Fitch sgambetta Wall Street; qualche incertezza ma le borse tengono, in aumento i rendimenti dei bond

MERCATO AZIONARIO

Settimana di debolezza quella che si è appena chiusa per le borse internazionali, ancora immerse nella stagione degli utili americana ma condizionate soprattutto dalla decisione di Fitch di abbassare il rating sul debito americano dalla tripla A ad un livello di AA+. L’indice globale MSCI World (azionario globale) indietreggia del 2,3%, da quelli che erano sostanzialmente livelli di top, di nuovo abbozzando uno storno di breve come quelli già visti a metà giugno e inizio luglio, dove i cali erano stati della stessa intensità. Si entra inoltre in un periodo stagionalmente non troppo favorevole all’azionario, con liquidità ridotta e meno indicazione da parte del mercato a guidare le quotazioni.

Wall Street è entrata nella settimana con alle spalle il test della riunione Fed superato brillantemente e con una stagione delle trimestrali a cui mancavano dei pezzi da 90 come Apple e Amazon dopo che le prime settimane erano state sostanzialmente positive. Dopo aver sonnecchiato nelle prime sedute, è arrivato il fulmine a ciel sereno della decisione di Fitch di downgrade del rating (con outlook stabile) motivato dal significativo livello di deficit del bilancio statale americano, questa volta collegato non tanto all’emergenza Covid o ai suoi postumi, ma piuttosto alla politica espansiva di spesa pubblica (infrastrutture, transizione green, senza toccare i livelli di imposizione fiscale). Una decisione abbastanza comprensibile visto che il trend del deficit, come sottolineato da Powell un mese fa, è insostenibile ma che dall’altro, sostiene l’intensità dell’attività economica, di fatto, sostituendo il supporto che sta venendo a mancare sul piano della politica monetario. Sul piano sostanziale la rilevanza è discutibile, visto che poco cambia per i grandi buyer di debito USA, il quale ha poche alternative di mercato rispetto agli altri (con la sola recente ‘novità’ giapponese a modificare i rapporti di forza in tema di allocazioni governative).

Il ritracciamento di breve non modifica le considerazioni generali che si possono fare sull’azionario. Vale la pena contestualizzare quanto già scritto nei precedenti articoli, che, le borse hanno cominciato a cambiare direzione in concomitanza con le revisioni al rialzo di utili e le sorprese in positivo dall’ambito macroeconomico. Questo miglioramento delle stime ha prodotto l’attuale uptrend che sta ripristinando anche un sentiment meno ‘orso’ di quello dei mesi scorsi, quando la stragrande parte degli analisti vedeva solo una progressiva diminuzione dei prezzi delle attività finanziarie.

I dati macro della settimana hanno evidenziato ancora una fase di contrazione sul manifatturiero europeo, elemento che riassume l’incertezza che permane nel Vecchio Continente, dove solo l’ambito servizi resiste. Negli USA i dati sul mercato del lavoro pur mantenendo un quadro generale solido, hanno evidenziato qualche défaillance, al momento però non sufficiente per invertire la rotta. È caso dei dati sui nuovi lavori (Jolts) ma anche dei payrolls non agricoli, leggermente sotto le attese, unitamente a diverse revisioni al ribasso di dati usciti invece in precedenza con valori molto positivi. Migliora invece il tasso di disoccupazione, al 3,5% e quindi su livelli ancora premianti per l’economica americana.

La stagione delle trimestrali americane sta giungendo quasi al termine e si possono ora fare le prime considerazioni. Facendo i confronti a paniere omogeneo rispetto a 12 mesi fa, gli utili sono calati del 4,2% (-7,6% nel confronto standard), una contrazione però migliore delle attese e con un tasso di ‘surprise’ pari al +7,7%. In settimana qualche delusione è arrivata da AMD ed Apple, non tanto sugli utili ma per qualche aspetti legati al business mentre Amazon ha convinto di più. L’outlook di mercato resta comunque positivo per il settore.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Dopo il meeting di fine luglio, gli investitori rimangono alle prese con l’interpretazione di quelle che potrebbero essere le scelte della Federal Reserve nei prossimi mesi. Se è vero che siamo alla fine del percorso del rialzo tassi, è anche vero che in caso di inflazione che ritorna a salire dopo aver raggiunto il 3% a giugno o qualche spirale non gradita sui salari (come mostra il dato uscito venerdì sulle paghe orarie), è possibile che ulteriori strette siano da mettere in conto nel secondo semestre o comunque un atteggiamento ancora guardingo. Un altro rialzo è al momento prezzato al 30% per novembre mentre settembre viene visto come troppo ravvicinato per un altro intervento dopo quello di luglio.

Osservando i dati stimati dal mercato per i prossimi mesi in tema di politica monetaria si nota che i percorsi di Fed e BCE si stanno sempre più avvicinando. Infatti, tra ottobre e dicembre, le probabilità di un altro 0,25% da parte di Christine Lagarde sono alte, non troppo distante quindi da ciò che ci si aspetta dalla Fed. Conta, ovviamente, il momentum economico, con le due aree che ora viaggiano con velocità diverse, quella USA con qualche problema di surriscaldamento mentre quella della zona Euro in decelerazione.

MATERIE PRIME

Dopo 3 settimane di fila si interrompe il filotto delle materie prime che aveva ritrovato tonicità nel breve. Il basket perde infatti l’1,2%, con il solo comparto energetico ad avere tonicità per contrastare il sentiment negativo derivante dal rialzo dei rendimenti. Il petrolio si riporta in area 82$ (+2,6%) spinto dai tagli alla produzione globale mentre cadono in verticale le materie prime agricole e tornano deboli quelle industriali. L’oro perde circa lo 0,8% (1.943 $) sfavorito dalla netta ripresa dei tassi reali e da qualche seduta vivace da parte del Dollaro USA.

MERCATO DELLE VALUTE E CRYPTOS

In ambito forex, prima parte di settimana favorevole al biglietto verde che ha portato il cross a testare area 1,09, per poi chiudere però praticamente invariato appena sopra 1,10. Poca direzionalità quindi nel brevissimo per il cambio, stretto ancora tra gli intrecci di forza economica e di scelte di politica monetaria delle banche centrali. Tecnicamente la tendenza rialzista del cambio rimane valida, dove la recente discesa è ancora una pausa temporanea. Molto dipenderà non solo, come detto, dalle dinamiche di forza dell’economia ma anche da rigurgiti inflazionistici, i quali vanno necessariamente inclusi in quegli scenari dove le banche centrali si vedono costrette a tenere la barra dritta.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it




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