I luoghi del Mediterraneo nell’ultimo libro di Ludovica Cantarutti

FVG – Attraverso un percorso culturale che inizia con la luce del Mediterraneo, l’identità, i luoghi e numerosi intrecci fra storia, archeologia, racconti di grandi personaggi e comunicazione, si sviluppa l’ultimo libro di Ludovica Cantarutti, giornalista ed operatore culturale, “MEDITERRANEO, onde e correnti per una storia di famiglia”, fresco di stampa per i tipi di Aracne editrice.

Il volume, che spesso cede la parola ai grandi scrittori che si sono occupati del Mediterraneo, ha uno scopo che l’autrice palesa già nella premessa quando svela l’intento di provocare l’Unione Europea affinché rifletta sull’opportunità di accogliere nel suo ambito anche i Paesi del Nordafrica che si affacciano sul Mediterraneo.

Da questa provocazione, nata soprattutto dalle comuni vicende non solo storiche che unisce tutti i popoli che si affacciano sul Grande Mare si dipanano tante storie che vanno dalla comune lingua parlata da tutti i marinai fin dal Medioevo, il sabir, per poter scambiare e vendere le loro merci anche nei porti più lontani, agli anni nei quali la Sicilia e parte del meridione d’Italia hanno vissuto sotto il dominio degli arabi, sfatando l’oblio colpevole della Storia, dal racconto sulla vita di Ziryab, al quale dobbiamo le portate e l’uso delle attuali stoviglie delle nostre tavole, alla storia della fanciullezza di Fibonacci trascorsa in Algeria.

Tanti racconti insomma per testimoniare, con il supporto di Chef Kumale, il celebre “gastronomade” italiano e quello di Giovanni De Zorzi, etnomusicologo e professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia, e soprattutto con due interviste allo scrittore libanese Amin Maalouf che la Cantarutti chiama in causa diverse volte, che forse è venuto il tempo di cominciar a parlare di una nuova Europa, perché troppo forte è il legame che i popoli del Mediterraneo hanno fra di loro.

Un patrimonio che deve essere il propulsore di una nuova configurazione del Vecchio Continente, anche come l’ha visto Albert Camus di cui il libro ha in apertura una poesia scritta dal Premio Nobel nel 1933.




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