La concorrenza (sleale) del legno straniero

Il talento artistico e il senso del bello insito nell’animo degli italiani è ciò che rende la nostra nazione una vera e propria eccellenza mondiale, da moltissimi secoli a questa parte. Tutte le forme d’arte hanno sempre visto primeggiare degli italiani, dalla pittura alla scultura, dall’architettura alla moda.

In tutto questo il legno ha sempre rivestito e ancora riveste un ruolo centrale per il successo, per via della sua duttilità e versatilità che garantisce la massima espressione del talento creativo. Il legno è proprio uno di quei materiali intramontabili, che in passato come oggi veicola il genio italiano: oggi è richiestissimo l’arretramento ligneo di alta qualità, per molteplici usi come l’allestimento degli interni di grandi navi da crociera piuttosto che per riempire le stanze di lussuose dimore di emiri arabi.

Forse nel sentire comune diamo poca importanza a questo materiale vivo, se non quando si riflette sulla sostenibilità ambientale ed in particolare sui materiali meno inquinanti in ambito edilizio. Però il clamoroso sradicamento di centinaia di migliaia di alberi delle foreste del Trentino e del Veneto del 2018 ha risvegliato in qualche modo le coscienze sull’importanza del verde, ma anche sull’importanza economica che il legname italiano riveste.

Le eccellenze che rendono grande e competitiva l’Italia nel mondo sono una parte considerevole del nostro settore manifatturiero, che a livello regionale è in allarmante sofferenza. Però, analizzando il comparto settore per settore, si vede che proprio le esportazioni di arredamento in legno continuano a registrare un trend assolutamente positivo.

Rimane il fatto che il mercato del legname italiano, ma diciamo pure di tutta la UE, è continuamente minacciato dalla concorrenza costituita dal legname che proviene da Paesi extracomunitari; in particolar modo da Asia e alcune regioni dell’Africa.

Come si può facilmente intuire per la maggior parte dei prodotti commerciali i prezzi nettamente inferiori rispetto a quelli della media europea li ritroviamo anche in questo ambito, perché riflettono la media dei prezzi dei loro sistemi economici ma anche a causa dei disboscamenti selvaggi.

Potendo garantire la fornitura di grandi quantità di legno low cost, comprese le specie particolarmente pregiate come il mogano, il teak, il ramino e l’ebano che non crescono in altre aree del mondo, possono contare su di una forte domanda proveniente da tutti i continenti.

Trattandosi di aree prevalentemente sottosviluppate o in via di sviluppo, manca sia la coscienza ambientale nel popolo, che difficilmente rifiuta di usare la sega elettrica per monetizzare con la vendita di grossi alberi magari tutelati, che la fermezza dei governi nel contrastare lo scempio ambientale e porre in essere politiche di incentivo per coloro che accettano di seguire precisi standard di sostenibilità.

Tutto questo comporta che per avere un corretto equilibrio del mercato del legno in questa economia globalizzata sia necessario fare affidamento sulle certificazioni forestali, al fine di tutelare la biodiversità, la produzione continua e sostenibile di nuova materia prima, nonché le tariffe di compravendita.

Quindi, oltre alle rigorose certificazioni esistenti per i trattamenti più o meno naturali a cui viene sottoposto ogni manufatto di legno, si agisce all’origine del legno stesso classificandone la provenienza e garantendo il basso impatto sull’ambiente. Per questo nascono le certificazioni FSC e PEFC, che fissano degli standard sulla gestione delle foreste.

La Certificazione internazionale FSC (Forest Stewardship Council) è di due tipi: una dedicata ai proprietari e ai gestori forestali e una alle imprese che trasformano e/o commercializzano i prodotti forestali. Per ottenerla occorre rispettare le norme, i diritti dei lavoratori e delle popolazioni indigene, contribuire al benessere delle comunità locali ed avere un piano ufficiale di gestione forestale.

La Certificazione PEFC, riconosciuta anche dall’Unione Europea, è sostanzialmente molto simile alla precedente, andando a preoccuparsi della salute della foresta, dei suoi lavoratori, della salvaguardia della biodiversità e che il disboscamento rispetti il naturale ritmo di crescita delle piante.




Condividi