Il Toro si prende una pausa; Borse prudenti, la Bce zavorra i rendimenti

MERCATO AZIONARIO

Settimana di consolidamento per le borse internazionali dopo il raggiungimento di livelli record soprattutto per i mercati nordamericani, con l’S&P che nell’ottava precedente aveva sfiorato quota 3.700 punti. Un rallentamento necessario per dar modo all’uptrend di mantenersi sostenibile, visto che da inizio novembre sostanzialmente non si sono intravisti momenti, anche minimi, di storno. Anzi, l’accelerazione seguente alle elezioni USA e alle prime notizie sull’efficacia dei vaccini, è stata seguita da una partecipazione settoriale presso che generale al trend rialzista. Una tendenza che resta forte, supportata dai diversi fattori che restano favorevoli per l’asset class azionaria.

La tenuta del sentiment rialzista poggia inevitabilmente sui progressi che le diverse soluzioni in tema di vaccini si stanno proponendo contro la diffusione del Covid-19. Se il Regno Unito ha già iniziato la fase di vaccinazione della popolazione, anche gli USA (il paese con il più alto numero di contagi, da 14 a 15 milioni in appena una settimana) si preparano alla stessa operazione. Il vaccino di Pfizer e Biontech è stato approvato dal comitato scientifico di esperti preposto (con funzione consultiva) e manca quindi poco ormai all’approvazione da parte della FDA, l’ente preposto che darà il via ufficiale alla distribuzione tra gli operatori sanitari e i residenti nelle case di cura in territorio statunitense. Stesso iter seguirà il vaccino di Moderna che, tra l’altro, ha avviato la sperimentazione del vaccino sugli adolescenti, una fascia attualmente poco coperta dalle soluzioni proposte.

In secondo luogo le borse fanno affidamento alle banche centrali: in settimana è toccato alla BCE rispondere alle attese dei mercati circa le soluzioni per dare sostegno all’economia e nella prossima sarà il turno della FED. Per i mercati finanziari significa sapere che non vi saranno crisi di liquidità improvvise, esistendo una ‘longa manus’ che impedirà quindi crash sistemici, ma anche che è possibile ‘comprare’ tempo per ripristinare il regolare corso economico e di utili per le aziende dopo ‘l’incidente’ Covid-19. Connotazioni che continuano a caratterizzare i mercati e che probabilmente lo faranno anche per i prossimi mesi, il che non esclude breakout di volatilità più o meno marcati come quelli visti in un paio di occasioni negli ultimi mesi.

Nella settimana appena trascorsa, gli indici americani hanno visto segni meno per S&P e Nasdaq (attorno all’1%) ma un buon recupero delle piccole capitalizzazioni, ancora ben supportate dalle speranze di recupero economico e da fondamentali ancora sacrificati. Nelle altre aree geografiche si evidenziano ancora le difficoltà dell’Europa (Dax -1,4%, FTSE Mib -2,1%) nonostante le azioni di politica monetaria legate alla BCE. Ma proprio la BCE non si è espressa sul tema dei dividendi degli istituti bancari, con i rumors che vedono in realtà una possibile estensione del divieto di distribuzione per altri sei mesi. A livello settoriale, in ripresa il comparto Energy (grazie al petrolio), deboli tech e finanziari.

MATERIE PRIME

In ambito materie prime, ampia dispersione tra i diversi segmenti: complessivamente stabili i metalli preziosi (Oro invariato in area 1.840 Dollari l’oncia) mentre hanno guadagnato terreno quelle energetiche. Il petrolio sale marginalmente (+0,7%), attestandosi in area 46-47 Dollari al barile, beneficiando ancora dall’accordo in seno all’Opec+.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Il flusso di notizie riguardanti la politica monetaria dell’Eurozona ha smosso i tassi di titoli governativi, con una decisa compressione al ribasso e nonostante i livelli già sui minimi storici. Le dinamiche sui titoli di stato europei infatti sono le stesse sia per il debito dei paesi ‘core’ sia per quelli periferici: il Bund tedesco corre verso i minimi già visti ad inizio novembre (-0,65%), in totale controtendenza a quella che dovrebbe essere invece un andamento reflattivo. Il BTP italiano, grazie ai passaggi parlamentari sul MES e alle azioni della BCE, fissa nuovi record al ribasso, con il decennale allo 0,55%.

Compressioni al ribasso che rafforzano le performance positive del governativo zona Euro da inizio anno (quello a lunga scadenza ha guadagnato oltre il 10%), ma che contestualmente danno un quadro di un’Eurozona ancora molto lontana dai target desiderati di crescita e inflazione. Target che nel 2020 sono stati trasformati in obiettivi di recovery dopo il crash economico di inizio anno e contro cui BCE e istituzioni europee stanno cercando di contrastare in ogni modo.

Il consiglio direttivo dell’Eurotower ha deciso di rafforzare il programma di acquisti per l’emergenza pandemica e lanciato a marzo. Nell’ambito del Pepp verranno infatti acquistati altri 500 miliardi di Euro di bond (in gran parte titoli di stato), portando il complessivo da marzo a 1.850 miliardi con una estensione ulteriore di sei mesi (marzo 2022). Interessato dalle novità anche il canale bancario: la BCE incrementerà i maxi prestiti alle banche finalizzati all’impiego in economia reale, con tassi favorevoli applicati in asta fino a giugno 2022. Ovviamente fermo il set dei tassi di interesse: depositi a -0,50% e tasso principale a 0%.

BCE che si dice pronta a riaggiornare il proprio programma ma anche consapevole che l’altra ‘gamba’ del supporto deve venire dalla politica, con il Recovery Fund che sembra aver superato i dissidi interni per poter essere finalmente implementato nel 2021. Non sorprende l’attivismo delle istituzioni in Europa: il trend dei contagi è stato calmierato con forme più o meno soft di lockdown, ma l’inverno è ancora lungo e i tempi tecnici delle vaccinazioni non sono di breve respiro per essere efficaci. Allo stesso modo negli USA da una parte da Fed e dall’altra il governo dovranno fornire adeguata copertura di sostegno all’economia. La Fed si trova nel mezzo del guado politico, dovendo attendere l’entrata in carica della nuova amministrazione Biden. Lo switch tra repubblicani e democratici affronta ancora delle difficoltà: un deal potrebbe esserci prima della fine dell’anno ma si orienterà o verso una formula ridotta o un rinvio, in attesa anche della conformazione definitiva delle Camere parlamentari. Nella settimana il decennale americano si è allontanato nuovamente da area 1%, a cui si era in precedenza avvicinato. Da segnalare anche l’asta sui titoli trentennali USA, chiusa con rendimenti al ribasso (-10 bps a 1,75%).

Tra le altre asset class obbligazionarie: la riduzione dei tassi ha comunque favorito anche il segmento corporate, soprattutto in Europa. Ancora tonico il debito ad alto rendimento.

MERCATO VALUTARIO

Per quanto riguarda le valute, il movimento più da rimarcare è quello dell’Euro verso la Sterlina (+3% in un mese). Il cross incorpora le tensioni su un possibile no deal tra Europa e UK in tema di Brexit. Il cross Euro Dollaro si mantiene appena sopra quota 1,21, dopo gli allunghi delle settimane precedenti. Debole in Bitcoin che manca l’assalto a quota 20.000 e ritraccia.

Dott. Alessandro Pazzaglia Consulente Finanziario Indipendente




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