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domenica , 24 Novembre 2024

Continua la salita dei tassi; indici Usa deboli, riprendono quota le commodities

MERCATO AZIONARIO

La settimana di borsa appena terminata ha continuato a riproporre lo stesso spartito che aveva caratterizzato anche l’ottava precedente, con gli indici internazionali tornati a manifestare un certo malessere dopo il rally della seconda metà di marzo. L’indice globale MSCI World, infatti, chiude la settimana pre-pasquale con un passivo dell’1,8%, portando il risultato da inizio dell’anno ad un -7,8%. Non è andata meglio neppure nei paesi emergenti, negativi per quasi un punto percentuale e che presentano un segno meno da inizio anno di poco superiore al -9%. L’apporto negativo viene soprattutto dai mercati USA, con S&P 500 (-2,1%) e Nasdaq (-3%) che mancano l’appuntamento con una reazione che era auspicabile per rendere meno complicato il quadro tecnico attuale. Segni meno che restano ancorati, in termini di causa-effetto, soprattutto per il momentum ancora sostenuto dei tassi di interesse e per le preoccupazioni legate alle conseguenze per le prospettive economiche per il 2022. Ben presenti, inoltre, i condizionamenti derivanti dal conflitto tra Russia e Ucraina, che non vede per il momento sbocchi verso un miglioramento generale della situazione geopolitica.

Questo binomio risulta essere infatti ancora indigesto per le borse, che pur in un contesto difficile, cercano appigli per restare costruttive per i prossimi trimestri, confidando da un lato nella riuscita dell’azione delle banche centrali contro la crescita dei prezzi e, dall’altro, in uno status quo nel conflitto in Ucraina, ossia senza escalation rispetto agli attuali attori in campo. Sul primo tema gli operatori cercano di dare credito al compito di FED e BCE: un compito arduo in quanto i livelli di inflazione raggiunti nei vari paesi sono da record, costringendole a fronteggiare un vero e proprio shock sui prezzi delle materie prime. Le misure pianificate e intraprese (aumento dei tassi, fine dei piani di acquisto e ‘dimagrimento’ dei rispettivi bilanci) pongono infatti rischi di un significativo rallentamento della domanda e quindi della crescita economica. Non a caso, parte degli investitori teme che questo, in estrema ratio, possa tradursi anche in una fase tecnica di recessione, con tempistiche tutte da definire.

Un elemento che finora ha rappresentato un’ancora di aiuto per il mantenimento di certi livelli per gli indici è stato certamente l’andamento degli utili e delle loro prospettive per il 2022. Non si sono notati, per il momento infatti, significative revisioni al ribasso nelle stime dei risultati aziendali, il che appare sorprendente nell’attuale contesto di mercato. Il calo da inizio anno dei mercati, importante ma ancora nei limiti della normalità per gli indici azionari, è quindi da ascrivere quasi totalmente all’aumento dei tassi di interesse che rende necessario un ridimensionamento dei multipli di valutazione. Questo vale, in particolare, per le componenti più orientate verso stili ‘growth’, il che va a penalizzare i listini con ampie fette di società ad esempio del settore tecnologico. Nella settimana appena conclusa, i Tech globali perdono oltre il 3% mentre i settori ‘Value’ limitano il passivo ad un -0,8%. In parallelo, si assiste anche ad una migliore tenuta dei comparti difensivi (Staples), che meno possono essere invischiati delle conseguenze di un rallentamento economico.

L’S&P 500, dopo aver ‘sbattuto’ contro quota 4.600, ritraccia ancora, portandosi in area 4.400 e tornando a manifestare debolezza. Urge una reazione in un quadro tecnico che rischia di deteriorarsi. Il rilascio delle trimestrali appena iniziato ha mostrato luci ed ombre, ma sarà questo primo saldo a dare un assaggio per quanto riguarda i fondamentali. Nel frattempo, i settori legati ad energia e materiali riescono a beneficiare ancora delle condizioni intermarket.

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

Tornano ad essere particolarmente toniche le materie prime: un +6% per il basket generale trascinato dal comparto energetico (+13%). Il WTI Crude Oil torna sopra i 105$ al barile, dopo la pausa di riflessione delle scorse ottave. L’asprezza del conflitto in corso sostiene i corsi e da fiato anche al gas (+14,8%). Avanzano anche l’oro (1.974, +1,4%) e le materie prime agricole.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

L’ambiente obbligazionario è da tempo parecchio indigesto per gli investitori, con segni meno ormai generalizzati su tutte le micro asset class. E l’ultima settimana non ha cambiato di molto il tono visto nei primi mesi del 2022, con un declino dei prezzi dovuto all’arrampicata verso l’alto dei tassi di interesse. Nell’ultima ottava appena conclusa, il segmento governativo, sia Euro sia area Dollaro, ha visto ancora debolezza, soprattutto per le scadenze medio lunghe, dove i passivi del 2022 cominciato ad avvicinarsi alla doppia cifra. E le conseguenze non si limitano al segmento governativo ma anche al corporate investment grade, con cali che in alcuni casi (corporate USA) hanno già raggiunto il -10% year to date. Effetto del rialzo dei tassi ma anche dell’aumento dello spread di credito, che in questo caso misura la temperatura relativa alla fiducia degli investitori nel ciclo economico corrente. Un rialzo, quello dello spread di credito, che si mantiene per ora su livelli di ‘avvertimento’: quello sull’High Yield americano è al 3,67% (era al 2,65%ad inizio anno), mentre nella zona Euro si attesa al 4,40% (ad inizio anno era al 3,50%).

Tra le due componenti negative per l’obbligazionario è comunque prevalente l’effetto legato ai tassi, in ascesa ormai da inizio anno. Il decennale americano continua nella sua corsa, chiudendo di fatto la settimana sui massimi d’ottava al 2,82%: l’yield del titolo di stato a 10 anni in alcune sedute ha rifiatato ma si è trattato solo di pause momentanee in una arrampicata che ha visto un aumento di 100 bps in appena un mese. Sulla parte breve della curva invece c’è stato un effettivo consolidamento delle posizioni: il titolo a due anni chiude la settimana in area 2,45%, dando spazio ad un ritorno di ripidità nella curva dei rendimenti che, in qualche frangente, nell’ultima fase di mercato, aveva visto anche una inversione nello spread tra 10Y e 2Y. In parallelo si sono mossi verso l’alto anche i tassi nella zona Euro: quello del Bund ha chiuso a quota 0,84%, facendo registrare un nuovo top di periodo (anche qui circa +100 bps di rialzo da inizio marzo).

Nella settimana era atteso il punto di vista della BCE sull’attuale contesto economico e sulle prospettive della politica monetaria da portare avanti nei prossimi trimestri. Con una inflazione record da fronteggiare, la Banca Centrale Europea ha confermato che terminerà l’acquisto di titoli di stato della zona Euro nel terzo trimestre. Per quanto riguarda invece l’aumento dei tassi (attualmente su livelli ampiamente negativi), la Presidente Lagarde ha tentato di mantenersi in equilibrio tra posizioni troppo accomodanti o troppo restrittive. In tal senso, ha chiarito che il principio che verrà applicato sarà quello della flessibilità in base alle future condizioni di mercato e dell’economia. Nel meeting di giugno verrà presa la decisione finale sullo stop ma è apparso palese come la BCE abbia voluto in primo luogo prendere tempo, per capire se le dinamiche di inflazione possano essere vicine ad un picco. Sullo sfondo resta ovviamente anche tutto lo scenario bellico tra Russia e Ucraina, dove l’Europa si trova ad essere decisamente più vicina rispetto alla posizione statunitense. In generale, i toni usati dalle banche centrali sembrano prospettare un’inflazione che dopo un picco a metà 2022 possa ripiegare nelle fasi successive, se pur in maniera lenta.

Tra le altre asset class: deboli ancora gli inflation linked (con i tassi reali ancora in upside) e i paesi emergenti in valuta forte, danneggiati anch’essi dalle dinamiche in salita dei rendimenti americani. In progresso invece le metriche legate alle aspettative di inflazione.

MERCAOT DELLE VALUTE E CRYPTOS

Per quanto riguarda i cross valutari, si rafforza ancora il Dollaro USA dopo il meeting BCE che ha marginalmente divaricato la distanza con la FED, che resta più aggressiva rispetto a Francoforte. Cross a 1,08, quindi vicino ai minimi di periodo. In discesa ancora le criptovalute, con il Bitcoin tornato in area 40.000 (-6,2%).

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]

 

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