MERCATO AZIONARIO
Le borse hanno mantenuto un tono positivo anche nella settimana uscente, con rialzi generalizzati e poche eccezioni dove, stavolta, è stata Wall Street a fare la parte del leone tra i listini internazionali. Un upside rafforzato soprattutto dal ritrovato appetito degli investitori per le big cap americane della tecnologia, con un picking quindi volto a pescare tra i segmenti dei ‘delusi’ del 2022. Restando però su un piano più generale, la settimana appena conclusa differisce leggermente da quelle precedenti per la mancata univocità nei movimenti di azionario e obbligazionario che finora aveva contraddistinto questo inizio d’anno. Le borse stanno seguendo un tracciato molto preciso, dove elementi fondamentali, macro e tecnici si fondono insieme: una minore preoccupazione in campo macro (se sarà recessione, sarà “soft”), utili in flessione nella crescita ma senza segni meno, banche centrali che, si pensa, si rilasseranno a metà dell’anno in quanto l’inflazione non sarà più così dura da richiedere restrizione.
La dinamica della parte obbligazionaria della settimana è stata debole, almeno per i governativi. I buoni dati usciti negli Stati Uniti in tema di crescita e PIL hanno sostenuto l’azionario ma per i bond questo significa livellare di nuovo i tassi verso l’alto.
Vediamo quali sono stati i dati macro e fondamentali sono stati di supporto agli indici: il PIL USA relativo al quarto trimestre è uscito al 2,9% (vs 2,6%), fattore che ha sorpreso in positivo dando un buon boost al sentiment. Poco ha evidentemente pesato il mercato che buona parte del valore è insito nella variazione delle scorte, ma anche il quadro relativo al mercato del lavoro (sussidi) è stato supportivo in termini di view positiva (o meno negativa) sull’economia. Il che può piacere ai mercati (volubili in realtà sul tema) ma non è detto che piacerà alla Fed che tra pochi giorni dovrà decidere sui tassi.
La stagione delle trimestrali vede un saldo generale debole, con un -1% di variazione assoluta nel trimestre e +2% di effetto ‘sorpresa’: bene Tesla, incerta Microsoft, male Intel e un generale taglio di stime e costi.
La settimana si chiude con un progresso per l’S&P 500 di oltre il 2%, con un close che porta il principale indice USA ben sopra i 4.000, ad un passo ormai dal livello dove fu stoppato a metà dicembre dai frustranti meeting delle banche centrali. L’indice si riporta insomma sul luogo del crimine e sopra questo livello (4.100) vi sarebbero poi gli obiettivi in area 4.300, dove fu lo speech di Powell a Jackson Hole ad annientare il rally estivo.
In sintesi per il momento, il mercato ci prova ad essere ottimista: quando troppe cose sono scontate in senso negativo, il mercato inizia a recuperare le posizioni perdute.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Come detto nella parte iniziale, in ambito obbligazionario c’è stata una divergenza rispetto all’equity. Una lettura a cui non si era forse più abituati dopo un 2022 di mancata decorrelazione: l’ambito governativo dei bond è infatti sceso, soprattutto nella zona Euro, dove il tema dei tassi continua ad essere oggetto di public speaking da parte degli esponenti della BCE. Dopo che nelle scorse settimane si sono accavallate ipotesi varie sulla politica monetaria della BCE, nell’ottava appena trascorsa si sono avute risalite sia per i rendimenti del debito core (decennale Bund al 2,25%) sia per quello periferico (BTP al 4,10%). E’ probabile che questi andamenti ondulatori saranno ancora presenti nel 2023 visto che le banche centrali intendono tenere la barra dritta sui tassi di sconto, ‘tenendo su’ anche il resto della curva. A meno, ovviamente, di fenomeni macro-negativi.
Negli Stati Uniti si è visto un movimento sostanzialmente simile, con il decennale che, soprattutto nella seconda parte della settimana, dopo i dati macroeconomici rilasciati su PIL e mercato del lavoro, ha potuto riportarsi, se pur di poco, in area 3,50%. Da rimarcare in questo senso l’ampia dispersione che si ravvisa nelle posizioni in seno al FOMC circa le prossime mosse da attuare non tanto nei prossimi meeting ma nel dopo (si veda il Dot Plot attuale). Intanto la Bank of Canada, con il rialzo da 0,25%, decide di fermarsi per valutare l’impatto delle misure adottate.
Questo sarà certamente il tema anche della FED per il 2023, tra chi vorrà mantenere il più possibile una politica monetaria guardinga rispetto all’inflazione (il timore/terrone è infatti quello di mollare la presa e poi ritrovarsi il problema da gestire) e chi invece vorrà in qualche modo andare incontro al mercato. La tonicità del mercato azionario si è espansa abbastanza rapidamente al segmento high yield, con una riduzione dello spread di credito, visibile (se pur in tono minore) anche su quello investment grade.
MATERIE PRIME
In ambito materie prime, si riporta un’ottava sostanzialmente piatta per il basket generale, invariato anche da inizio anno. In ambito energetico, il petrolio ritorna sotto area 80$ (-2%) meglio, comunque, del gas che continua il suo crollo (-6,5%), esacerbato anche temperature miti in alcune aree del mondo ma anche dal fatto che gli storage sono stati sostanzialmente riempiti negli scorsi mesi. Stabile l’oro in area 1.925 $ mentre sono stati positivi gli andamenti di materie prime agricole (caffè, zucchero) e qualche metallo industriale (Nickel, Piombo).
MERCATO DELLE VALUTE
Per quanto riguarda le valute, il cambio EUR-USD è risultato sostanzialmente invariato, in attesa della settimana in cui saranno protagoniste le banche centrali (FED mercoledì, BCE giovedì) : il valore di chiusura si attesta infatti in area 1,085. Ovvio che variazioni rispetto a quanto atteso dei mercati in tema tassi porterà a movimenti più o meno marcati. Tra le altre valute da segnalare la forza del Dollaro Australiano dopo il record sui dati di inflazione. Bitcoin ancora positivo (+3,5%).
Dott. Alessandro Pazzaglia Consulente Finanziario Indipendente www.pazzagliapartners.it