Tarvisio, lupi e lupi ibridi: tra allarmismo e disconoscenza

FVG – Il lupo è ritornato nella foresta di Tarvisio qualche anno fa. Alcuni soggetti in dispersione da altri branchi si sono stabiliti sul territorio cercando di formare nuove coppie. Ora l’allarmismo, di questi ultimi mesi, spesso determinato da una vera mancanza di conoscenza sul comportamento di questo canide, sembra quasi condizionato da una commistione tra terrore e fascino mitologico provocato da una cospicua letteratura e cinematografia che alimenta le fobie della psicologia umana. Il lupo, come gli altri animali selvatici che abitano la foresta, appartiene ad un sistema naturale perfetto ed in quanto tale ha la sua funzione per mantenerne l’equilibrio.

La sua vicinanza agli abitati è semplicemente determinata dal fatto che è l’essere umano ad aver edificato in prossimità del suo territorio. Se durante l’inverno scende a valle non è perché sia guidato da una insaziabile voglia di attaccare l’uomo o di mangiarselo, ma semplicemente perché segue le sue prede che, a causa della neve, si spostano verso luoghi meno ostili in cerca di cibo.

Tanto clamore sta suscitando la storia del branco dei “presunti” lupi ibridi, il cui maschio alfa nero sembra aver attaccato un uomo ed il suo cane in una casa, fra la notte dell’8 e 9 dicembre a Malborghetto. Caso tuttora al vaglio degli accertamenti del Reparto Carabinieri Biodiversità di Tarvisio. Per avere informazioni più sicure su questa famiglia di presunti ibridi, abbiamo intervistato il Consigliere delegato alle politiche per la montagna e risorse naturalistiche di Tarvisio Paolo Molinari che, è anche coordinatore del Progetto Lince Italia, un gruppo di ricerca dell’università di Torino, che opera attraverso una convenzione con il Raggruppamento Carabinieri Biodiversità e insieme alla sua squadra, sono gli unici ad occuparsi dei lupi nel tarvisiano.

È possibile ricostruire la storia di questa famiglia di presunti lupi ibridi?
“Contemporaneamente alla fase di espansione del lupo nelle Alpi Slovene, qualche anno fa successe che un cane randagio nella parte orientale della Slovenia incontrò una lupa dando origine ad un branco ibrido. La maggior parte di questi ibridi fu abbattuta, qualcuno andò in dispersione ed uno di questi potrebbe essere finito a Tarvisio.

Nel 2020 un canide nero fu monitorato in Slovenia fino alla sua scomparsa in prossimità del confine con l’Italia. Proprio nello stesso periodo comparve un canide nero nel tarvisiano. Per il suo comportamento, diverso da quello di un cane fuggito da qualche casa, perché è capace di predare da solo e scappa alla vista dell’uomo, ci sono tutti i presupposti che sia il soggetto in oggetto. Siamo un cospicuo gruppo di esperti che la pensa nello stesso modo rispetto all’origine dell’attuale branco. Quindi dal 2020 abbiamo un canide presunto lupo ibrido sul nostro territorio.

Perché pensate abbia formato una famiglia?

“L’intensificazione del nostro monitoraggio ci ha fatto capire che questo presunto lupo ibrido di probabile origine slovena si è incontrato con la unica lupa presente nel tarvisiano. Abbiamo le registrazioni delle foto e dei video che li mostrano insieme. Sono state fatte delle analisi genetiche sul maschio, ma essendo il lupo e il cane molto vicini geneticamente è difficile capire le differenze, ancor più se è un ibrido.

A causa dell’introgressione (ibridazione), per scoprire le differenze bisogna avere materiale genetico di altissima qualità da poter analizzare e i campioni raccolti del maschio non hanno dato nessun esito chiaro, mentre quelle fatte sui campioni raccolti della lupa hanno dato un responso preciso. Quest’ultimi ci hanno permesso di capire che è originaria di un branco che viveva a Pokljuka, una regione della Slovenia, da cui è emigrata da giovane e ha raggiunto le nostre montagne.

Così è iniziata la storia di questa coppia che si è riprodotta dando alla luce sette cuccioli ibridi, di seconda generazione. Due sono completamente neri come il padre, due hanno una colorazione intermedia, cioè sono abbastanza scuri simili ad un pastore tedesco, e gli altri sono grigi identici alla madre molto selvatici come fenotipo. La coppia è di due individui giovani. Dalle analisi effettuate sulla femmina si sa che è nata nel 2019 ed è sicuramente stato il suo primo parto”.

Quando si parla di analisi genetiche cosa si intende?
“Formalmente per essere sicuri al cento per cento che il maschio di colorazione nera sia un ibrido bisogna avere un’analisi genetica, altrimenti potrebbe anche essere un animale melanico, ossia che nell’espressione fenotipica, nei caratteri esterni che mostra, è completamente nero. Sono esemplari che sviluppano una colorazione anomala, però sono estremamente rari quindi la probabilità in questo caso è molto bassa perché quando un soggetto melanico si riproduce solo raramente trasmette il melanismo alla prole; soprattutto non darebbe vita a individui “misti”, né grigi né neri; quindi, essendoci fra i cuccioli due neri e soprattutto due mezzi grigi è piuttosto improbabile che il capobranco lo sia. Ci sono due tipi di raccolta di materiale genetico: una non invasiva e l’altra invasiva.

La prima è quella che abbiamo effettuato finora attraverso la raccolta delle fatte dell’animale, dei campioni di pelo, ed è un lavoro di ricerca sul campo senza che il lupo se ne accorga. Il problema che si presenta in questo caso è che essendo il lupo e il cane della stessa specie, è molto difficile che dalle analisi di questo materiale emergano quei risultati che consentano di rilevare l’ibridazione. C’è pertanto bisogno di materiale genetico di elevatissima qualità per coglierla.

I primi campioni raccolti durante l’estate, a causa delle condizioni metereologiche come il caldo, hanno evidentemente trasformato il materiale da analizzare in maniera troppo veloce per riuscire a determinare un’analisi così dettagliata. I campioni raccolti durante l’inverno, naturalmente congelati e conservati, probabilmente sono di qualità molto superiori, e ci auguriamo che a breve ci diano responsi più precisi senza dover arrivare ad utilizzare tecniche più invasive. In caso l’esito non sia soddisfacente dovremo provvedere alla manipolazione dell’animale attraverso la cattura, la narcotizzazione, il prelievo del sangue. Azioni comunque complesse e che comportano un certo stress per l’animale”.

Che rischio comporta l’ibridazione del branco?
“Da un punto di vista ecologico e comportamentale questi ibridi sono identici ai lupi, predano come lupi, non sono più pericolosi, né più confidenti, quindi non cambia assolutamente niente. L’unica pecca è che non sono puri quindi contribuiscono ad impoverire la purezza del patrimonio genetico del lupo, il quale appartiene ad una delle specie con la più alta dinamica di popolazione ed il più alto potenziale di espansione a livello alpino. In questo caso il rischio oggettivo è di ibridare una larga porzione della popolazione di lupi e perderne le caratteristiche pure. La logica imporrebbe di intervenire subito, prendendo delle precauzioni rispetto alla famiglia di ibridi, ma prima dobbiamo essere sicuri che si tratti di introgressione”.

Perché non potete intervenire alla cattura in questo momento?
“Quando c’è una certa coltre di neve e si va a -15 i sistemi di cattura non funzionano bene. Il sistema lanciasiringhe telecomandato, per esempio, non è utilizzabile perché il narcotico in poco tempo si cristallizza e perde di efficacia; ciò significa intervenire in modo invasivo su di un animale senza sortire ad alcuna informazione utile. Le trappole convenzionali autorizzate e i sistemi di allarme ad esse collegate in queste condizioni possono avere diverse disfunzioni, ma noi non possiamo correre il minimo rischio che un animale possa ferirsi durante queste operazioni.

Quindi interverremo quando le condizioni ci permetteranno di farlo. Stiamo lavorando intensivamente con questi lupi nel tarvisiano e li conosciamo abbastanza bene, e fare una cattura comporta una serie di azioni che devono essere realizzate con criteri molto professionali per non ledere l’animale. Non appena sarà possibile cercheremo di catturare alcuni individui. La massima priorità è rivolta ai due animali adulti. Sapevano dai video, quando abbiamo iniziato a monitorare la famiglia, che i due alfa andavano in giro con questi cuccioli, ancora abbastanza maldestri, ed era alto il rischio che fosse proprio uno di loro a cadere in una trappola. Tuttavia, erano ancora troppo giovani per essere radiocollarati e la cattura avrebbe comportato che il branco diventasse estremamente sensibile ed estremamente attento.

Il nostro obiettivo primario, quello di catturare uno dei due animale adulti, in tal caso si sarebbe vanificato. Ora è possibile mettere un collare anche ad uno degli animali giovani, che nel frattempo sono cresciuti e hanno le dimensioni quasi di un adulto. Sperando che non vada subito in dispersione, potremo mantenere il contatto con il branco e conoscerne meglio le abitudini e i comportamenti, utili a programmare meglio le azioni gestionali.

L’obiettivo primario rimane la cattura dei due alfa, l’ideale sarebbe il maschio nero. Se si conferma geneticamente che è un ibrido, potrà essere castrato e quindi non potrà più dare vita a ulteriori ibridi. Tutte le strategie e scelte di intervento sono la sintesi di un confronto tra le diverse istituzioni preposte alla gestione e conservazione della fauna selvatica. ISPRA, Ministero per la Transizione Ecologica, Regione FVG e Carabinieri Forestali. I tecnici che operano in queste istituzioni sono tutti esperti e tutti integrati nella comunità scientifica internazionale – all’interno della quale peraltro l’Italia rappresenta un’assoluta eccellenza. Il confronto interno come quello esterno è molto importante e necessario per gestire una specie che, come il lupo, non conosce confini”.

La presenza del lupo sul territorio è positiva?
“Il ritorno del lupo è una cosa molto positiva perché aiuta ad equilibrare degli eccessi faunistici che abbiamo sul territorio come, per esempio, una massiccia presenza di cervi. Gli ungulati possono provocare seri danni alle culture agricole e soprattutto alla rinnovazione forestale. Le tenere pianticine del bosco sono molto appetite ai cervi, i quali brucando selettivamente alcune specie, riducono notevolmente la biodiversità forestale. Generalmente preferiscono giovani latifoglie come, per esempio, l’acero di montagna; quindi, l’acero tende a sparire ed altri alberi meno appetibili tendono a crescere di più. Quindi si crea un’alterazione. Il danno alla rinnovazione forestale è serio e ciò, oltre che un problema ecologico, può diventare un problema di sicurezza se l’impatto avviene in un bosco cosiddetto di protezione”.

Perché i lupi in inverno scendono a valle?
“Vengono a valle richiamati dalla loro selvaggina, dalle prede. Quando in montagna nevica in alto, soprattutto i cervi scendono a valle dove ci sono ancora un po’ di prati verdi e i lupi li seguono. Considerando che il fondo valle è molto antropizzato capita che si avvicinino agli abitati esattamente come fanno i cervi. Questo conferisce una percezione di qualcosa di anomalo, che per lo più se associata al lupo si acutizza dovuta a paure ancestrali”.

È pericoloso per l’uomo?
“Potenzialmente sì, ma i casi sono estremamente rari. Molto più frequenti, sembra strano a dirlo, gli attacchi, anche mortali, provocati da cervi e altri animali selvatici e domestici, compreso l’amato cane. Il lupo spesso quando ti sente arrivare scappa, o comunque se gli si grida dietro generalmente se ne va. Se resta a guardare è perché è curioso o semplicemente perché cerca di capire meglio la situazione. Attitudini normali per un animale intelligente. Se a osservarci senza scappare subito è un capriolo o un camoscio, come spesso accade in montagna, non ci spaventiamo, ma se lo fa un lupo si ascrive immediatamente questo comportamento a qualcosa di anomalo. È importante capire ciò per non creare inutili allarmismi.

A rischio sono i cani che girano da soli nel bosco o comunque lontani dal loro padrone. Il branco di lupi difende strenuamente il proprio territorio contro ogni possibile rivale e il cane è considerato un rivale. Lo stesso atteggiamento lo hanno però anche con lupi di altri branchi. Una delle cause di mortalità più elevata tra i lupi è l’uccisone intraspecifica. Se un lupo va in dispersione ed entra nel territorio di un altro banco e non scappa in tempo rischia di essere ucciso. Quando si va in montagna o in un territorio dove c’è altra fauna selvatica è comunque buona regola tenere i cani al guinzaglio sia a tutela del cane, sia a tutela della fauna”.

Per quanto riguarda il discorso degli allevatori?
“Il ritorno del lupo da un lato è positivo dall’altro per ciò che riguarda il comparto agricolo e dell’allevamento un po’ meno. Gli allevatori sono preoccupati perché possono provocare danni anche importanti. Questo è il risvolto della montagna perché anche loro fanno parte del comparto montano, e sono categorie che vanno assolutamente aiutate e tutelate. Le loro preoccupazioni sono legittime e vanno prese sul serio. Va comunque ricordato che la Regione ha messo in atto un sistema di assistenza attraverso misure di prevenzione e di risarcimento danni, anche se purtroppo molto spesso non bastano. Da un punto di vista della prevenzione a livello generale ci sono diverse situazioni in cui gli accorgimenti previsti non funzionano sempre e non dappertutto. Ma è d’obbligo fare il possibile e provare. La Regione in questo senso è abbastanza all’avanguardia e fornisce un ottimo servizio di supporto d’informazione per gli allevatori che sono interessati. Ci sono dei tecnici che in caso possono essere contattati e forniscono assistenza all’allevatore”.

Laura Fonovich

Il ricercatore Paolo Molinari del Progetto Lince Italia sul campo in fase di analisi di un lupo rinvenuto morto; Archivio Progettolinceitalia
Paolo Molinari: Nato a Udine nel 1967, cresce a Tarvisio fino a che gli studi non lo portano a Padova, dove si iscrive alla facoltà di Scienze Forestali. Si specializza nella zoologia forestale e approfondisce gli studi in Austria, Germania e Svizzera. Partecipa a numerose spedizioni in diversi continenti e si trasferisce in Svizzera dove presso un istituto di ricerca e gestione faunistica lavora a livello internazionale per 15 anni. Rientra in Italia, a Tarvisio, ma continua a svolgere il suo lavoro di ricercatore faunistico soprattutto a livello internazionale. È stato coordinatore di progetti e gruppi di lavoro per enti, organizzazioni e ministeri in diversi paesi. Ha effettuato consulenze per il Consiglio d’Europa, la Comunità Europea e ha lavorato per la Convenzione delle Alpi. È membro del KORA, della SCALP e dell’IUCN. Ha tenuto molti corsi di formazione professionale ed è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative. È un appassionato naturalista, conservatore, nonché un profondo conoscitore della Foresta di Tarvisio, soprattutto della sua fauna.

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