Settimana finanziaria: inflazione, crescita e mercati in tensione
La settimana appena conclusa ha visto i mercati finanziari muoversi in un contesto di bassa volatilità, influenzati dai dati economici provenienti da Stati Uniti ed Europa.
Inflazione USA oltre le attese e reazione della Fed
Negli Stati Uniti, l’inflazione ha registrato un incremento del 3% a gennaio, superando le previsioni degli analisti e alimentando nuove incertezze sulla politica monetaria della Federal Reserve. Il presidente della Fed, Jerome Powell, ha sottolineato che, sebbene l’inflazione sia in calo rispetto ai massimi del 2022, non è ancora tornata al target del 2%, rafforzando l’ipotesi che i tassi di interesse possano rimanere elevati più a lungo. Anche i prezzi alla produzione hanno mostrato un aumento leggermente superiore alle attese, contribuendo alla pressione sui mercati.
Eurozona: segnali contrastanti tra inflazione e produzione industriale
In Europa, la situazione economica ha mostrato segnali misti. Da un lato, l’inflazione in Germania si è confermata al 2,8% a gennaio, mentre in Spagna il tasso armonizzato con l’UE è salito al 2,9%, segno che le pressioni inflazionistiche rimangono presenti. Dall’altro, la produzione industriale dell’Eurozona ha segnato un calo dell’1,1% a dicembre, peggiore delle attese, con una flessione del 2% su base annua. Anche la produzione industriale italiana ha subito un brusco calo a dicembre (-3,5% secondo l’Istat), riflettendo la debolezza del settore manifatturiero.
Germania: economia in difficoltà
Il ministero dell’Economia tedesco ha evidenziato l’assenza di segnali di ripresa per la prima economia europea, aggravata dalla debolezza della produzione industriale e dalla stagnazione della domanda interna. Tuttavia, il PIL dell’Eurozona nel quarto trimestre ha mostrato una lieve crescita dello 0,1%, superando leggermente le previsioni iniziali.
Migliora la fiducia degli investitori, ma restano le incertezze
Nonostante i dati contrastanti, la fiducia degli investitori nella zona euro è migliorata a febbraio, segnalando un possibile ottimismo per i prossimi mesi. Tuttavia, la debolezza delle vendite al dettaglio negli Stati Uniti (-0,9% a gennaio) e le incertezze legate alle politiche monetarie delle banche centrali continuano a pesare sulle prospettive economiche globali.
Che riflessi ha avuto questo sui mercati azionari?
L’S&P 500 è rimasto vicino ai massimi storici, mentre il mercato obbligazionario ha registrato guadagni grazie a un rally dei Treasury, con il rendimento del decennale sceso sotto il 4,5%. Le vendite al dettaglio negli USA sono crollate dello 0,9% a gennaio, il calo più forte degli ultimi due anni, segnalando un rallentamento dei consumi dopo un boom di spesa nel 2024. Nonostante quindi il dato usa sull’inflazione in rialzo, questo dato, insieme a un sentiment più cauto dei consumatori, ha rafforzato le aspettative di un possibile taglio dei tassi da parte della Fed entro settembre. I dazi e l’inflazione non hanno quindi intaccato il trend a Wall Street. La scorsa settimana l’S&P 500 ha chiuso con un rialzo del 1,5% molto vicino ai massimi di periodo. Il Nasdaq allunga ulteriormente con un +2,9%, trainato dagli utili del paniere che favorisce il settore tecnologico. Anche gli indici Europei in positivo.
Mercato delle materie prime
L’oro ha raggiunto un nuovo massimo storico vicino ai 2.950 dollari l’oncia, sostenuto dai timori legati ai dazi di Trump e dall’incertezza economica globale. Gli investitori si interrogano ora sulla sostenibilità del rally e sulla possibilità di nuove spinte rialziste o prese di profitto.
Sul fronte del greggio, i prezzi sono tornati a salire dopo tre settimane di ribassi, grazie a un allentamento delle preoccupazioni sulla guerra commerciale. Tuttavia, il mercato resta volatile: l’aumento delle scorte negli USA e le prospettive di colloqui di pace in Ucraina hanno contribuito a una pressione ribassista. Le entrate petrolifere russe continuano a crescere nonostante le sanzioni, secondo l’IEA, mentre l’OPEC mantiene il focus sulla stabilità dei prezzi, ignorando le pressioni politiche.
Dollaro in ascesa e impatti sul Forex
In risposta ai dati inflazionistici USA, il dollaro ha guadagnato terreno nei confronti delle principali valute ad inizio settimana spinto dalle prospettive di una politica monetaria restrittiva più prolungata. L’aumento dei prezzi al consumo e alla produzione ha alimentato aspettative di una Fed ancora prudente nei prossimi mesi, ma il dato sulle vendite al dettaglio ha avuto il sopravvento facendo chiudere il dollaro ad un meno 1.28 % rispetto alle principali valute e con il cambio euro dollaro in aumento dopo alcune settimane del 1,57%. Il Bitcoin ha registrato un calo, scendendo a 96,4K dollari, mentre i mercati digeriscono i recenti dati sull’inflazione negli Stati Uniti. L’aumento dei prezzi al consumo oltre le attese ha rafforzato l’incertezza sulle prossime mosse della Federal Reserve, influenzando il sentiment degli investitori. Il settore delle criptovalute, spesso sensibile alle politiche monetarie, potrebbe subire ulteriori oscillazioni a seconda delle aspettative sui tassi di interesse e sulla liquidità disponibile nel mercato globale.
Mercato delle obbligazioni tra incertezze e segnali contrastanti
I mercati obbligazionari continuano a riflettere le divergenze tra Stati Uniti ed Europa. I rendimenti dei titoli di Stato americani restano più alti rispetto a quelli tedeschi, segnalando che la Federal Reserve potrebbe mantenere i tassi elevati più a lungo della BCE. Nel frattempo, l’Italia mostra una situazione stabile, con lo spread tra BTP e Bund sotto controllo, indice di una fiducia ancora presente nel debito italiano. Tuttavia, la curva dei rendimenti USA è quasi piatta, un segnale di incertezza sulla crescita futura. Se i tassi dovessero rimanere alti troppo a lungo, potrebbero pesare sulla ripresa economica. Gli investitori restano in attesa di nuove indicazioni dalle banche centrali per capire la direzione dei mercati nei prossimi mesi.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario autonomo, www.pazzagliapartners.it