Mercati finanziari, Borse in altalena. Oro alle stelle

MERCATI AZIONARI
Una settimana nata con un buon momentum da parte delle borse ha poi visto una evoluzione di segno opposto sul finale, tanto da portare i saldi finali in territorio negativo. E’ il caso dell’S&P 500 che è andato ad aggiornare i massimi di periodo (dai 3.230 punti di inizio giugno a quota 3.280) per poi scivolare sul finale.

In questo percorso inevitabile non notare come le difficoltà palesate dai titoli tecnologici in alcuni frangenti delle scorse settimane si siano ripresentate e abbiano visto correzioni anche marcate sulle società che più si sono apprezzate nella recente ondata rialzista tecnologica. Il Nasdaq 100 chiude l’ottava in negativo (-1,5%) e solo in parte gli altri comparti settoriali hanno saputo rappresentare una alternativa capace di accogliere i capitali in uscita.

L’S&P 500, infatti, è sceso dai massimi settimanali, pur evidenziando una performance migliore (-0,3%) del Nasdaq. La ragione va ricercata nel flusso di notizie che hanno guidato gli indici americani ed in particolare in quello che potrebbe danneggiare la già faticosa recovery degli utili dopo la crisi legata ai lockdown per Covid-19.

La tematica del confronto tra USA e Cina, come già ampiamente dimostrato nel 2018, è una di quelle che il mercato prezza con maggiore attenzione ed ha una valenza sostanzialmente trasversale sui comparti: da quelli industriali a quelli tech, infatti, dazi e tariffe impattano in maniera significativa in un mondo ormai economicamente e finanziariamente globalizzato.

Per questo motivo l’aumentare della tensione tra Pechino e Washington per motivazioni anche extra finanziarie (ex. le accuse americane del furto di informazioni sul vaccino anti-Covid da parte hacker cinesi e la conseguente chiusura del Consolato di Houston) ha riflessi su tutti gli ambiti, esacerbati poi dalle inevitabili ritorsioni tra le controparti.

Prematuro pensare ad una nuova guerra commerciale tra USA e Cina ma i mercati hanno preferito avviarsi verso prese di posizioni più prudenti, anche tenendo conto dell’upside che si è sviluppato negli ultimi mesi. La tematica si inserisce nel quadro ormai in avvicinamento delle elezioni USA: l’innalzamento della retorica anti-cinese si è fatta sempre più forte, tanto da pensare a qualche strategia da parte del presidente Trump.

La variabilità dell’equity vista in settimana si ricollega anche all’esito delle periodiche trimestrali USA: se Tesla ha sorpreso in positivo, Microsoft e Intel, pur con dati positivi, non hanno soddisfatto le attese degli analisti. In Europa le performance sono state inferiori a quelle targate US, con una performance più penalizzante per il Cac e il FTSE 100 inglese.

Stoppato, almeno in parte, il processo di recupero delle borse del Vecchio Continente che non hanno tratto grande giovamento dall’approvazione del Recovery Fund. Il Vix ha mostrato segni di fibrillazione pur restando ancora ampiamente sotto quota 30.

MATERIE PRIME
In ambito materie prime, il guadagno del paniere generale (+2,5%) è stato alimentato dal rally del comparto dei metalli preziosi, in particolare l’Argento (+18,1%). Il crollo dei prezzi reali e le incertezze economiche fanno affluire flussi sui metalli preziosi, con l’oro che si è allungato al rialzo (+5%) fino quasi a sfiorare i massimi del 2011.
Marginalmente positivi anche il petrolio (tonico sopra i 41 $) e i metalli industriali.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Sul reddito fisso la discesa dei tassi in maniera generalizzata ha portato a incrementi di valore su diverse micro asset class, anche appartenenti a categorie di emittenti diversi. In incremento quindi sia i governativi sia i panieri corporate, se pur con toni differenti.

I titoli di stato della zona Euro hanno evidenziato un upside direttamente collegato all’esito delle trattative sul Recovery Fund, per il quale, dopo estenuanti trattative, i capi di stato hanno trovato una sorta di ‘quadra’ tra le diverse posizioni.

Il punto dove i Ventisette hanno trovato l’accordo sul prossimo bilancio comunitario prevede un dotazione di 750 miliardi, come già previsto dai recenti accordi tra i principali leader europei. Il mix di cui si compone il fondo prevede 390 miliardi di sussidi e 360 miliardi di prestiti ed è la forma embrionale e sperimentale di un debito europeo comune.

La soluzione si struttura da un lato individuando le fonti di finanziamento e le modalità di distribuzione agli stati e, dall’altro l’effettivo rimborso. Il Fondo per la ripresa dovrà distribuire risorse tra il 2021 ed il 2023 e sarà mantenuto in vita fino al 2026. Dall’anno seguente dovrà invece seguire il rimborso del denaro preso a prestito.

L’accordo trovato, come detto, è frutto di un ampio dibattito e confronto, dopo che i paesi del Nord si erano detti contrari a formule troppo ampie di condivisione del debito.

L’introduzione di formule di condizionalità nell’erogazione dei fondi ha permesso di trovare un accordo generale, così come una serie di scontistiche per i cinque paesi che volevano limitare il denaro a fondo perduto (Austria, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia). Tra i paesi invece favoriti in termini di cifre l’Italia, anche se il risultato finale può essere di moderata soddisfazione più che di vero e proprio entusiasmo.

Gli effetti positivi si sono comunque fatti sentire sui rendimenti di titoli di stato italiani: l’yield del decennale è tornato in area 1%, valori che non si vedevano dall’inizio dello scorso marzo. Si riduce infatti la rischiosità percepita per l’Italia, grazie proprio agli effetti positivi dello strumento appena approvato. In contrazione anche i rendimenti del governativo americano, con il Treasury decennale che resta particolarmente depresso e con valori inferiori allo 0,60%.

Mercoledì intanto vi sarà nuova riunione della Federal Reserve che tornerà a pronunciarsi sulla politica monetaria ed i tassi. Non ci si aspettano particolari prese di posizione: difficile infatti ipotizzare cambi di strategia quando ancora si parla apertamente di una economia in difficoltà. In tal senso, il segretario del tesoro USA ha annunciato che si potrebbe essere un quinto pacchetto di stimoli all’economia USA.

MERCATO VALUTARIO
Per quanto riguarda il mercato dei cambi, il rally dell’Euro nei confronti del Dollaro ha portato il cross a raggiungere area 1,16, con un allungo e un segnale di forza. L’Euro ha comunque mostrato le stesse dinamiche di forza anche verso le valute emergenti, ad esclusione di Real brasiliano e poche altre. La forza dell’Euro
Dott. Alessandro Pazzaglia
Pazzaglia & Partners Consulente Finanziario Indipendente




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