Nuova debolezza sulle Borse, preoccupazioni per l’economia, tornano a salire i tassi

MERCATO AZIONARIO

Dopo un aprile molto pesante per le borse di tutto il mondo (l’indice globale MSCI World ha terminato con un -8,3%), il mese di maggio si è chiuso con un risultato positivo per molti listini azionari: non si tratta certo di un bottino elevato (l’S&P 500 lo ha terminato infatti con un risicatissimo +0,18%), ma la reazione delle borse da metà maggio è stata significativa. Un rimbalzo/recupero che è avvenuto raggiungendo minimi importanti e soglie critiche da un punto di vista sia tecnico che psicologico. La ‘candela’ grafica di reversal della settimana precedente ha, da un lato, interrotto una negatività che per lunghezza temporale ha avvicinato livelli di record storico, e, dall’altro, ha migliorato un sentiment particolarmente ostico per gli investitori, riportando un indice guida come l’S&P 500 dai minimi in area 3.800/3.850 fino a quasi quota 4.200. Si tratta di un movimento nell’intorno dei 10 punti percentuali, che si estende a 15 per quegli indici, come l’indice tech Nasdaq 100, che più avevano patito nel movimento correttivo iniziato ad aprile. Un movimento che fa il paio con il rimbalzo (effimero, come visto) nella seconda metà di marzo, simile nelle movenze.

Il recupero delle borse è arrivato da condizioni di pessimismo e negatività molto accentuate, dove molti fattori hanno concorso a spaventare gli investitori, messi di fronte dalla concomitanza di aspetti ostici da digerire. Non solo, infatti, i timori di dover affrontare, a livello economico, un’inflazione particolarmente prepotente e su livelli che non si registravano da decenni, ma anche il manifestarsi di preoccupazioni sulla tenuta degli utili aziendali. Ad una inflazione su livelli elevati e alla necessità delle banche centrali di porvi rimedio attraverso un’azione rapida, si è accompagnata una view meno positiva sul proseguo dell’anno sul piano macroeconomico e fondamentale. All’apice del pessimismo, le borse sono riuscite quanto meno a rimbalzare dai minimi, avendo probabilmente incorporato nei prezzi scenari di stress elevato. Le cause della debolezza, tuttavia, rimangono (con sullo sfondo anche un conflitto bellico che prosegue), ma la temporanea discesa delle aspettative di inflazione, la discesa sul breve dei tassi di interesse e la possibilità che la Fed non sia così feroce nell’aumentare il costo del denaro, sono stati ‘benzina’ in un contesto di netto ipervenduto negli indici.

La prova del nove era però osservare se questo recupero poteva ampliare la sua estensione e l’ottava appena conclusa ha evidenziato come le borse rimangano ancora tecnicamente fragili. L’S&P 500, bloccato da quota 4200, ha alternato sedute di segno opposto, dando talvolta l’impressione di poter dare continuità alla ripresa; sul finale hanno di nuovo prevalso le vendite. Non muta, infatti, per il momento, la struttura di massimi decrescenti descritta da inizio anno e rimane aperto il dibattito tra due visioni di mercato. La prima vede i minimi registrati come definitivi, avendo già scontato gli elementi più negativi con l’ipotesi implicita di un rallentamento degli utili senza fasi recessive. La seconda vede invece l’attuale momento come una mera pausa, di natura tecnica, che deve ancora confrontarsi con uno scenario economico inflattivo-recessivo che può portare a livelli più bassi dei mercati. Sul finale di settimana sono arrivate le view di Musk (Tesla) e Dimon (JPMorgan): entrambe non lasciano molto spazio agli entusiasmi per i prossimi trimestri.

La settimana si chiude con l’S&P 500 a -1,2% ed il Nasdaq a -1% e un’Europa debole (-0,6%). A livello settoriale si è visto parziale ritorno di denaro sui ciclici e sui settori ad alta crescita ed una contestuale debolezza dei comparti difensivi, ma la seduta di venerdì ha di nuovo ribaltato le tendenze, a causa della ritrovata verve dei tassi, di nuovo in rialzo. L’indice Vix si è ritratto fino a quota 25, in area mediana rispetto agli ultimi mesi, rappresentando quindi l’attuale momento di tensione tra forze ‘toro’ e ‘orso’.

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

In ambito materie prime, settimana di consolidamento per il paniere generale (-0,1%) ma ampia dispersione tra le singole commodities. Il petrolio sale ancora, sfiorando area 120$ nonostante il meeting Opec con l’intesa di aumento della produzione. Tra i metalli industriali recupero del rame (+4%) ma flessione dell’alluminio (-5%). Tra i metalli preziosi stabile l’oro a 1.851$ (mentre recupera il platino), mentre le agricole cedono terreno (-3,8% il paniere) a causa della flessione di mais e grano (-6% e -10%).

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Sono state due le settimane di ‘pausa’ concesse dal mercato obbligazionario agli investitori: in un 2022 costellato di segni meno per quasi tutti i comparti del reddito fisso, il movimento recente aveva visto un ridimensionarsi del trend rialzista dei tassi di interesse. Il quale, comunque, non è il solo, come noto, a condizionare l’ambiente dei bond: l’aumento del rischio di credito per i titoli corporate investment grade e, soprattutto, per quelli ad alto rendimento, va di pari passo con l’aumento anche della rischiosità di quegli emittenti governativi ritenuti più rischiosi, come i paesi emergenti e come il debito periferico dell’Eurozona. Le ultime sedute hanno rivisto il ripresentarsi di nuove velleità rialziste per i tassi di interesse, sia per quanto riguarda la zona Euro, sia per quella del Dollaro USA. Questo elemento è tornato a condizionare anche l’equity sul finale di settimana con la discesa degli indici. Il punto centrale rimane ovviamente il posizionamento delle banche centrali nei confronti dell’inflazione, ormai nemico pubblico numero uno per i decisori di politica monetaria. I recenti dati usciti hanno confermato che da un lato, probabilmente, vi è qualche elemento di ‘peaking’ (ossia di raggiungimento di un livello massimo) ma anche che non sarà facile riportare le tensioni sui prezzi a valori più sotto controllo. Da qui, il noto paragone d’immagine tra inflazione e tubetto del dentifricio: una volta fatto uscire rimetterlo dentro è una mission non particolarmente agevole.

È stato lo stesso Segretario al Tesoro americano, Janet Yellen, ad ammettere che non c’è stata la capacità di anticipare il movimento e soprattutto l’intensità del picco inflattivo, con le conseguenti poi ripercussioni sui consumatori americani. Non un ‘piccolo rischio’ come venne definito, assieme all’altro aggettivo ‘transitorio’ ma un elemento che si sta radicando come persistente nel tessuto economico. Non solo per non aver ancora superato le difficoltà legate al ripristino delle catene del valore globale (produzione e trasporto), ma anche perché gli aspetti di geopolitica sono entrati prepotentemente a gamba tesa nello scenario macroeconomico. Il conflitto in Ucraina destabilizza tutto l’ambito delle materie prime e promette di non essere lungi dall’essere risolto, mantenendo ancora un distacco tra le varie aree regionali. Il tutto si traduce in una view che vede scenari di debolezza economica per i prossimi mesi, con la ripresa post-Covid a questo punto messa a dura prova dai vari fattori concomitanti. Le banche centrali appaiono risolute nei loro obiettivi (in questa settimana la Bank of Canada ha aumentato i tassi dallo 0,50% all’1,50%, promettendo di essere ancora aggressiva se necessario) e nell’ultimo periodo anche nell’Eurozona hanno cominciato a muoversi i tassi a breve. L’Euribor a 6 mesi è arrivato infatti a 0, un movimento di 50 bps da inizio marzo.

Sul mercato il decennale americano, dopo il provvisorio indietreggiamento in area 2,70% è tornato a salire (close a 2,93%), mentre il tasso a 2Y consolida in area 2,65%. Più ‘tosto’ il movimento nell’Eurozona, con il rendimento del Bund a 10Y in accelerazione su nuovi massimi (1,27%) ed il 2Y allo 0,66%. Quest’ultimo valore fa impallidire pensando che ad inizio marzo flirtava con quota -0,80%. Su nuovi massimi anche l’yield del BTP (3,40%) a conferma che l’Eurozona ormai è in rincorsa dell’area Dollaro in materia di tassi. In questo contesto stanno tornando a manifestarsi fantasmi sul debito italiano, visto l’innalzarsi in verticale dello spread BTP-Bund. Penalizzati, quindi, sia l’obbligazionario governativo sia quello corporate, con segni meno settimanali generalizzati. Solo l’High Yield ha saputo limitare i danni. In settimana sono tornate a salire le aspettative di inflazione dopo alcune settimane di distensione.

MERCATO DELLE VALUTE E CRYPTOS

Per quanto riguarda i cambi, l’Euro conferma il momentaneo recupero sul Dollaro, toccando quota 1,072. La valuta europea guadagna anche su Yen, Franco e Sterlina. Rimbalzo fiacco per le critpovalute con il Bitcoin che però resta sotto area 30.000 (+3%) faticando, quindi, a concretizzare un buon rimbalzo dopo il sell off delle settimane precedenti.

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]

 




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