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mercoledì , 4 Dicembre 2024

Quali spazi per la Ribolla gialla?

FVG – E’ dovuto passare molto tempo prima che la Ribolla Gialla trovasse l’attenzione che merita da parte del mercato locale, nazionale ed internazionale.

Vinitaly 2018 è stata l’occasione per presentare questo vitigno regionale, forse più identitario, nelle sue differenti espressioni:dalla versione ferma a quelle spumanti.

Nella fornitissima Enoteca Regionale del FVG i visitatori hanno avuto modo di approfondire la conoscenza del vitigno e delle tecniche di vinificazione e di partecipare ad una degustazione guidata nell’universo Ribolla Gialla.

Le prime testimonianze della Ribolla risalgono al 1300 d.c.. Nelle fonti storiche si fa per lo più riferimento ad un vino dall’elevato livello qualitativo tanto che se ne raccomandava la coltivazione. Spesso veniva impiegato quale dono a nobili e regnanti dell’epoca. La Ribolla gialla è stato identificato talvolta con nomi simili e distorti ed è stata confusa con altri vitigni, soprattutto con la Glera con la quale spesso condivideva gli spazi sui filari dei vigneti regionali.

Il nome evoca il ribollire nei tini in fermentazione ed un colore che si avvicina al rubino chiaro dell’uva matura o, ancora, alle rive e ai piccoli pendii tipici delle colline friulane.

Ma il nome Ribolla Gialla è affascinante anche perchéfemminile, perché composto da due parole che richiamano il calore, l’estate, l’uva matura, l’ottimismo: il colore giallo, infatti,viene spesso utilizzato come sinonimo di genuinità.

Il dibattito sul vitigno, negli ultimi mesi, si è concentrato molto sulla giacitura ottimale dei vigneti e sulla loro produttività. Durante gli incontri fra produttori, Consorzi, Associazioni di categoria, gli operatori del settore si sono impegnati nel trovare le linee guida per dar vita ad un disciplinare nuovo per il vitigno Ribolla; un disciplinare che sia in grado di tutelarne l’origine, il livello qualitativo ed il legame con il territorio.

La Regione Friuli Venezia Giulia e le aziende vitivinicole regionali oggi hanno di fronte un qualcosa che assomiglia ad una nuova Eldorado: possedere un vitigno autoctono che negli ultimi 15 anni ha visto aumentare la sua superficie di un migliaio di ettari così passando da poco meno di 300 ettari nel 2000 ai circa 1700 del 2017, con una prospettiva di raggiungere i 2000 ettari nell’anno 2019.

Ora, se per superficie coltivata e relativa quantità prodotta, il fenomeno Ribolla Gialla può essere considerato del tutto trascurabile rispetto ad altre realtà italiane, di certo non lo è l’impennata del numero di barbatelle impiegate in campo e prodotte nei vivai: chiaro segnale che qualcosa sta cambiando attorno a questo vitigno.

Di questo cambiamento le aziende produttrici se ne sono rese conto ed è nata l’esigenza di meglio disciplinare quello che a pieno titolo possiamo definire il fenomeno Ribolla.

Un disciplinare dedicato alla Ribolla Gialla, potrebbe costituire la giusta soluzione per stabilire delle regole per un vitigno che, come riportato da fonti storiche, trova il suo habitat naturale in collina, ma che nel corso degli anni sta conquistando sempre più zone di pianura.

Il vitigno è generoso per sua natura, consente ottime rese nella pianura friulana adatte soprattutto alla spumantizzazione, ove, se lasciato produrre, non ha problemi a raggiungere anche i 200 quintali ettaro. Di contro, nelle zone collinari di migliore elezione, che beneficiano degli influssi del mar Adriatico da sud e dei venti di Bora che spirano da nord, la resa ettaro diminuisce anche in maniera sensibile, consegnandoci prodotti che severi viticoltori ottengono anche con rese di soli 50 quintali ettaro. Queste limitate rese vanno imputate a vitigni che affondano le proprie radici nella ponca, terreno povero di marne e ideale per il vitigno.

Questa versatilità, che certamente è positiva considerato l’aspetto quali-quantitativo della produzione regionale, costituisce il nodo centrale nella ricerca di un accordo tra le imprese produttrici di collina e quelle di pianura nel redigere un unico disciplinare.

L’utilizzo dei corretti sistemi d’impianto, le rese per ettaro non eccessive e le corrette tecniche enologiche esaltano le potenzialità del vitigno anche nelle zone pianeggianti. A conferma di ciò, i maggiori incrementi registrati nell’impianto delle barbatelle di Ribolla sono infatti registrati nelle provincie di Pordenone e Udine, più che non in quella di Gorizia.

La domanda sorge ora spontanea: non è per caso che la Ribolla Gialla si sia montata la testa e voglia imitare la cugina veneta Glera?”

L’exploit del fenomeno sparkling wines è oramai noto a tutti: le bollicine italiane siano esse metodo Charmat o Champenoisestanno insidiando (avevi scritto insediando…era sbagliato vero?) i primati di un vino che non conosce crisi, ossia lo Champagne francese.

Nei primi mesi del 2018, negli USA, mercato di riferimento tanto per la Francia che per il nostro Paese, la bollicina d’oltralpe ha mostrato segni di rallentamento nelle vendite a favore del made in Italy.

E’ evidente che con i futuri 2000 ettari di Ribolla del 2019, il Friuli Venezia Giulia non ha alcuna possibilità di confrontarsi sui mercati dal punto di vista quantitativo con il Prosecco. La strada, dunque, appare già segnata: la Ribolla Gialla deve necessariamente puntare alla qualità e alla territorialità, dovrà proporsi quale testimonial del territorio friulano, delle sue tradizioni e dovrà essere capace di esprimersi nelle differenti versioni caratterizzate dai differenti terroir.

La ridotta dimensione del fenomeno Ribolla Gialla ha tuttavia aspetti positivi: piccolo è spesso sinonimo di qualità: buona parte dei consumatori italiani ed esteri, già associano al vino Ribolla qualità elevata.

Ma per penetrare i mercati esteri con più incisività sarànecessario agire congiuntamente il ché non sarà facile se prima non sarà raggiunto un accordo in punto resa ettaro ideale. Le richieste dei produttori di pianura che si attestano anche oltre i 130/140 quintali ettaro appaiono oggi difficilmente coniugabilicon gli 80/90 quintali ettaro della collina.

D’altro canto, stabilire un valore medio tra i due quantitativi scontenterebbe entrambe le fasce di produttori, né sarebbe corretto perché la Ribolla è un vino che presenta caratteristiche anche molto differenti seppur proveniente dallo stesso vitigno. Basti pensare alle peculiarità delle Ribolle macerate di Oslavia, autentici nettari ancestrali, capaci di impegnare i palati più sofisticati, o di accompagnare il degustatore con un fine pasto da meditazione.

Quale sarà la soluzione capace di tutelare la Ribolla Gialla e di non scontentare nessuno? Forse una soluzione potrebbe essere rappresentata da una Doc Ribolla Gialla regionale con una sottozona a Docg di collina: soluzione che certamente non soddisferebbe tutti i produttori ma di certo tutelerebbe il vitigno, il vino ed il territorio ed avrebbe l’indubbio vantaggio di offrire, anche ai mercati estesi, un vino a denominazione di origine che si esprime nelle versioni spumanti, ferme, e macerate capace di accontentare diverse fasce di consumatori, differenti tasche e differenti palati.

Antonio Lodedo

 

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