Il ruggito di Wall Street, le borse si rilanciano dopo i dati macro e Powell, i tassi ritracciano

MERCATO AZIONARIO

 

Poderoso e quasi violento il rimbalzo generato dalle borse nella settimana appena trascorsa. L’indice MSCI World (azionario globale) sale infatti di oltre il 5,5%, facendo iniziare a razzo il mese di novembre, dopo un ottobre da dimenticare, considerando che quest’ultimo è stato il terzo mese consecutivo di debolezza per l’azionario. La spinta dall’ipervenduto, in primo luogo, per le borse, bersagliate a raffica dalle vendite e oggetto di una sfiducia intensa da parte degli investitori, preoccupati da una concatenazione di elementi negativi: situazione in Medio Oriente, poche prospettive di accomodamento nella politica monetaria, incertezza sullo scenario macroeconomico. Tutto capovolto nella settimana appena conclusa dove alcuni elementi hanno permesso una inversione a “U” che i maligni potrebbe dire quasi sospetta, vista la rapidità di movimento. Il discorso di Powell nel meeting Fed (dove non vi sono state modifiche alla politica monetaria) è stato interpretato in maniera positiva, sentendo echi (lontani) di una pausa convinta nel posizionamento restrittivo della Fed; sul fronte Mediorientale Israele ha proceduto in maniera dura ma circoscritta; alcuni dati macro hanno lasciato spazio alla possibilità di un raffreddamento economico per i prossimi trimestri. Il movimento ha comunque confermato la correlazione azionario/obbligazionario ancora una volta, con i rendimenti in calo e le borse subito a beneficiarne.

Wall Street trova punti per rimbalzare dopo le accelerazioni al ribasso, con l’S&P 500 che è arrivato anche a scendere di qualche punto sotto quota 4.100. Ipervenduto e stress degli indicatori hanno prodotto un rimbalzo che allontana i valori dai supporti: se agosto e settembre sembravano mesi di ‘scarico’ da eccessi rialzisti, ottobre ha fatto percepire più paura più che motivazioni di natura macro e fondamentale. Anzi, i dati economici e le trimestrali sarebbero stati accolti con positività in altri tempi. Le possibilità di un minimo di periodo ci sono ma come già espresso in precedenza, in contesti come questi, è estremamente difficile definirli a priori: il mercato storna fin che non si esauriscono le vendite da fattori di rischio più emotivi, nel momento in cui spariscono allora restano i fattori fondamentali. Non da sottovalutare inoltre che alcune sedute abbiano mostrato un ampio rientro da posizionamento ‘short’ (quindi ricoperture tecniche): in tale ottica da annotare anche le dimensioni della correzione e del rimbalzo: -11% da luglio e +6,5% in appena poche sedute, un recupero davvero imperioso. E’ possibile che il breve necessiti di qualche forma di consolidamento che confermi l’avvenuto bottom, dovendo comunque gestire ancora un trend di massimi decrescenti. Abbastanza corale il movimento delle diverse borse: S&P +5,8%, Nasdaq +6,5%, Europa +3,5%, Giappone +3,1% ed emergenti (+3,1%). C’è stata una certa predominanza dei temi Growth (i Tech primeggiano tra i settori, +6,8%) ma l’easing sui tassi ha permesso anche recuperi per le Utilities mentre qualche incertezza in meno in ambito macro ha dato fiato anche ai finanziari.

I dati macro-settimanali sono stati graditi dal mercato: ISM, buste paga e aumento dei salari sotto le attese mentre tasso di disoccupazione al di sopra (3,9% vs 3,8%), hanno riportato qualche probabilità in più di raffreddamento economico. Questo, unitamente al dato sulla produttività, ha dato un buon sostegno al rimbalzo delle borse. Inflazione in moderazione, crescita lineare e sostenuta da efficienza sarebbero chiaramente i doni che i mercati vorrebbero non solo per Natale ma anche per il dopo. La stagione delle trimestrali è continuata con dati nel complesso sopra le attese (+7% finora): bene AMD, MCDonald’s, Eli Lilly ma anche con qualche defiance, come Apple. Le stime sugli utili dell’S&P 500 vedono ancora un 3Q a +1,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con una accelerazione nel quarto (se pur in lieve riduzione rispetto a qualche mese fa, +7%).

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Si placa momentaneamente la tensione sui rendimenti dei governativi, mettendo per ora uno stop al movimento verso l’alto che ha caratterizzato gli ultimi 3 mesi. Un frangente temporale che ha visto, come noto, un ripiegamento dell’azionario, sia per un diretto fenomeno di ‘pricing’ (si alzano i tassi e i multipli di valutazione si deprimono), sia per le conseguenze che un livello sostenuto per lungo tempo può produrre (a livello economico e di sistema). Il ‘la’ lo ha dato Jerome Powell, il quale, nelle dichiarazioni post meeting del FOMC, ha mantenuto certamente la barra dritta che contraddistingue la strategia della Fed degli ultimi mesi, ma ha anche evitato di inferire su dei mercati già abbastanza provati. Powell conferma quindi che rigurgiti inflazionistici sono sempre sotto la lente della Fed e saranno gestiti come priorità da parte dell’organo di politica monetaria americano; nondimeno, però, Powell ha ammesso che un effetto di stretta monetaria indiretto (ma neanche tanto) arriva proprio dall’elevarsi dei rendimenti a medio lungo, che hanno l’effetto di diminuire la ricchezza finanziaria globale. Si resta quindi sulla cautela, con i tassi che restano per ora nel range 5,25%-5,50%, con un secondo nulla di fatto consecutivo. Gli investitori sanno che il grilletto della Fed può però ancora agire se necessario: l’inflazione al 3,7% è ancora ben sopra al target al 2% e l’economia mostra ancora forza.

L’attenuazione dei livelli sui tassi ha portato giovamento ovviamente all’obbligazionario in tutti i suoi segmenti, dal governativo al corporate. Quest’ultimo ha tratto beneficio anche da un moderato calo degli spread di credito (più accentuato per il comparto US) che rimangono tutto sommato sotto ai livelli di guardia, coerentemente con la view di mercato che non vede una recessione pesante in arrivo (tra stime economiche e dinamiche attese degli utili).

 

MATERIE PRIME

 

Volatilità sul petrolio che sembra quasi ignorare le dinamiche mediorientali e ricerca invece driver più legati ai fondamentali economici. Quotazioni appena sopra gli 80$ (-5,9%) con un trend ora più incerto e riperde la recente tonicità. L’oro ritraccia leggermente da quota 2.000 (1.992, -0,7%), smussandosi un po’ i timori di un allargamento del conflitto tra Israele e palestinesi.

MERCATO DELLE VALUTE

Il cambio Euro Dollaro dopo essersi mosso in trading range tra 1,05-1,06, prova nuovamente a invertire e chiude la settimana a 1,073 (+1,6%), giovandosi dei dati macro meno favorevoli per l’economia americana dopo le uscite di questa       In recupero anche le valute emergenti, favorite da un ridimensionamento dei rendimenti dei Treasury.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it

 




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