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mercoledì , 25 Dicembre 2024

S&P su nuovi massimi; avanzano anche le commodity

MERCATO AZIONARIO

Settimana caratterizzata da diversi saliscendi sui mercati azionari internazionali, con un azionario globale ancora positivo e con diverse sfaccettature emerse a livello di singoli indici. Divergono, infatti, le performance nello stesso mercato americano: se l’S&P 500 riesce a chiudere l’ottava in ‘verde’ (+1,3%), Nasdaq e Russell registrano invece risultati meno lusingheri (-1,0% e +0,2%), entrambi penalizzati da un movimento che, in alcuni frangenti, ha colpito i segmenti a maggior crescita. Se si osserva l’andamento recente del principale indice americano, l’S&P 500, rimane chiave la rottura, ad inizio aprile di quota 4.000, da cui si è sviluppato l’attuale allungo tecnico ancora in corso (con un top sopra area 4.200).

Nelle ultime due settimane, poche in realtà le novità tecniche: indice ancora vicino ai massimi e fasi di ritracciamento estremamente ridotte (1%-2%), con la mancanza, quindi di un catalizzatore capace di far indietreggiare gli indici. I panieri restano comunque ancora ben supportati dall’andamento delle stime sugli utili, con l’ultima stagione delle trimestrali che è stata ‘appagante’ (in assoluto) e che anche mostrato una visione degli analisti che è anche migliorata in termini di attese per il 2021.

Ecco quindi giustificato dai fondamentali il balzo dei mercati americani nel mese di aprile, con le quotazioni che ora tornano ad essere più ‘fair’, se pur vicinissime ai massimi assoluti. Se questo vale per un indice molto diversificato come l’S&P 500, sul Nasdaq la configurazione tecnica vede una certa distanza dai massimi, nonostante anche qui i risultati aziendali siano stati molti buoni. E’ l’effetto ancora di quella tendenza di rotazione settoriale che caratterizza i mercati in modo evidente dall’inizio del 2021. La sottoperformance del Nasdaq è enfatizzata infatti per quelle nicchie di mercato che nel 2020 erano state molto performanti, fino in pratica a metà febbraio. Molto nette in negativo i rendimenti infatti del settore ‘Clean energy’ (-5,3%) ma anche dei segmenti a più alto contenuto tecnologico (Intelligenza Artificiale, Software, Robotica). Settori in cui, con diversi ‘gradi’ è in corso un riallineamento tra le performance e i fondamentali delle aziende sottostanti. Premiati invece i comparti dell’industria tradizionale (chimica, costruzioni), dell’Energy, dei finanziari ma anche di comparti che finora erano stati un po’ trascurati, come le Telecom o gli auriferi. In questo gioco di passaggi di consegne tra comparti, l’S&P 500 riesce per questo motivo a tenersi sui massimi e a non perdere il proprio trend tecnico positivo.

Favorita dalle caratteristiche di questo andamento di fondo, l’Europa (+2,0% il paniere generale) con rialzi generalizzati per tutte le borse del Vecchio Continente ma anche il Giappone che torna a fare discretamente bene dopo un paio di mesi di appannamento. Tra i paesi emergenti, tono misto, positiva in particolare per la borsa russa, grazie al buon andamento delle materie prime, ma in realtà anche per quei listini legati alle materie prime. Sempre debole invece il mercato cinese che chiude l’ottava in negativo. Nonostante qualche spyke infraweek, il Vix presenta un close in netto ribasso.

MERCATO MATERIE PRIME

Per quanto riguarda le materie prime, settimana molto positiva per il comparto (+3,7%), sospinto ii tutte le componenti del paniere generale. Ottava col segno più per l’oro (+3,5%) in netto spolvero grazie alla discesa dei tassi reali, ma bene in generale anche altri metalli preziosi. Positivi tutti i metalli industriali (in particolare rame e alluminio), oltre alle materie prime agricole.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Il movimento settoriale visto sull’equity (con la prevalenza, come detto, dei comparti value rispetto a quelli ‘growth’) non si è dimostrata a pieno negli indici obbligazionari, che hanno visto, invece, un arretramento dei rendimenti. Il decennale americano è rimasto complessivamente stabile nel saldo settimanale e senza tensioni verso l’alto, scenario temuto in particolare dal mercato azionario.

Una stabilità che mantiene l’yield del titolo di stato americano a 10 anni in area 1,50%-1,60%, lontano, quindi, dai top sfiorati negli scorsi mesi a quota 1,80%. Una frenata che vede quindi una certa prudenza da parte del mondo obbligazionario, cauto nel guardare ‘lungo’ circa le prospettive dell’economia americana. I dati sulla disoccupazione di venerdì hanno certamente contribuito a confermare queste impressioni, con un dato al di sopra delle attese.

O, probabilmente, un momento di riflessione di capire quali saranno le mosse di politica monetaria da parte della Fed. O ancora, qualche elemento di incertezza sul processo di vaccinazione che negli USA pare rallentare (al contrario dell’Europa), non certo a causa di carenza di vaccini ma per una percentuale in aumento di riluttanti alla soluzione vaccinale. Circa l’aspetto relativo alle scelte della Federal Reserve, non sono mancati elementi di nervosismo in settimana sul tema dei tassi di interesse. Le news sono arrivate, però, solo in parte dagli attuali responsabili della politica monetaria USA, ma piuttosto da un ‘ex inquilino’. E’ stata infatti, Janet Yellen, in settimana, ad evocare un possibile rialzo dei tassi di interesse per evitare un surriscaldamento dell’economia americana, motivando il tutto con l’impatto del piano di spesa del governo americano (in tutto oltre 4.000 miliardi tra supporti alle famiglie, PMI e infrastrutture).

Una spesa pubblica con effetti inflattivi che la Fed dovrebbe affrontare nei giusti tempi, frasi che non hanno certamente fatto piacere a Wall Street, indebolita nelle sue frange più di natura ‘growth’. A borse chiuse, tuttavia, Yellen ha chiarito ulteriormente la sua posizione, ribadendo che non sta “predicendo o raccomandando” alla Fed di alzare i tassi di interesse chiave, quanto piuttosto che, prima o poi, questo potrà avvenire. Anche tenendo conto delle ultime revisioni al rialzo delle stime di crescita da parte del FMI.

Da parte della Fed sono arrivate però anche altri elementi di valutazione, questa volta riguardanti i livelli degli asset finanziari (sia azionari che obbligazionari). Prezzi che sono una diretta conseguenza del basso livello dei rendimenti dei Treasuries e che espongono quindi a vulnerabilità nel caso l’appetito per il rischio si smorzasse. Elementi che impongono un monitoraggio sui possibili effetti di tenuta del sistema finanziario, in particolare per le banche ma anche per quei soggetti potenzialmente impattanti per la loro tipologia di investimenti, come gli hedge fund ma anche per quei rivoli, ancora poco monitorati, come criptovalute e SPAC. Tra gli altri segmenti obbligazionari: positivo il corporate Investment Grade, specie quello US, sia quello High Yield. Il ritorno verso il basso dei rendimenti reali ha dato invece un contributo positivo ai governativi inflation linked.

MERCATO VALUTARIO

In ambito forex, settimana favorevole all’Euro rispetto al Dollaro USA, con un recupero di poco meno dell’1% (close appena sopra quota 1,21). La valuta europea è tornata ad avvantaggiarsi in particolare dopo i dati sul mercato del lavoro americano. Poco messo le altre valute, con qualche recupero, tra gli emergenti, per Real brasiliano e Rublo russo. Positivo il Bitcoin (+2,4% a 57.260 Dollari), ma ancora sotto la resistenza di area 60.000$.

 

DOTT. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, mail: [email protected]

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