Un’altra ottava positiva ha caratterizzato l’andamento settimanale dei mercati azionari internazionali: l’indice MSCI World chiude infatti con un saldo positivo di oltre tre punti percentuali, portando il passivo da inizio anno ad un -11%. E’ quasi ormai dimezzata la discesa che si registrava nel punto di minimo (lo scorso 17 giugno) e questo vale ancora di più per Wall Street che nella prima parte dell’anno ha fatto peggio rispetto ad Europa e Giappone ma che nelle ultime settimane ha messo il turbo: dai minimi di giugno l’S&P 500 vanta una performance del 16% e fa addirittura meglio il Nasdaq con un +20% (da inizio dell’anno si resta in territorio negativo rispettivamente dell’9% e del 16%).
Wall Street, quindi, si riprende la scena tra le borse internazionali, con gli operatori che hanno nuovamente fatto confluire le proprie scelte allocative verso l’area Dollaro: di fatto l’economia e le aziende americane rimangono il porto più sicuro in un contesto di incertezza macroeconomica o, sotto un altro punto di vista, rappresentano ancora le migliori scelte in senso prospettico. La stagione delle trimestrali ha allontanato la percezione di un imminente di calo degli utili aziendali: si parla infatti di un rallentamento della crescita ma non ancora di un passaggio in negativo.
Dal punto di vista macroeconomico inoltre, i grossi punti interrogativi riguardano la tenuta della crescita e dei consumi, l’andamento del mercato del lavoro e quello dell’inflazione, in un contesto in cui la Federal Reserve sta attuando una politica monetaria restrittiva in termini di tassi e del proprio bilancio. Se l’occupazione ha dato un forte segnale la scorsa settimana, il dato di inflazione uscito mercoledì (8,5% vs attese dell’8,7% e vs 9,1% di giugno) ha evidenziato un possibile picco di incremento del costo della vita, sebbene molte voci (come quella degli affitti) siano ancora impostati al rialzo. Le borse hanno festeggiato, ipotizzando un atteggiamento più soft da parte della Fed mentre i dati macro di venerdì (indice di fiducia del Michigan) sono stati migliori delle attese. Tra i settori più performanti l’energy (grazie al rialzo del prezzo del petrolio) anche se il movimento è stato sostanzialmente corale (in media +3%) con i soli difensivi logicamente meno tonici.
A beneficiare dei dati macro è stato soprattutto l’equity, con rialzi generalizzati mentre sull’obbligazionario l’andamento è stato volatile. I tassi USA a breve (2Y), dopo il rilascio dei dati di inflazione, sono prima scesi per poi chiudere sostanzialmente invariati (3,24%), con lo stesso percorso per il decennale americano (2,83%). La curva resta pesantemente invertita ma i mercati sembrano per il momento vedere il bicchiere mezzo pieno: certo, la Fed sta aumentando i tassi ma nel 2023 tutto potrebbe tornare ad una configurazione idilliaca, con dati macro in rientro dai valori estremi e utili aziendali su un sentiero di moderata crescita. Dopo i dati macro settimanali ed in relazione al meeting del FOMC di settembre i mercati sono divisi (quasi a metà) tra un rialzo da 0,50% o uno da 0,75%. In maggiore rialzo i tassi nell’area Euro (la crisi energetica è il focus principale) mentre negli altri segmenti obbligazionari ancora segni più per l’High Yield per l’ulteriore riduzione degli spread di credito.
In recupero le materie prime: il basket generale rimbalzare del 4,5%, migliorando la propria configurazione tecnica. Partecipano al rialzo i metalli preziosi (oro +1,5% a 1.800$), gli industriali (+2,7%), le materie prime agricole (+5%) e anche quelle energetiche, con il petrolio in rialzo del 3,5% a 92$. I dati di inflazione USA più bassi delle attese hanno ridato un po’ di fiato all’Euro che è tornato a rivedere quota 1,03 verso il Dollaro. Ancora il recupero il Bitcoin (+5%) che ritesta area 24.000.
Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]