Circolo stampa, confine labile tra notizie e fake news

PORDENONE – È bastata una “miccia” tra il mondo dei media e il pubblico per accendere un dibattito sul futuro, ormai realtà, della comunicazione e dell’informazione; l’ennesimo confronto, si potrebbe dire, ma sicuramente non di troppo, quando l’analisi si regge sulla qualità dei protagonisti, come è accaduto venerdì scorso nella sede pordenonese dell’Università di Udine.

L’occasione è stata la prima giornata di “Futuro Contemporaneo”, l’evento annuale del Circolo della stampa di Pordenone che ha collegato la sua 5ª edizione, (“Giornalismo al bivio: giornalisti o robot”, chiusura venerdì 26 maggio) all’attività di ricerca e di insegnamento della facoltà di comunicazione multimediale e di tecnologie dell’informazione e degli altri corsi del centro universitario polifunzionale pordenonese.

RELATORI E ARGOMENTI

Cinque i protagonisti del primo incontro, introdotti da Pietro Angelillo, presidente del Circolo della stampa, e da Angelo Montanari, delegato del Rettore dell’Ateneo friulano:
Marco Ferri (copywriter): “La comunicazione pubblicitaria tra informazione e persuasione. Storia, arte e professionalità di una professione creativa”.

Letterio Scopelliti (giornalista-scrittore, docente di giornalismo, Premio Cigana 2021-22): “Professionalità e deontologia, tra notizie giornalistiche e comunicazione pubblicitaria”.

Adriano Cirulli e Manuela Farinosi (docenti di Social Media e Comunicazione all’Università di Udine): “L’influenza sociale ai tempi delle piattaforme digitali: relazioni, fiducia e (nuove) narrazioni mediali”

Eddy Maddalena (docente di Scienze dei dati, Internet of Things all’Università di Udine): “Crowdsourcing contro disinformazione e fake news”.

Cristiano Degano (presidente dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia): “I giornalisti e i loro organismi rappresentativi di fronte ai mutamenti epocali dell’informazione”.

ESPERIENZE A CONFRONTO. Dunque, si è partiti dal confronto tra giornalisti e pubblicitari, tradizionali protagonisti dell’informazione e della comunicazione, spesso in contrasto, per linguaggio e metodologia, ma inscindibili per motivi di carattere economico e sociale.

Marco Ferri, uno dei “guru” della creatività pubblicitaria, ha dato fuoco alle polveri, prendendo lo spunto dal nuovo libro di cui è curatore, “Estinti saluti” (Lupetti Editore), storia della lunga e innovativa stagione di copywriter, art director, creativi a tutti i livelli, a partire dagli anni Ottanta. Un passato illustre che ha caratterizzato un’epoca con le sue intuizioni e con la sua creatività, interprete dell’evoluzione di una società che cambiava all’insegna della forza del benessere, in grado di sostenere economicamente anche i giornali.

Gli ha risposto un altro “guru”, Letterio Scopelliti, giornalista e scrittore, per precisare che l’interdipendenza storica tra i due settori non deve portare a confusione di ruoli e di obiettivi. In una realtà che cambia vertiginosamente siamo tutti prede di un capovolgimento dei valori: purtroppo oggi la “pubblicità fa il prodotto”, mentre un tempo era l’opposto. Lo tesso concetto si insinua nel modo di considerare la notizia.
CAUSE E RIMEDI. I due relatori concordano nel considerare che oggi entrambi i settori hanno temibili “nemici” destabilizzanti, dall’intelligenza artificiale ai social media, dagli influencer ai testimonial. Tuttavia possono superare ostacoli e perdite di posizione con il ricorso all’autorevolezza e alla professionalità, da contrapporre alle fake news e ai messaggi occulti.

Il risultato non è scontato perché l’affinamento delle tecnologie e della ricerca dei gusti e del gradimento del pubblico riesce ormai a trovare punti di penetrazione sensibili con i messaggi pubblicitari e con le notizie sui fatti che rendono sempre più invasivo l’impatto sulla società. Tuttavia, attenzione ai dettagli.

Il richiamo viene dagli studiosi dei fenomeni mediatici. I tre docenti universitari Adriano Cirulli, Manuela Farinosi ed Eddy Maddalena, hanno rilevato infatti che il nuovo approccio alle notizie e alla pubblicità è caratterizzato da nuove generazioni sempre più collegate alle piattaforme digitali dove la comunicazione sempre più virtuale e insistente toglie capacità critiche e capovolge valori. Una situazione peggiorata dai social che, come rilevano gli studi dell’Università di Udine, danno vita a vere e proprie “tribù” che alimentano e trasmettono un disordine dell’informazione determinato dall’overdose di notizie giornalistiche e di messaggi pubblicitari veri o presunti, sulla cui attendibilità esistono labili confini.

Una via senza ritorno? Il pericolo è reale, perché le nuove abitudini sono sostenute e incoraggiate da investimenti economici sempre più consistenti per diffondere beni e comportamenti consumistici. E se i mezzi di questo mutamento epocale favoriscono il cambio altrettanto epocale della comunicazione e dell’informazione, va detto che a farne le spese è innanzitutto l’etica come freno naturale individuale e di massa.

Il quadro, fortemente rappresentativo, è l’immagine della “mediamorfosi” sempre più accentuata che ha portato i media tradizionali, in particolare i giornali cartacei (-70% circa), a un drastico calo di vendite, a vantaggio delle piattaforme internet (l’80% degli italiani si informa su Internet). É un male? E se lo è, come può essere contenuto? Per Cristiano Degano, che ha tirato le somme del dibattito, non è un male, in sé e per sé, ma deve essere controllato prima che sia troppo tardi, recuperando l’intermediazione, qualità istituzionale irrinunciabile del giornalismo professionale, sempre più disattesa e vittima predestinata dell’intelligenza artificiale incontrollata.

Se questo non avverrà, le conseguenze si ripercuoteranno non soltanto sull’informazione e sulla comunicazione, bensì sulla verità e sulla vita democratica della società. Conclusione condivisa da tutti i presenti, contenuta nella stessa prefazione del libro “Estinti saluti”, firmata da Gabriele Qualizza, sociologo dei media, pordenonese di adozione, scomparso nel 2022, quando il volume era ancora in stampa: un’esortazione a non sottovalutare una tendenza ormai consolidata, l’ “audience diffusa” ovvero “essere always on, grazie alla disponibilità di device digitali sempre più performanti […] che consentono di tenere sempre aperti canali di contatto e di relazione con gli altri”.




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