Nvidia sorprende ancora ma non trascina gli indici, correggono le materie prime

Settimana con protagonista Nvidia, che ha pubblicato i risultati giovedì, registrando una crescita del 9,3%. Tuttavia, questo rialzo non è stato sufficiente a trainare l’indice guida, l’S&P 500, che ha chiuso la settimana invariato. Non si è verificato il tanto preannunciato effetto “a catena”. La società, che in passato aveva spesso sostenuto l’intero mercato con la pubblicazione dei dati, questa volta non è riuscita a innescare un rally sull’azionario.

Qual è stato il motivo? Dati alla mano, il problema è da ritrovare nel mercato obbligazionario. Ricostruiamo gli eventi dell’ultimo mese. All’inizio di maggio il rendimento dei Titoli del Tesoro a due anni è tornato stazionario intorno al 5%, dimostrando che né le riunioni della Federal Open Market Committee (FOMC) né l’indice dei prezzi al consumo di aprile sono stati in grado di alleggerire la tensione sui tassi.

Allora cosa è cambiato? Principalmente le aspettative della Fed, a sua volta modificate dai dati macroeconomici. In primis, la notizia di giovedì sull’indice dei responsabili degli acquisti per il settore manifatturiero e dei servizi statunitense, che ha visto l’indice salire al livello più alto degli ultimi due anni. Sebbene fosse ancora solo a 54,4, dove 50 segna il confine tra recessione ed espansione, questo è stato considerato una prova determinante del fatto che la stretta monetaria della Fed non ha avuto finora molto effetto sull’economia. Infine, il dato sulle richieste di sussidio di disoccupazione, che sono state inferiori alle attese.

Il punto principale è che molti funzionari della Fed stanno iniziando a esprimere perplessità sulla capacità della politica monetaria di raffreddare l’economia. I politici concordano che i deludenti dati sull’inflazione di quest’anno stanno a significare che ci vorrà più tempo del previsto per raggiungere l’obiettivo del 2%. Si conferma quindi la tendenza che i tassi rimarranno più alti più a lungo negli Stati Uniti, portando così di conseguenza a due politiche monetarie meno sincronizzate tra le due sponde dell’Atlantico.

Un altro elemento di preoccupazione è l’incertezza geopolitica. Aumentano le tensioni commerciali tra Cina, Stati Uniti e Unione Europea. Secondo un gruppo di lavoro, la seconda economia mondiale potrebbe imporre tariffe fino al 25% sulle auto importate con motori di grandi dimensioni. La Cina a sua volta sta intensificando le minacce di ritorsioni mentre si avvicina la scadenza per l’indagine della Commissione Europea sui sussidi di Pechino al mercato dei veicoli elettrici. Anche le nazioni dell’America Latina stanno seguendo le orme degli Stati Uniti e dell’Europa imponendo tariffe sulle importazioni cinesi. Messico, Cile e Brasile hanno aumentato – e in alcuni casi più che raddoppiato – i dazi sui prodotti siderurgici provenienti dalla Cina nelle ultime settimane, e la Colombia potrebbe essere la prossima. Un’ondata di importazioni cinesi minaccia di mettere fuori mercato i produttori di acciaio dell’America Latina, con il rischio di perdere circa 1,4 milioni di posti di lavoro.

Le materie prime sono in ritracciamento dopo i massimi di breve toccati la settimana precedente, con l’oro in correzione.

MERCATO AZIONARIO

Il mercato azionario mostra due velocità: in America, il Nasdaq chiude in positivo con un incremento dell’1,41%, trainato dall’ottimo andamento di Nvidia, mentre l’S&P 500 rimane stazionario. I dati macroeconomici raffreddano gli umori dei mercati, confermando la convinzione che le “good news” siano in realtà “bad news” per poter finalmente considerare il rialzo dell’inflazione sotto controllo.

Sul mercato azionario europeo, sia l’indice Eurostoxx50 che il nostro indice Ftse Mib chiudono in negativo. Sul nostro indice influisce lo stacco dei dividendi. Il mercato asiatico ritraccia sulla scia delle nuove tensioni con la Cina, sia dal punto di vista economico che geopolitico, con le esercitazioni intorno all’isola di Taiwan che alimentano ulteriormente le tensioni sui mercati. L’indice Vix, indicatore della “paura”, rimane comunque su livelli prossimi ai minimi del periodo, in controtendenza.

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

Il mercato delle materie prime ha registrato una flessione questa settimana, interrompendo un rally che durava da diverse settimane. La correzione ha interessato sia le materie prime industriali che i metalli preziosi. L’oro ha subito una flessione del 3,55%, scendendo sotto i 2400 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha registrato un calo del 2,31%, attestandosi a 77,75 dollari al barile. Anche i materiali industriali, come rame e argento, hanno avuto performance negative.

MERCATO DEI CAMBI E CRYPTOS

Una cosa su cui il dollaro può fare affidamento per ulteriori guadagni è un continuo abbassamento delle aspettative del ritmo dei tagli dei tassi da parte della Fed. Grazie ai messaggi contrastanti provenienti dai recenti dati sull’inflazione, il mercato sta riconsiderando la possibilità di riduzioni di due quarti di punto quest’anno e si sono fermati prima di scontare pienamente un simile scenario. Ciò ha aiutato il dollaro a riprendersi dal minimo di cinque settimane, il che a sua volta ha reso il biglietto verde e le scommesse sui tassi i più sincronizzati degli ultimi due mesi. Lo slancio del dollaro ha effettivamente rallentato nel mese di maggio destinato forse a registrare la sua prima perdita mensile quest’anno ma chiude per ora con un saldo positivo da inizio anno. Lieve correzione dello 0,18% del cross euro/dollaro. Sale invece il Bitcoin vicino ora ai massimi precedenti chiudendo in settimana con un più 3,34% ma senza per ora violare gli stessi.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it

 

 




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