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Pordenone
sabato , 13 Dicembre 2025

Cronache dalla Poltrona: Speciale Mostra Cinema Venezia “Un anno di scuola”

Ok, raga, ho visto *Un anno di scuola* in anteprima stampa nella mitica (e un po’ scricchiolante) sala Casinò del Palazzo del Casinò al Lido, durante la 82ª Mostra del Cinema di Venezia. Sì, come al solito le poltrone cigolavano come se avessero qualcosa da dire, ma il film? Una bombetta di leggerezza triestina ma universale che ti fa dimenticare pure i sedili scomodi. Preparatevi a un viaggio che è come una serata epica sul molo di Barcola, con una (cento, mille!) birretta in mano e il vento che ti scompiglia i capelli!

Già dai titoli di testa, io – fiero pordenonese, nato e cresciuto nello Stato di Naon – sono quasi caduto dalla sedia quando è partita *The Future* degli Andy Warhol Banana Technicolor. Sì, proprio loro, i matti del Great Complotto! Non è solo una canzone, è un pezzo di storia che esce dalla mia cameretta di adolescente e si prende il grande schermo. Emozione a mille, giuro, sembrava di essere tornati agli anni d’oro del punk pordenonese, quando Pordenone era una capitale ribelle con bandiera, moneta e un’attitudine da “facciamo quello che ci pare”. Per chi non lo sapesse, il Great Complotto (1978-1980) era una provocazione punk che trasformava la nostra cittadina nello Stato di Naon ovvero in un’utopia di supereroi-rockstar che parlavano un “italiano internazionale” e se ne fregavano del provincialismo. E ora, eccolo qua, in un film! Per giunta realizzato con il sostegno della Friuli Venezia Giulia Film Commission-PromoTurismoFVG!

Dimenticatevi i soliti coming of age strappalacrime, tipo adulti che rimpiangono il T9 o adolescenti intrappolati in drammoni da soap opera. *Un anno di scuola* di Laura Samani è una ventata di bora triestina che ti spettina l’anima. È come uscire con gli amici a Roiano, scolarsi una (cento, mille!) birrette al buffet e poi cantare a squarciagola *Una fresca bavisela* sul molo, con quell’energia un po’ spaccona e un po’ insicura dei 18 anni. E, udite udite, è tutto in vernacolo triestino! Napoli scansate!

Dopo il grande successo poetico (ma, ammettiamolo, un po’ pesantino) *Piccolo corpo*, la triestina Laura Samani (classe 1989) torna con un film che è un’esplosione di vita, ironia e libertà. Non si prende mai troppo sul serio, ma ti colpisce dritto al cuore come una *clanfa* a Barcola in pieno agosto. (Per i non-triestini: la *clanfa* è quel tuffo leggendario a “cofanetto”, gambe raccolte e schizzi ovunque, oggetto di culto e di un’Olimpiade estiva con tanto di campionato ufficiale!).

La storia, ispirata al romanzo di Stuparich del 1927, ci porta a Trieste però nel 2007, quando Instagram era solo un sogno lontano e Schengen apriva i confini (e i mercatini di vodka e sigarette a prezzi stracciati con la Slovenia). La protagonista è Fredrika, detta Fred, una svedese esplosiva (Stella Wendick, che buca lo schermo come una rockstar che finge di essere una ragazza qualunque) che piomba in una classe di soli maschi in un istituto tecnico. Immaginate un uragano che si abbatte su un campetto di calcetto a San Giacomo: caos totale, risate, sguardi imbarazzati e qualche scintilla erotica. Fred, con i suoi modi diretti alla svedese, diventa il centro di gravità di un trio di amici – Antero, Pasini e Mitis (interpretati dai super naturali esordienti triestini Giacomo Covi, Pietro Giustolisi e Samuel Volturno e grazie a un lavoro di acting coach da manuale). La loro “fratellanza eterna” però inizia a scricchiolare, perché, diciamolo, quando arriva una bellezza come Fred, anche il *clebbino* più figo (in questo caso la vecchia tipografia del nonno di Mitis, aka la tana per le canne) rischia di trasformarsi in una rom-com da manuale!

Samani dirige questo circo con un’energia muliebre e moderna che sembra quella di chi ha appena scalato il Carso ma con una birretta in mano: leggera, ma con i piedi ben piantati a terra. La sua crew (molto al femminile: dalla produttrice, alla direttora della fotografia, alla montatrice) dà al film un tocco fresco e autentico.

La telecamera si muove tra i ragazzi come un’amica vicina che sa quando scherzare e quando stare zitta, catturando una Trieste vera, dai rioni ai baretti con le perline in legno sui muri, senza scadere nella cartolina per turisti hipster. Il dialetto triestino si mischia a italiano, sloveno, qualche parola in inglese e svedese, e il risultato è un ritratto di gioventù che sa di salsedine, libertà e quel momento magico dell’ultimo anno di scuola, quando sei a un passo dall’essere grande ma ancora ti senti un po’ scemo. (Per dirla con le parole della regista è quel momento quando dismetti i nemici funzionali (gli adulti) e diventi tu adulto.)

Le location? Un tuffo al cuore! C’è l’I.S.I.S. Nautico “Tomaso di Savoia Duca di Genova–L. Galvani” in via delle Campanelle, i Topolini di Barcola, lo Stabilimento Balneare Ausonia, le vie del centro, la gustosa Trattoria La Grotta a Roiano e l’osmiza Stoka di Contovello, quante ciocche lassù! (Per chi non lo sapesse, le osmize sono un’esclusiva triestina: cantine aperte dai contadini del Carso per servire vino e prodotti tipici in un’atmosfera da sagra casalinga). E poi c’è l’adorabile Muggia, con le sue viuzze colorate durante il Carnevale Muggesano. Insomma, un tour de force di triestinità che ti fa venir voglia di trasferirti lì domani!

E le musiche? Un inno alla gloria pordenonese! Oltre agli Andy Warhol Banana Technicolor, ci sono i Tre Allegri Ragazzi Morti (con Antero che sfoggia le loro t-shirt come un vero fan), i Mellow Mood e un piano sequenza finale da standing ovation (occhio, mini-spoiler!) con Fred che cammina verso il futuro sole dell’avvenire sulle note di *Più niente* dei Prozac+ (rifatta con Elisa). Non è una playlist trendy per fare i fighi, ma una selezione curatissima e funzionale alla narrazione e che celebra il territorio. Chapeau, davvero!

*Un anno di scuola* non ha bisogno di drammi esagerati per raccontarci cosa significa crescere. Fred è una ragazza normale, che vuole tutto – amicizia, amore, appartenenza – e si scontra con un mondo che le dice “scegli, piccola, non puoi avere tutto”. Ma lo fa con una leggerezza invidiabile, mentre i maschi intorno a lei (noi maschi ci arriviamo sempre dopo…) giocano a fare i duchi di Trieste, inciampando tra gelosie e insicurezze. Non è la classica eroina da film, è una che potrebbe sedersi al tuo tavolo, offrirti una birra e spararti una battuta in svedese sulla Fika (tipica pausa caffè in svedese)…

Il finale, con quel piano sequenza che ti fa venir voglia di urlarle “BRAVA!” in mezzo alla sala, è un inno alla consapevolezza che si guadagna a caro prezzo, ma senza versare una lacrima. Fred si riprende il suo nome, il suo spazio e, diciamolo, pure il nostro cuore. Uscirete dalla sala con un sorrisetto furbo, un po’ nostalgico, e la voglia di rivivere quell’età in cui tutto sembrava possibile, anche solo per una serata al Carnevale di Muggia.

In un cinema italiano spesso intasato tra commediole “camera e cucina” prevedibili e drammi telefonati e urlati, *Un anno di scuola* è una lucida pietra preziosa e diafana che brilla di luce propria. La giovane (per gli standard registici italiani…) Laura Samani ci ricorda che il cinema può essere libero, sincero e dannatamente divertente. Andate a vederlo, se volte portatevi pure una (cento, mille!) bella birretta e all’uscita vi verrà una insopprimibile voglia di cantare *Una fresca bavisela* fino a notte fonda assieme a Fred, Antero, Pasini e Mitis!

Pasqualino Suppa

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