qualità del nostro festival cittadino.

Mediha è un film americano uscito nel dicembre 2023 del giovane regista newyorkese Hasan Oswald che ha vinto il Gran Premio della Giuria al festival Doc NYC a Nuova York per l’appunto qui a Pordenone in una ghiotta anteprima nazionale.

Mediha era una bambina decenne di etnia Yazida quando nel 2014 viene rapita dai delinquenti criminali ipermussulmani di Daesh (Isis) durante quello che è passato tristemente alla storia come il massacro di Sinjar nell’Iraq nord occidentale al confine con la Siria, atto di inizio del genocidio dei curdi yazidi dove uomini e donne anziane sono trucidati in massa sul posto, mentre le donne e le bambine diventano schiave sessuali dei miliziani ed i minori sono arruolati come bambini soldato.

Innanzitutto c’è da dire che tutta la durissima violenza e terribili esperienze vissute si vedono assai nei generosi primi piani delle loro faccine, che si susseguono nel film, dove questi volti incisi di profonde e assolutamente inaspettate e immeritate rughe attorno agli occhi di Mediha schiava sessuale (15) e dei suoi fratellini bambini soldato (8,11) raccontano molto più di millemila parole.

Nonostante la perfezione quasi maniacale nella confezione del film a tratti sembri offuscare questa potenza anche emozionale a favore di una levigatura formale molto molto curata, il film è potente e intenso. (che ci sia qui lo zampino dell’attrice hollywoodiana Emma Thompson paladina dei diritti umani e super mega icona di stile che nei credits figura come produttrice esecutiva?)

Tornando alla storia, Mediha dopo il violento rapimento, per lunghissimi interminabili anni quattro (!!) viene usata e svenduta come schiava sessuale tra vari componenti di Daesh. Apprendiamo il suo racconto tramite una singolare e interessante forma di autonarrazione audiovisiva ove essa stessa con una telecamerina tascabile si riprende e si racconta, volentieri indugiando anche sulla sua immagine riflessa negli specchi.

Ovviamente il film è anche ricco di sequenze girate ad hoc sia di stampo osservazionale, che altre in funzione più narrativa. La vicenda di Mediha è dispiegata da questi due punti di vista entrando e uscendo dall’auto narrazione che è il racconto del suo percorso per superare queste atroci esperienze e di come gestire lo stress post-traumatico (senza mamma e papà e con un fratellino ancora in mano ai cattivi.)

Purtroppo la società yazida è ancora arretrata e a questa bambina ora 15 enne viene consigliato di non raccontare MAI le enormità che ha subito e le viene quasi ordinato di rimuovere il tutto e di non parlarne mai più. Ma Mediha non ce la fa, non ne è capace, lei, ci dice in camera, ha bisogno di parlarne e di confidarsi e di raccontare.

Il film si struttura nel racconto anche della ricerca dell’altro fratellino mancante e della mamma di cui pare si abbiano notizie che siano in un campo di rifugiati appena al di là del confine siriano o forse portati illegalmente in Turchia da delinquenti di Daesh.

La vicenda è complessa e intrigante. Se c’è una cosa tra le altre che colpisce oltre la vicenda stessa di Mediha che è di un’ intensità e di una verità sconcertanti, è il fatto che questi Yazidi pur avendo subito delle violenze impensabili e un genocidio ferocissimo, non sembrano, nel film, covare sentimenti di eccessivo rancore, ma piuttosto un senso molto pragmatico di elaborazione fattiva del dolore tramite azioni di persone tipo agenti segreti, nominate nel film come “rescuer”, che si occupano di rintracciare e riportare in seno alla famiglia e alla società yazida coloro le quali si ha notizia che siano ancora vive e in mano l’Isis/Daesh.

Ciò che di emozionale forse è mancato durante il film c’è stato abbondantemente e copiosamente regalato durante il dibattito che ha seguito, in cui il regista Hasan Oswald ci ha spiegato un po’ la genesi del film e a un certo punto quasi a sorpresa c’è stato un collegamento in diretta con New York dove abbiamo avuto la fortuna di vedere sul grande schermo la faccia pigiamata a fiori di Mediha in persona ( a NY era notte fonda, e la ragazzina era ospite a casa dei genitori di Hasan) con la sua adorabile energia e la sua voglia di vivere, il suo sguardo profondo e ora molto più sereno e con lo spontaneo ottimismo di colei che ha superato prove durissime e che ancora spera (e merita!) tantissimo dalla vita.

Devo dire che è stata molto intensa e dolcemente commovente, e per l’occasione le è stato assegnato il prezioso Premio Images of Courage 2024 che il Festival conferisce ogni anno con l’Ordine dei Giornalisti (Nazionale e del Friuli Venezia Giulia) e non ci dispiace sapere che essendo anche un premio in denaro questi soldi vengano spesi proprio da colei che ne ha bisogno nel luogo dove si sta rifacendo una vita e vuole continuare i suoi studi per diventare un attivista per i diritti delle donne che hanno subito violenza!

Mediha Ti voglio tanto tanto tanto tanto bene <3<3<3

Pasqualino Suppa




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