PORDENONE – “Io non c’entro ma è giusto che indaghino, così verranno eliminati tutti i dubbi”.
E’ la dichiarazione che Giosuè Ruotolo, unico indagato per il delitto dei fidanzati Trifone Ragone e Teresa Costanza lo scorso 17 marzo nel parcheggio del palasport di Pordenone, si difende e ai microfoni di Newsmediaset.
Ruotolo si dice fiducioso: “Troveranno il colpevole. Io e Trifone eravamo amici. Ho portato la bara? Sì, mi sembrava giusto farlo”.
E riguardo alla mancanza di alibi sottolinea “Non vuol dire che sono colpevole”.
Ruotolo, che si trova nella casa dei genitori a Somma Vesuviana, è stato iscritto nel registro degli indagati per poter nominare un perito durante alcuni accertamenti irripetibili sul caricatore della pistola Beretta 7.65 rinvenuta nei giorni scorsi.
Il militare è tornato nella citta partenopea da qualche giorno dopo che la Procura della Repubblica di Pordenone ha posto sotto sequestro l’appartamento dove viveva e che, fino a maggio dello scorso anno, aveva condiviso con Trifone Ragone e altri due commilitoni del 132°Reggimento Carri di Cordenons.
Se ci fossero riscontri come tracce di Dna o impronte, sarebbe la prova che al momento manca agli investigatori.
L’accusa, infatti, si basa su alcuni riscontri riguardo la presenza dell’auto dell’indagato in zona e le tracce lasciate dal telefonino.