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mercoledì , 25 Dicembre 2024

Cala l’inflazione in USA ed Europa, listini in consolidamento, in salita Bond e Oro

MERCATO AZIONARIO

Fase di mercato ancora positiva per i mercati azionari internazionali che chiudono un novembre molto positivo, con guadagni che sfiorano il 10% per i principali listini sviluppati. Un mese estremamente favorevole che partiva da una situazione completamente opposta sia in termini di configurazione di mercato, sia di sentiment generale e dove ogni elemento ha giocato a favore dell’azionario. Ma non solo, in realtà: come siamo stati abituati da almeno inizio 2022, si è ancora confermata la correlazione positiva tra equity e bond, con il risultato di premiare tutto il portafoglio degli investitori. Ovviamente, come ben noto, la stessa correlazione ha portato il 2022 ad essere un annus horribilis proprio per lo stesso motivo, conseguenza di un quadro macro in fase di normalizzazione e dove l’effetto inflattivo ha avuto buon gioco nel quasi annullare i benefici della diversificazione. In questa settimana, i dati di inflazione europea ed americana in trend discendente hanno permesso sia un consolidamento tendente al positivo per le borse, sia un ulteriore smussamento dei rendimenti in ambito obbligazionario. I mercati, quindi, finiscono per dipingere di rosa il loro quadro analitico, ipotizzando di tornare ad un contesto fatto di crescita economica soddisfacente da un lato e dall’altro, da un cambio di rotta delle banche centrali o almeno un passaggio da un atteggiamento restrittivo ad uno neutrale. Ci sarà da vedere cosa ne pensano i diretti interessati quando dovranno riunirsi a metà mese per i consueti meeting periodici. Intanto MSCI World (l’azionario globale diversificato) chiude la settimana con un progresso di circa lo 0,9%, con qualche elemento di rotazione settoriale a sostenerne i corsi.

L’S&P 500, +0,8% nella settimana, mantiene la sua impostazione positiva, ritrovata a fine ottobre dopo tre mesi di sofferenza più o meno acuta per gli investitori. Se la correzione aveva lambito i limiti del 10%, novembre l’ha praticamente tutta recuperata e le quotazioni sono tornate ad essere molto vicine ai massimi di fine luglio. Qualche elemento porta a pensare che lo sforzo, venuto soprattutto dalla componente più pesante (ossia i tech) abbia ora bisogno di qualche cambio di testimone, vuoi anche il raggiungimento di livelli di leggero ipercomprato su certi segmenti del mercato. Meno tonico, infatti, in settimana, il Nasdaq (+0,1%), con le big che in qualche seduta hanno dovuto tirare il fiato, movimento comprensibile visto che tra le Magnifiche 7 qualcuna aveva anche fatto registrare nuovi massimi assoluti. Tecnicamente, i supporti più valenti per l’S&P 500 si trovano in area 4.400, anche se è mancato finora un minimo di innesco per un ripiegamento tecnico e il mercato è rimasto sostanzialmente forte e convinto delle proprie posizioni.

L’Europa recupera qualche posizione su Wall Street (+1,4%) e l’extraperformance è spiegabile dal diverso mix settoriale che ha contraddistinto la settimana. Bene, infatti, settori tipicamente più value come Finanziari, Materials, Industriali e Utilities, ancora invece poco tonico l’Energy in balia dei saliscendi del petrolio. Molto male gli indici cinesi, l’Hang Seng cede oltre il 4%, visto il deterioramento degli indici PMI e dell’attività economica generale e un velato pessimismo sulla possibilità di raggiungere i target economici. Bene l’India.

La settimana macroeconomica è stata prevalentemente dedicata all’esame dei dati di inflazione, sia per l’Eurozona che per gli Stati Uniti. Nel Vecchio Continente, l’indice dei prezzi al consumo è stato del 2,4% a novembre (2,7% atteso) e del 3,6% annuale (3,9% atteso). In Italia i valori sono stati rispettivamente del -0,5% e dello 0,7%. Il tutto consolida l’idea di una tendenza discendente dei prezzi, al pari degli USA: PCE secondo le attese (3,5%) ma anch’esso in riduzione rispetto al dato precedente. La cosa buona per i mercati è che ciò avviene con una revisione al rialzo del PIL USA per il 3° trimestre, +5,2% vs +4,9%. Meno positivo il PMI manifatturiera (46,7 vs 47,8) ma ai mercati è piaciuto anche questo dato che segnala debolezza. Intanto la dinamica delle stime degli utili continua ad essere supportiva del movimento rialzista delle borse.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

La moderazione che sta avvenendo sull’inflazione permette ai mercati di portarsi avanti con le previsioni per il prossimo anno e il mantenimento, per ora, di una crescita economica soddisfacendo completa un quadro quasi perfetto per ipotizzare un 2024 complessivamente positivo. Si tratta, chiaramente, di reazioni, anche amplificate, di segno opposto rispetto a quanto temuto appena 1 mese fa, quando lo spauracchio del mantra dell’Higher for Longer andava a braccetto con le incertezze sulla crescita globale, minata anche dalla possibile escalation in Medio Oriente. Da parte sua la Fed starà evidentemente ponderando gli ultimi dati relativi all’inflazione, cercando anche di indovinare gli altri due pezzi del puzzle macroeconomico, ossia mercato del lavoro e consumi. Il primo ha mostrato più segnali di rilassamento rispetto al secondo, anche se il quadro complessivo non è probabilmente ancora definitivo: c’è chi parla di un ciclo economico in fase di indebolimento ma altrettanti segnalano la vitalità e forse anche una riaccelerazione. Inutile dire che ipotesi di taglio dei tassi, in quest’ultima ipotesi avrebbero l’effetto di rinvigorirlo ulteriormente. Ecco perché le riunioni delle banche centrali di metà mese saranno un crocevia fondamentale, con la Fed ormai quasi costretta a prendere posizione, stretta tra l’evidenza di una parte di dati ed un mercato che già si è portato avanti con le ipotesi di una minore stretta monetaria. Le dichiarazioni di Powell finora sono state interamente ignorate.

Il presidente Fed vede, infatti, davanti a sé investitori che stimano ora un primo taglio già a maggio del 2024, bissato poi a metà anno e con altre due sforbiciate tra settembre e dicembre. Un bel programma, non c’è che dire! La Fed pondererà cosa può portare a far rientrare la politica monetaria entro binari meno restrittivi, con un occhio (e forse più di uno) a cercare di capire se il virus inflattivo è ancora in circolo e può ripresentarsi improvvisamente. La prudenza finora è stata la strada seguita con più convinzione. La storia empirica mostra che la Fed non resta per tantissimo tempo sugli stessi livelli, da pochi mesi ad un anno circa, con, però le ipotesi storiche di inizio anni ‘80 e inizio anni ‘90 che sono vistose eccezioni. In attesa di ulteriori valutazioni, il decennale americano si mosso al ribasso (4,20%, -26 bps), con una ulteriore accelerata in discesa dopo il rilascio dei PMI manifatturieri di venerdì. È probabile che questi livelli possano fungere da punto di equilibrio fino a quando non vi saranno novità o lato Fed o altri dati di mercato nelle prossime settimane.

Significativi i cali dei rendimenti anche nell’Eurozona: sulla parte lunga della curva (10y) il BTP lima 30 bps (4,10%) ed il Bund 28 bps (2,36%), movimenti che ridanno fiato a tutte le asset class obbligazionarie. Forti dimensionamenti anche sulla parte a breve (Italia 2Y al 3,25% e Germania al 2,68%), segnali che si ritiene che anche per BCE sia prossima una inversione sui tassi. Primo taglio ad aprile, per poi arrivare a 4 tagli da 0,25% entro fine 2024, in allineamento con quanto farebbe quindi la Federal Reserve.

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

Andamento sostanzialmente piatto per le materie prime ma con qualche elemento di significativa dispersione tra i comparti. Ancora molto bene i metalli preziosi, sospinti dalle attese di una politica monetaria meno restrittiva, con l’oro in volata a 2.072 $ (+3,6%), ai massimi da 3 anni (con possibilità di top assoluti e altri incrementi) e molto bene anche l’argento. Petrolio debole (-2% a 74$), con la riunione OPEC, la cui decisione di tagliare la produzione non ha scaldato più di tanto il mercato. Segnali positivi anche dal rame che sembra invertire il trend negativo.

MERCATO DELLE VALUTE

Per quanto riguarda il mercato dei cambi, generalizzato movimento verso il basso per l’Euro (1,088), che indietreggia sia verso il Dollaro USA (dopo essersi scontrata con area 1,10) ma anche verso la generalità delle altre valute. Il mercato ritiene che l’allineamento alle scelte della Fed abbia ormai chiuso definitivamente anche per Francoforte la stagione più aspra della politica monetaria.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it

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