Mercato Azionario
- Bottino pieno questa settimana per l’azionario globale, con l’indice MSCI World che guadagna oltre il 3,2% e porta il risultato annuale ad un lusinghiero +17,5%. Se consideriamo i dividendi, manca appena un 4% per tornare ai livelli di inizio 2022. Wall Street non fa eccezione, l’indice S&P 500 con un +2,5% settimanale, scavalla anche quota 4.500 e continua il proprio uptrend di breve, con uno slancio che è ancora quello iniziato con la rottura al rialzo di fine maggio di quota 4.170: da lì la cavalcata è stata quasi ininterrotta, se si eccettuano i brevi storni di fine giugno e quella della settimana scorsa. Mini storni perché non hanno superato il 3% di intensità e sono stati recuperati quasi immediatamente dal listino in entrambi i casi grazie ai dati macroeconomici superiori alle aspettative di mercato.
- Il catalizzatore del movimento settimanale è da ritrovare certamente nel rilascio dei dati di inflazione relativi a giugno, dove il CPI è uscito sotto le attese, dando credito alle speranze dei mercati di un allentamento della politica monetaria della Fed o quantomeno di qualche passo indietro rispetto alle bellicose dichiarazioni ormai costanti da parte dei membri del FOMC. Se uniamo questo ai recenti dati relativi al mercato del lavoro e al PIL, tutti favorevoli all’azionario, si capisce come mai l’indice USA abbia accelerato il proprio movimento al rialzo e dall’altro lato, sia stato particolarmente riluttante a concedere spazi di correzione significativi. Inoltre, il sottopeso sull’azionario degli investitori in questi mesi ha contribuito ad una vera corsa all’acquisto per evitare di essere lasciati indietro. Dal punto di vista tecnico, gli indici in sintesi mantengono l’uptrend anche se esprimono ora qualche eccesso ed una fase di ipercomprato.
- Guadagni più corposi sia per l’indice gemello dell’S&P 500, il Nasdaq, sia per l’Europa. Il primo si muove al rialzo e beneficia del quadro che si rinviene dai dati macro, con inflazione in moderazione e crescita economica che rappresentano l’ambiente ideale al momento per i titoli tech (cosiddetto goldilocks). Il Nasdaq 100 (+3,5%) si slancia molto più dell’S&P 500, oltrepassando quota 15.000 e avendo a portata il recupero pieno della perdita del 2022. L’Europa (Eurostoxx +3,9%) ha terreno da recuperare rispetto a Wall Street e deve ancora effettuare il breakout delle resistenze di breve, pur essendo ormai vicino. Come per l’S&P, anche sull’indice dei tech qualche eccesso di ipercomprato di breve si nota.
- I dati macro-settimanali hanno trovato il loro clou nel rilascio dei dati di inflazione USA, con il CPI mensile relativo a giugno aumentato dello +0,2% rispetto al +0,3%, mentre il dato annuale si è attestato al 3% (3,1% atteso). Sotto le attese anche il valore depurato da energia e cibo, con un +4,8% (atteso +5%). Manna dal cielo per le borse (e per i tassi) che mantengono la visione di riduzione vista negli scorsi mesi e capitalizza al massimo anche l’effetto base favorevole. D’ora in poi serviranno letture mensili tra +0,1% e +0,2% per evitare di andare sopra ai target della Fed. Spingono invece i salari (che tornano su valori reali positivi) mentre i sussidi di disoccupazione, sotto le attese, confermano la buona salute del mercato del lavoro.
- Inizia la stagione delle trimestrali, in partenza con valori attesi piuttosto bassi anno su anno (-8,2%). Le prime a rilasciare i dati sono state alcune banche con risultati positivi (soprattutto JPMorgan) e che collocano la visione come costruttiva, visto che non essendoci attese spasmodiche per il 2Q il rischio di ribassi dovrebbe essere limitato.
Mercato Obbligazionario
- Anche in una settimana dove è uscito un dato di inflazione al consumo favorevole (a cui si è unito poi anche quello relativo ai prezzi alla produzione) non sono mancate le posizioni quasi dogmatiche da parte dei membri del FOMC, che probabilmente stanno cercando di limitare al massimo una distensione troppo marcata da parte degli investitori. Appare evidente che l’operazione non sia stata particolarmente efficace per l’azionario mentre sui bond lo schiaffone della settimana scorsa ancora duole sulle guance degli operatori. Da evidenziare inoltre che però nel FOMC non tutti sono sulla stessa linea: se Mester ritiene che i tassi non siano in terreno restrittico e che non vi sia ancora un’effettiva vittoria sull’inflazione, Bostic si dice d’accordo sul punto relativo ai prezzi ma che la Fed è già ben posizionata. A questo punto viene da dire che conta probabilmente poco uno 0,25% in più o in meno, ma piuttosto per quanto tempo ancora questi tassi andranno ad incidere sul tessuto economico, che, finora ha retto in maniera inaspettatamente buona (soprattutto nell’ottica della Fed). Non fosse così, non avremmo i dati su comparto servizi e consumi ai livelli attuali.
- I mercati restano quindi comunque realisti e prezzano ancora il rialzo di luglio come quasi certo (92%) mentre l’ulteriore ritocco di fine anno perde un po’ quota (31%). Insomma, l’economia, secondo le stime, terrà ancora per un po’, poi l’inflazione rientrerà entro i target Fed e si potranno operare dei tagli distensivi. Vista la dinamica dell’azionario, questa operatività Fed sarà quindi orientata a normalizzare più che a gestire una fase di indebolimento o recessione in arrivo.
Materie Prime
- Buon recupero per il paniere generale (+2,6%) che non smette di essere poco direzionale nel medio termine ma almeno sul breve si allontana da zone di pericolo. Il rilascio dei dati di inflazione riporta buonumore soprattutto sui preziosi (oro +1,6% a 1.955, argento +8%), avvantaggiati anche dalla debacle del Dollaro. Il tono positivo è comunque ‘largo’, interessando anche metalli industriali ed energy, con il petrolio in area 75$ al barile e con clima meno fosco da parte degli investitori sulle prospettive economiche. Il plateau di inflazione e materie prime potrebbe trovare una base nel corso del 2023 e con una storia tutta da scrivere per l’anno prossimo.
Mercato delle valute e cryptos
- In ambito forex, settimana esageratamente positiva per il cross Euro Dollaro, con un movimento monstre per un cross di questo calibro. +2,4% in favore della valuta del Vecchio Continente che sfrutta al massimo i dati macro e operare il breakout dell’area di resistenza a 1,10 e vola fino a 1,125, mettendo ora sul mirino il successivo target a 1,15. Il mercato in questa fase guarda più alla possibile forbice tra politica monetaria BCE rispetto a quella FED. Tra le altre valute ancora deboli quelle emergenti (Euro-Lira turca a 29!). Tra le cripto il Bitcoin avvicina l’area di breakout a quota 31.000 (close a 30.248, -0,2%), ma manca ancora una volta il breakout mentre è risalito Ethereum (1.916 +2,7%).
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it