MERCATO AZIONARIO
Settimana di borsa debole per i principali indici internazionali, con saldi negativi piuttosto generalizzati. L’indice azionario MSCI World chiude infatti l’ottava scendendo di un 1,30%, interrompendo il clima di buonumore che si era diffuso tra gli operatori da fine agosto, quando il presidente della Fed Powell aveva smorzato qualche elemento di nervosismo in tema di politica monetaria. L’onda lunga di Jackson Hole ha portato l’S&P 500 a toccare nuovi massimi (top a 4.545 punti), evidenziando al contempo il bisogno di fisiologici ritracciamenti e rifiatamenti. Wall Street ha abituato in questi mesi a mantenere il proprio trend regolare, intervallando fasi di volatilità più accentuate (con ‘spyke’ del Vix, indice della volatilità, fino a quota 25-30) ma sempre rientrate verso soglie più contenute. Gli indici USA affrontano ora un quadro misto in tema di sentiment: da un lato le incognite legate alle decisioni di politica monetaria, dall’altro tutte le tematiche inerenti al momentum della crescita economica.
Nell’ottava appena conclusa il principale indice americano, l’S&P 500, è sceso al di sotto dei 4.500 punti, abbozzando una contenuta fase di ritracciamento, simile, per il momento, a quanto visto nelle fasi di debolezza da inizio anno (i passivi temporanei si sono attestati infatti tra il -2% e -5%). Logico pensare che parte del mercato voglia affrontare le prossime settimane con un atteggiamento più prudente, facendosi trovare meno esposta al meeting Fed del 21/22 settembre oltre alle scadenze tecniche di metà mese.
In negativo anche il Nasdaq (-1,35%) che aveva mantenuto finora una migliore forza relativa, grazie alla situazione di generale stazionarietà dei tassi di interesse e alla composizione del paniere, più ‘protettivo’ se si parla di emergenza sanitaria Covid per la presenza di titoli growth o ‘stay at home’. Nell’ultima seduta settimanale, però, è stata Apple (per una sentenza sfavorevole) a stornare dai massimi. Negli USA la variante Delta risulta ancora particolarmente aggressiva, con un aumento dei contagi e una campagna vaccinale che, dopo un buon inizio, ha rallentato in modo vistoso. Motivo che sta portando il Presidente Biden a imprimere una accelerazione su vaccini e test per evitare un autunno all’insegna delle chiusure di parte delle attività economiche. I segni meno di Wall Street si sono visti anche in Europa (Stoxx 600 -1,17%) con gli indici tutti in negativo. L’effetto trascinamento per il Vecchio Continente è dovuto anche alla maggiore debolezza dei settori ‘value’, penalizzati dalle tematiche legati al Covid e alle ripercussioni che queste potrebbero avere per l’economia globale. Tra i tematici segni meno marcati su auriferi, biotech, energie pulite e nicchie tech, in ritracciamento dopo i buoni guadagni delle scorse settimane.
Tra le altre borse: ancora progressi per il Nikkei (+4,3%) dopo l’annunciata uscita di scena dell’attuale presidente Suga mentre i paesi emergenti hanno mostrato un andamento misto nelle varie aree. Gli indici cinesi tentano il recupero pur mantenendo una volatilità sostenuta a causa dei continui interventi del governo di Pechino (questa volta sul settore gaming). Vix in una nuova fase di spyke verso l’alto, con una chiusura sopra quota 20.
MERCATO DELLE MATERIE PRIME
In ambito materie prime, moderato progresso per l’indice, frutto dei netti segni positivi per le materie prime industriali (soprattutto l’alluminio +8%) e dei ritracciamenti invece di materie prime preziose (oro di nuovo sotto quota 1.800, anche per la forza del Dollaro). Petrolio che chiude in leggero tono positivo, mantenendosi appena sotto i 70 Dollari al barile.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Per quanto riguarda il mercato obbligazionario, è stata la settimana del meeting della BCE, attesa dagli analisi per capire l’atteggiamento di Francoforte verso le istanze di chi, specie nel Nord Europa, aveva iniziato a chiedere una politica monetaria meno sbilanciata verso posizioni troppo accomodanti.
Il direttivo della BCE ha deciso di ridurre il ritmo degli acquisti mensili del programma PEPP (lanciato durante la pandemia), dando quindi seguito al pressing di una parte del direttivo. In realtà non c’è l’avvio di un vero e proprio ‘tapering’ ma piuttosto una moderata riduzione degli interventi, decisa sulla base dei dati relativi alle condizioni di finanziamento e delle prospettive di inflazione. Da aggiungere che i trimestri precedenti la Banca Centrale in realtà era stata particolarmente attiva sui mercati.
Il PEPP (da 1.850 miliardi) è programmato per continuare fino a marzo 2022 o comunque fino alle fine della crisi pandemica. Tutto fermo, ma non vi era il minimo dubbio, in merito ai tassi di interesse, tutti fermi ai valori ‘glaciali’ da ormai diverso tempo. Christine Lagarde si è mostrata soddisfatta per i progressi nella ripresa, con un ritorno ai livelli pre Covid entro fine anno. Bce stima un PIL per il 2021 al +5%, rispetto al precedente dato di +4,6% ed una inflazione rivista ad un 2,2% per fine anno. Dall’altra parte dell’Oceano, il momento chiave è tra circa dieci giorni, con la riunione della Fed prevista per il 21 e 22 settembre. Il Beige Book pubblicato in settimana ha attestato una decelerazione economica nei mesi precedenti, collegata soprattutto alla diffusione della variante Delta e alle conseguenti restrizioni. Impattano però, secondo la Fed, anche interruzioni dell’offerta e carenza di manodopera, che stanno limitando diverse aree di business. L’inflazione rimane su livelli sostenuti, con pressioni sui prezzi dei fattori di produzione (metalli, merci, servizi e materiali da costruzione), come attestato anche dai dati usciti venerdì.
Il mercato dei bond governativi mantiene un moderata spinta verso l’alto, sebbene i valori non abbiano varcato soglie ‘trigger’, come quota 1,40% del decennale USA. Il close di fine ottava all’1,34% rivela quindi ancora la situazione di attesa che caratterizza i tassi negli USA, con la Fed quindi che dovrà giostrarsi tra gli ultimi dati macro sul mercato del lavoro e le citate tendenze sui prezzi di beni/servizi. Anche il titolo trentennale ha tentato il breakout del livello al 2% ma senza riuscire nel movimento tecnico. La medesima tendenza rimane in essere anche per il Bund tedesco, che vede un valore finale d’ottava a quota -0,33%, ancora in discesa rispetto alla scorsa settimana.
Per quanto riguarda gli altri segmenti obbligazionari, non vi sono stati particolari spunti in ambito corporate investment grade, mentre l’high yield è stato più tonico. Notevoli invece i progressi degli indici inflation linked, favoriti dalle duration elevate dei panieri USA e zona Euro.
MERCATO DELLE VALUTE
Il cambio Euro Dollaro ha visto un ritorno di forza per il biglietto verde dopo che, nelle settimane precedenti, il mercato aveva sopravvalutato le possibilità e l’intensità di un tapering in Europa. Il cross si mantiene comunque in quota 1,18-1,19, area che sembra essere di equilibrio in questo momento viste le politiche delle rispettive banche centrali. In forte correzione il prezzo del Bitcoin (-14%) con i valori che riscendono in area 45.000/46.000 nella settimana in cui uno stato (El Salvador) ha adottato legalmente la criptovaluta.
Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Autonomo, mail [email protected]