I dati macro Usa spingono le borse, listini ancora tonici mentre Fed e Bce alzano i toni

Mercato azionario: il sentiment a Wall Street

Che la voglia degli investitori di entrare nel recupero in corso nelle borse fosse palpabile era evidente da diverse settimane, specie quando il trend si è fatto più ripido e rendendosi simile a quei frangenti dove la paura principale diventa quella di restare fuori. Non a caso si era tornati a parlare sui giornali di una significativa intensificazione del trend rialzista in un breve lasso temporale, connotato da euforia generalizzata. Anche dal punto di vista tecnico, hanno cominciato a comparire segnali di ipercomprato che hanno richiamato la possibilità/necessità di una pausa delle tendenze in corso. Evidentemente però la pressione rialzista è ancora sostenuta (molti analisti lo collegano a fattori tecnici di fine semestre), visto che il principale indice americano, l’S&P 500 ha sì corretto, ma nemmeno del 3% . Neppure il caos avvenuto in Russia ha minato il contenimento del downside. Dopo lunedì, comunque, l’indice USA ha ripreso a salire, nonostante sia andato in scena l’ennesima sequenza di dichiarazioni dei banchieri centrali, impegnati nella riunione di Sintra, sul tema dei tassi di interesse.

Fed e BCE mantengono infatti la barra dritta sulla questione del costo del denaro. Basti pensare che da Francoforte si è convinti che ‘fare troppo poco sia più pericoloso di fare troppo’: ci sarebbe da disquisire su questo punto, così come sulla capacità previsionali degli istituti deputati alle decisioni di politica monetaria…visto che sono apparsi spesso come incapaci anche di fare previsioni sul loro stesso operato. I mercati ascoltano, valutano ma per il momento, ponderano come più importante nel breve la tonicità economica, speranzosi che, in caso di difficoltà vi sia sufficiente spazio per consentire un atterraggio se non con l’applauso finale, quanto meno senza danni. Il tesoretto costruito da Fed e BCE è infatti importante e l’idea delle borse è che esso verrà utilizzato in un momento in cui l’inflazione sarà stata già riportata su livelli più accettabili. Ecco, quindi, che S&P mantiene l’uptrend in corso e si rilancia nel corso della settimana con i dati macro dell’economia USA (GDP, mercato del lavoro, immobiliare) che evidenziano, come detto, ancora un certo tenore nel ciclo economico. Gli indicatori non sono più in ipercomprato spinto, pur rimanendo sostenuti e quindi lasciano aperte diverse opzioni. Siccome sul mercato ci sono già troppi “indovini” è sempre preferibile la lettura di breve in accompagnamento al quadro macro e fondamentale.

Mercato azionario: altre borse e settori

Se S&P ha chiuso l’ottava con un progresso dell’2,4%, altrettanto tonico è apparso il Nasdaq 100 (+1,9%), che a dire il vero aveva bisogno di una sosta più corposa, visto anche l’ipercomprato su cui si era spinto l’indice dei titoli tecnologici. Il sopravanzamento dei 15.000 punti depone ancora a favore di una continuazione dell’uptrend, favorito dalla buona salute delle grandi capitalizzazioni (Apple soprattutto). Interessante notare come in settimana ci sia stato un parziale cambio di testimone, comunque: a livello globale, i titoli dell’economia tradizionale hanno superato come performance quelli ad alta crescita (+2,4% vs +2,1%) anche se year to date non c’è storia (+4,5% vs +27,3%). Il traino è arrivato dall’Energy, dai Financials e dai Materials, settori di recente trascurati e che ritrovano luce con gli investitori in cerca di qualche titolo a sconto. Il buon movimento di questi comparti si lega a doppio filo con la ritrovata verve degli indici europei, finalmente tornati a gareggiare alla pari con Wall Street: FTSE Mib e Ibex i più positivi, con il paniere Eurostoxx che chiude l’ottava a +3%. Il monitoraggio dei temi evidenzia un buon movimento corale: torna a salire l’AI, assieme a Semiconduttori, Reits e comparti legati alle commodiities.

Trend dati macro e fondamentali

La spinta ai finanziari è arrivata dall’ambito delle dichiarazioni dei banchieri centrali mentre per i settori più legati al ciclo economico il boost è arrivato dopo i dati macro usciti negli Stati Uniti. Senza dubbio quelli di maggiore impatto sono stati quelli relativi al PIL USA, con il dato relativo al primo trimestre in crescita del 2%, rispetto a stime dell’1,4% da parte degli analisti. In discesa, in tema di mercato del lavoro, sia i nuovi sussidi di disoccupazione sia il monte totale, in continuità con il trend degli ultimi mesi che evidenzia ancora una tenuta su questo fronte. Una situazione che dà manforte ai consumi, anch’essi usciti su livelli sopra le attese (+4,2% vs +3,8%). Ed infine, anche sul mercato immobiliare vi sono dati che non mostrano al momento una situazione di indebolimento strutturale (limitato al settore uffici dove contano però anche le dinamiche legate al Covid). Il PCE core, indice dei prezzi di beni/servizi, è uscito su livelli ancora alti (4,6%) ma sotto le attese. Una dinamica che fa il paio con quanto visto nell’Eurozona, dove in realtà il quadro non è univoco, con dati in moderazione in Italia (+0% mensile a maggio, +6,7% annuo) e Spagna (+1,9% anuo), mentre in Germania la tendenza è stata inversa. In generale, rimane comunque ‘sticky’ la componente servizi, da qui le preoccupazioni della BCE.

Obbligazionario: la posizione delle banche centrali

Dalla riunione di Sintra, da annotare come esista una sorta di bilanciamento globale tra i vari istituti responsabili della politica monetaria, con Fed, BCE, BoE che vanno in una direzione e BoJ e Bank of China che in realtà rimangono espansive, unitamente alle attività a supporto dei governi tramite la politica fiscale. In particolare, la Bank of China è proprio in direzione opposta, nella speranza di ottenere qualche decimale in più nelle stime di crescita previste per il 2023. BCE, attraverso Christine Lagarde, ha evidenziato come l’atteggiamento resti quello di guardare ai dati per decidere ma contemporaneamente ha anche detto di avere ancora del margine di intervento, senza indicare un presumibile top. A luglio, comunque, il rialzo dei tassi di un altro 0,25% è dato per certo dai mercati, così come al 90% un successivo rialzo entro la fine dell’anno. I tassi arriverebbero quindi al 4,50%, non male! Lato USA, invece, a fine luglio si andrà a recuperare quanto non-fatto a giugno, con un ritocco dello 0,25%, la novità è che ora anche il mercato sembra allinearsi alle parole di Powell, con una probabilità di un altro rialzo verso novembre: se fino alla settimana scorsa si facevano spallucce, ora le tesi dei due rialzi è viva e vegeta ed infatti il mondo dei bond ha dovuto riparametrarsi a questo scenario. I tagli arriverebbero solo a 2024 inoltrato. Tutto questo con una necessaria annotazione, ossia che gli scenari sono come sempre fluidi e potenzialmente volatili ma questa volta forse più di altre.

Materie prime

Da inizio dell’anno il paniere scivola ora di oltre il 10%, effetto di un downside generalizzato tra i vari comparti. Male, infatti, quelle energetiche, i metalli industriali, l’agricoltura e ora anche il basket dei metalli preziosi, si salvano solo le soft commodities (caffè, zucchero, cotone). In realtà, l’oro (close a 1.919) segna ancora un +5,2% ma sul breve i posizionamenti delle banche centrali non fanno che innalzare i tassi reali (1,60% quello USA a 10Y, quasi +10 bps in una sola settimana), fattore ha indebolito il metallo giallo. In settimana il saldo per l’oro è comunque piatto (-0,1%), mentre i segni meno su metalli industriali e agricoltura sono più marcati. Si salva solo il petrolio, come spesso accade in controtendenza, che con un +2% torna sopra quota 70$ al barile, con una tendenza di medio termine ancora indecifrabile e senza direzione.

Valute

In ambito forex, saldo finale poco variato per il cambio Euro Dollaro, con un close in area 1,09. Il trend appare strutturalmente al rialzo da ottobre in poi ma ora con una definizione meno marcata e con l’ostacolo a 1,10 particolarmente ostico prima di poter parlare di una ripresa di tono rialzista per la valuta europea. Tra le altre valute, da segnalare ancora la debolezza della Lira turca (-6%), mentre in generale l’Euro è riuscito a guadagnare posizioni (su YEN e GBP). In ambito criptovalute, la situazione tecnica del Bitcoin vede le quotazioni sulla soglia critica di area 31.000 (-1,7% in settimana): la mancata rottura del livello è legata alle difficoltà di concretizzare i progetti di grandi player per nuovi replicanti.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it




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