PORDENONE – “Faccio i miei più sinceri complimenti al Prof. Alessandro Basso (firmatario del Manifesto per Pordenone di Ciriani, ndr) e a tutti gli altri dirigenti scolastici che hanno scelto di allestire il presepe nelle scuole e di lanciare così un segnale di chiarezza tra tanta confusione mediatica e culturale”.
Lo afferma il candidato sindaco Alessandro Ciriani, commentando la decisione di diversi presidi di non rinunciare al presepio. Una situazione a macchia di leopardo, quella di Pordenone. Nessuna imposizione dall’alto ma in alcune scuole cittadine il Presepe non si farà.
“E’ un errore lasciarlo fuori da scuola – commenta Ciriani – neutralizzare le tradizioni, pensando di fare un gesto di tolleranza verso altre culture o verso gli immigrati, significa compiere un atto ideologicamente suicida”.
“Sono le società sradicate – va avanti – prive di punti di riferimento, di valori identitari quelle in cui più facilmente si sviluppano i germi del razzismo e dell’intolleranza. Perché le società che abiurano le loro radici sono le più spaesate, dove tutto, freddamente, si riduce a mercato, calcolo, tecnica e dove, inevitabilmente, si generano paure e intolleranze: se “non sai” cos’è neppure la tua identità, come potrai tollerare quella degli altri?”
“Al contrario – prosegue – chi ama la propria storia, la propria cultura, le proprie tradizioni, riconosce anche le altre culture, le altre tradizioni, le altre storie e integra più facilmente gli stranieri mettendo in chiaro il principio “rispettami e sarai rispettato”.
Per Ciriani “Chi ha un’identità forte chiede rispetto per la propria e porta rispetto per le altre a cui mette a disposizione un patrimonio valoriale che non offende nessuno. Nel caso del Natale, poi, va ricordato che non celebriamo un sanguinario ma un uomo che duemila anni fa insegnò a voler bene al prossimo, a rispettare donne e bambini, a porgere l’altra guancia. Non lo si vuole riconoscere come Figlio di Dio? Benissimo, lo si riconosca come il più grande filosofo della Storia i cui insegnamenti non perdono forza con il passare dei secoli”.
“Del resto – aggiunge – non occorre essere cristiani , cattolici più o meno praticanti per constatare che la nostra storia ha radici cristiane. Non è una questione confessionale ma culturale: siamo l’Europa delle cattedrali, la nostra arte, letteratura, poesia, vita popolare è indissolubilmente legata a quei riferimenti a cui va portato rispetto”.
“La cosa più grave – è la riflessione finale – è che i colpi di maglio alla nostra identità non li stanno portando gli stranieri ma molti italiani che pensano di sostituire secoli di civiltà con l’irreligione di massa o l’edonismo più spinto”.