Mercati Nervosi prima della Fed; Borse prudenti, tassi e Dollaro in rialzo

MERCATO AZIONARIO

Settimana di leggera flessione per le borse internazionali, in continuità con la debolezza mostrata nell’ottava precedente. L’indice

MSCI World chiude infatti con un saldo negativo dello 0,80%, con gli indici regionali che hanno mantenuto una atteggiamento

ancora con poco appetito per il rischio.

L’indice S&P 500, infatti, indietreggia fino ad area 4.430-4.440, mantenendo, per gran parte della settimana, un andamento in  sostanziale laterale, frutto di una fase di borsa dove intervengono sia fattori tecnici sia prettamente di mercato. La presenza delle  scadenze tecniche di metà mese ha certamente avuto un ruolo nel posizionamento prudente da parte degli operatori, un  comportamento che si è ripetuto anche nei mesi scorsi con una riscontrabile regolarità. Un’operatività comprensibile (in termini  di misure di protezione) se pensiamo al risultato più che lusinghiero ottenuto finora dalle borse e frutto di un ‘rebound’ post Covid  che ha messo le sue radici nel dispiegarsi delle campagne vaccinali e nelle riaperture economiche avvenute durante l’anno.

Nelle debolezze temporanee dei mesi scorsi erano intervenuti anche aspetti legati all’emergenza sanitaria (con il diffondersi della  variante Delta) o invece influenzate dalle possibili decisioni di politica monetaria da parte delle banche centrali (Federal Reserve in  particolare). In queste settimane di settembre, oltre agli aspetti di prudenza degli operatori prima del meeting Fed previsto ormai  tra pochi giorni, sono giunte notizie poco positive dalla Cina, con la crisi del colosso immobiliare Evergrande, ormai sull’orlo del  default e appesantito da una mole di debiti ormai non più onorabili.

La problematica non è di poco conto, se si considerano due aspetti: l’interrelazione che il settore immobiliare con le banche (NPL  per istituti cinesi ma anche occidentali) e il generale contesto di indebolimento degli indici economici di Pechino (vendite,  produzione industriale). Da vedere ora se il governo cinese penserà ad una serie di misure di stimolo nei prossimi mesi, tenendo  conto anche delle misure di regolamentazione messe in atto di recente e finalizzate ad un ‘benessere’ generale più diffuso. Fattori  di criticità che hanno portato ancora a debolezza per gli indici azionari: Hong Kong chiude a -4,7%, Shanghai a -2,3%.

L’effetto ‘contagio’, per il momento, è stato limitato: l’S&P 500 chiude la settimana con una variazione in leggero negativo (-0,5%),  allineato a quanto realizzato dall’indice Nasdaq (-0,70%). Moderate le implicazioni negli stili di investimento, con i comparti  Growth più deboli rispetto a quelli Value per l’elemento di disturbo dei tassi di interesse negli USA (in lieve aumento). A livello  settoriale qualcuno comunque si è distinto ed è il comparto Energy, supportato dalla netta ripresa del prezzo del petrolio. Deboli,  a livello globale, invece utilities e materiali di base (visto il calo in ambito commodities). Le condizioni di volatilità restano in  fibrillazione, con il Vix che in area 20 manifesta ancora velleità al rialzo.

MERCATO MATERIE PRIME

In ambito materie prime, protagonista il segmento dell’energia con il basket che realizza un +3,2%, frutto degli upside del petrolio  (tornato prepotentemente sopra i 70 Dollari al barile) e del gas. Il costo dei fattori energetici è un trend generale, alimentato, nel  caso specifico del petrolio, dal fermo impianti negli USA causa uragano Ida e dal calo delle scorse. Debole l’oro sotto quota 1.800  (aumento dei tassi reali e forza del Dollaro le cause) e i metalli industriali, in arretramento dopo i massimi delle scorse settimane.
 

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Per quanto riguarda le dinamiche obbligazionarie, il trend recente vede ancora un decennale americano che da un mese viaggia tra l’1,25% e l’1,35%, con pochi valori fuori da questo range. Una condizione di lateralità che riflette il braccio di ferro tra forze di  segno opposto: da un lato la tensione che pervade parte del FOMC, che vorrebbe iniziare un percorso di normalizzazione della  politica monetaria, dall’altro quelle incertezze che ancora caratterizzano alcuni aspetti di tipo macroeconomico o che sono  direttamente legate all’emergenza sanitaria.

Sul piano dei fondamentali USA, diversi punti di vista rilevano come probabilmente il picco del ‘momentum’ della crescita  economica (in termini di recupero) sia alla spalle, ma al contempo il ‘carburante’ immesso dalle politiche monetarie e fiscali è  ancora capace di dare supporto. Sulla sfondo restano i temi legati all’inflazione, sia per quanto riguarda i consumi sia per quanto  riguarda prezzi alla produzione: in entrambi gli ambiti la Fed ritiene ancora di essere in presenza di fenomeni transitori, che,  però, iniziano a trasferirsi anche al settore dei salari. I dati usciti in settimana hanno dato input di raffreddamento.

Non sarà quindi facile per Jerome Powell trovare la chiave giusta per gestire le diverse variabili macroeconomiche: fino ad ora il  Presidente Fed ha preso tempo, sganciando nettamente la leva del ‘tapering’ rispetto a quella dei tassi di interesse. Per questi  ultimi se ne parlerà probabilmente nel 2023 mentre per l’acquisto degli asset mensili si tratterà di agire in modo soft senza  agitare troppo le borse. Nell’ambito dei mercati obbligazionari, i tassi sul free risk americano (10Y), si sono mossi in leggero  (1,36%) aumento giungendo sulla parte alta del range precedentemente descritto.

Per quanto riguarda invece la zona Euro, il recente andamento ha visto una maggiore aderenza alla politica monetaria della FED,  con la BCE che ha posto la questione di diminuire l’incisività mensile del PEPP. Neanche un tapering ma giusto un ripristinare un  approccio che resta accomodante ma con un atteggiamento più neutrale. Questo è bastato per differenziale l’andamento dei  tassi tra USA e zona Euro: se il primo è, come detto, laterale, il secondo ha un netto trend ascendente, con il decennale sul Bund  che è passato da area -0,50% a -0,25%. 25 punti base che si sono poi trasferiti anche al debito periferico, come attesta il ritorno  del BTP decennale ad un rendimento dello 0,75%.

L’impressione è che vi sia comunque ancora una certa pressione al rialzo sui tassi, trainata dal binomio recupero  economico/volontà delle banche centrali. Indici obbligazionari quindi in flessione sia per USA che per la zona Euro mentre in  ambito corporate si è visto ancora un buon trend per il debito ad alto rendimento, che già da qualche settimane sta esprimendo  una buona positività. In indebolimento gli strumenti inflation linked, soprattutto US, dopo gli upside delle ultime settimane.

MERCATO DELLE VALUTE

In ambito forex, segnali di forza per il Dollaro USA che riflettono un orientamento di mercato che vede più vicino qualche  cambiamento nella politica monetaria americana: il cross scende sotto quota 1,18 annullando i rialzi delle scorse settimane. In  ambito criptovalute, ritorno di forza per Bitcoin ed Ethereum, con rialzi tra il 4%-5%.



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